Arrivano ulteriori conferme scientifiche che i laghi italiani sono invasi dalle microplastiche. Questa volta però la prova è in un certo senso indiretta perché deriva dall’analisi di prelievi operati dai ricercatori svizzeri nei “loro” confini. Confini che, è bene ricordare, comprendono anche alcuni grandi laghi italiani.
Microplastiche e plastiche nei laghi italiani: concentrazioni preoccupanti
Gli scienziati del Politecnico di Losanna (Epfl) hanno, infatti, evidenziato che nel Lago Maggiore vi è la più alta percentuale di tutta la Svizzera sia per quanto riguarda le microplastiche (le particelle di diametro o lunghezza inferiore a 5 millimetri) sia di plastiche tout court.
Delle prime sono stati trovati 69mila milligrammi per chilometro quadrato, delle seconde addirittura 170mila milligrammi. Basti pensare che la media nazionale svizzera è di 26mila per le microplastiche, di 44mila milligrammi per le plastiche.
Lo studio
Lo studio, realizzato nel 2014 ma ancora attuale, precisa che “le elevate concentrazioni rilevate nel Verbano sono in parte imputabili alle forti precipitazioni che hanno preceduto i campionamenti, tanto più che questi sono stati effettuati essenzialmente nelle zone di affluenza dei fiumi Ticino e Maggia”. Circostanza questa che non riduce la preoccupazione circa le concentrazioni, in quanto i dati in questione, non sono difformi da quelli della recente ricerca di Legambiente ed ENEA, l’unica a livello nazionale di questo tipo, che ha evidenziato come nei sei grandi laghi monitorati (Iseo, Maggiore, Garda, Trasimeno, e per la prima volta Como e Bracciano) sono state rinvenute microparticelle di plastica.
L’unica differenza che per l’indagine italiana tra i bacini lacustri che presentano più microparticelle al primo posto ci sarebbe quello di Como e il lago Maggiore. Il primo con una densità media di 157mila particelle per chilometro quadrato, nella parte settentrionale, e con un picco di oltre 500mila particelle nel secondo transetto collocato più a nord.
Insomma, la presenza di plastiche e microplastiche nei nostri laghi non può essere sottovalutata, per Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, e può essere oggetto di un’attività preventiva e non solo di cura. È noto, infatti, che le cause sono per lo più dovute alla cattiva gestione dei rifiuti a monte e dall’apporto che deriva dagli scarichi degli impianti di depurazione e da quelli che ancora oggi finiscono nei fiumi e nei laghi senza trattamento alcuno. Per arginare questi fenomeni e ridurre notevolmente la presenza di queste particelle più o meno grandi, occorrono politiche di buona gestione su tutto il bacino idrografico, attività di sensibilizzazione e azioni efficaci di prevenzione da operarsi complessivamente e con la massima urgenza da parte delle autorità nazionali e regionali.