Site icon Occhio Notizie

No al biodigestore di Chianche: “Facciamo ascoltare la nostra voce”

CHIANCHE. “Abbiamo promosso questo incontro perché come Coordinamento avvertivamo l’esigenza di confrontarci con le rappresentanze politiche e istituzionali con un preciso obiettivo: quello di far conoscere le ragioni di questo nostro impegno e di far ascoltare la voce dei sindaci e degli esponenti del vasto mondo associativo che sta conducendo unitariamente quella che noi amiamo definire battaglia di civiltà in modo che siano rese note le legittime posizioni che si intendono assumere rispetto a questa vicenda e ciò che essa rappresenta in termini più generali”. Così il coordinamento per il No al biodigestore di Chianche in una nota.

No al biodigestore

“Già, perché questo è il primo aspetto da chiarire subito, in quanto noi non ci stiamo battendo per dire in modo pregiudizievole e ideologico il no al biodigestore a Chianche, ma alle logiche politiche e amministrative che sono alla base di questa scelta, di cui l’opificio industriale di trattamento dei rifiuti è solo il frutto più amaro propinato a queste terre.

E partiamo proprio da questa terra per far capire, senza cedere alla retorica e all’enfasi storica, che siamo in una zona di cerniera tra l’Irpinia e il Sannio che ha conosciuto l’alba delle ritualità sabbatiche, il passaggio di civiltà tra il mondo ellenico e quello romano, lo scontro e l’incontro tra l’Impero e il Papato, la trasformazione del mondo rurale in quello industriale e operaio, l’innesto su di agricoltura tradizionale di una di eccellenza e di pregio di rilievo internazionale e le prime politiche intercomunali quando all’orizzonte non vi era la stessa riforma dell’ordinamento delle autonomie locali.

Con questa nobile vicenda storica hanno convissuto, e convivono tutt’ora, non poche contraddizioni e complesse problematiche di sussistenza civile e sociale che ciclicamente ne mettono a repentaglio la sua stessa identità, sospendendola tra i miti del suo passato e il timore del suo indefinito futuro. La Valle del Sabato e quella dell’area D.O.C.G. del “Greco di Tufo”, che ne è parte integrante, alla luce delle scelte che si stanno realizzando, all’oggi, non si sa che cosa dovrà diventare: se un’area di tutela che sarà perimetrata in un contesto architettonico-paesaggistico protetto e a vocazione enoturistica, o l’asse attrezzato della filiera del ciclo dei rifiuti che parte dallo STIR e sulle scie delle ebbrezze inquinanti e maleodoranti di Pianodardine giunge fino al biodigestore di Chianche.

Noi non possiamo moralmente riconoscerci in questa infausta prospettiva e tocca soprattutto alle popolazioni, alla società organizzata e alla classe dirigente di queste terre opporsi in modo motivato e con determinata civiltà. Non accetteremo, però, che su queste conseguenze si faccia demagogia e si sia ipocriti : si abbia da parte di chi fa queste scelte di assumersi la responsabilità di ciò fino in fondo ma senza gabellarle per ciò che non sono: questo non lo accetteremo mai, perché la dignità in queste terre operose viene prima della stessa vita.

Qui si parla di vino greco, di Tessaglia , di radici antiche ma noi non siamo la grande armata achea, il Sindaco Grillo non è Serse e Chianche non è Salamina. Non abbiamo da costruire nessun tribunale del popolo o gruppi di tupamaros, siamo persone che nel loro piccolo hanno tutti una piccola grande storia di schiena dritta come quella dei contadini intrecciati tra i tralci o dei minatori che portavano a spalla in salita i macigni di zolfo. Siamo semplici cittadini impegnati civilmente, sindaci e amministratori di piccoli comuni che non sanno come far quadrare i conti sotto la scure dei tagli lineari, centinaia di operatori agricoli e vitivinicoli, a caratura locale e di rilievo internazionale, che hanno scommesso insieme alle loro famiglie sul riscatto di questi territori e tante associazioni che non inseguono un profitto o un vantaggio personale ma solo l’intento di contribuire a costruire una migliore qualità della vita.

Non occorreva attendere il biodigestore per scendere in campo perché siamo quelli di sempre, gli stessi che hanno marciato nel 2007 contro la discarica delle eco balle prevista tra Preturo irpino e Chianche, e poi contro quella di “Bosco Bottazzo” tra Prata Principato Ultra e Santa Paolina, che si sono opposti alla modifica del tracciato dell’asse mediano Cervinara-Pianodardine, che da anni si impegnano per la salvaguardia e il risanamento del fiume Sabato, che lottano insieme alla straordinaria associazione di massa “Salviamo la Valle del Sabato” per la difesa di questo territorio.

Dunque, lo dice la storia che non ci siamo svegliati all’ultimo minuto, non fosse altro che a poche settimane dalla scelta compiuta in solitaria dal Sindaco Grillo ci siamo visti con il dott. Franco Mazza, poi con gli amici di Chianche che da soli avevano già avviato la loro battaglia, e successivamente con i Sindaci che avevano prodotto coraggiosamente con l’avvocato Carla Silano un ricorso al TAR tanto documentato quanto pertinente e che ora è in corso di reiterazione al Consiglio di Stato, nel mentre gli onorevoli Giancarlo Giordano e Giuseppe De Mita di concerto presentavano una dura interrogazione parlamentare in merito, e forze politiche e associative affiggevano manifesti di denuncia e producevano comunicati stampa di netta opposizione . Per cui non diciamo inesattezze sulla paternità di questo movimento di opposizione e di proposizione e sui suoi tempi di attuazione, anche perché ho un terribile vizio antico: amo conservare tutto, per amore della verità, solo per quello.

Dal piccolo nucleo iniziale questo Coordinamento è cresciuto nella forza e nella consapevolezza e non sta abbracciando una mera battaglia di opposizione ma qualcosa di più importante per l’Irpinia intera e la stessa Campania. Alla base di questa vicenda nel 2016 c’è stato un bando pubblico promosso dalla Regione Campania rivolto a tutti i comuni irpini, senza alcuna distinzione o classificazione di sorta. E qui c’è il primo aspetto da sottolineare.

Sappiamo che per motivi che vengono da lontano oggi paghiamo le conseguenze di una inadeguatezza strutturale al problema del trattamento dei rifiuti in Campania, e per onestà intellettuale occorre dire che di certo non è stata la Giunta De Luca ad averli procurati. Per sfuggire alla tirannia delle pesanti penalità finanziarie a cui è sottoposta la nostra regione da parte degli organismi preposti dell’Unione Europea, il Piano dei rifiuti regionali, tra l’altro, ha giustamente previsto la provincializzazione del loro trattamento, per evitare, almeno si spera, la contaminazione con le aree metropolitane . In Irpinia in base dei riscontri tecnico-scientifici si è deciso per il trattamento della filiera umida, che non è solo quella organica alimentare, ma anche degli sfalci, dei fanghi dei depuratori e di altri residui similari, di costruirne due: uno a Teora, che in realtà è una estensione di una struttura pre-esistente e un secondo da individuare attraverso il bando.

Noi, e non solo, su questo punto abbiamo chiarito il nostro primo punto di vista sulla questione chiedendoci se era proprio necessario pianificare impianti industriali su tutto il territorio regionale quando è ben nota la differenza antropologica , morfologica e climatica tra le zone interne e quelle urbane. Per cui ci siamo anche domandati perché l’avviso pubblico per il compostaggio di prossimità territoriale o di comunità, più consono alle nostre piccole realtà rurali è stato promulgato dopo quello dei biodigestori . Perché non è stata fatta, ad esempio, una seria campagna di informazione e di sensibilizzazione con i sindaci investendo con ingenti risorse e con una procedura di concertazione per diffondere questo sistema di certo più idoneo e sostenibile. Era proprio ineluttabile la spesa unica di ben 14 milioni di euro per un solo mega impianto?

L’avviso

Ma poi ci siamo posti anche un altro quesito: come è possibile che si realizzi un bando che non preveda alcuna eventualità di non idoneità, rispetto alle stesse regolamentazioni previste dalla legge regionale in materia, al quale può rispondere indistintamente qualsiasi comune senza alcuna articolazione.

Infatti nell’avviso c’è di tutto e per tutti:

chi sta a un chilometro o chi sta 18 km dall’uscita degli assi viari di collegamento;
chi sta in pianura e chi sta in montagna;

chi ha realmente un’area industriale attrezzata e operativa e chi ce l’ha solo sulla carta tanto da prevedere un aggravio di costi di espropri e addirittura la distruzione di vigneti pregiati contermini;

chi sta lontano dai passaggi a livello e chi ci si colloca in mezzo , ripeto in mezzo a dieci, metri dall’imbocco;

a chi sta in aree a vocazione produttiva industriale e chi in un areale agricola di pregio;

a chi sta in zone pianeggianti a scorrimento veloce e chi in zone franose per essere periodicamente investite da e interruzioni stradali;

chi ha diecimila abitanti e chi ne ha meno di 500.

Insomma tutti indistintamente erano candidati, perché l’obiettivo era innanzitutto politico prima che risolutivo: dire che erano stati i comuni a proporsi e non la regione a imporre. Questa è stata la filosofia fuorviante a mo’ di gratta e vinci del bando.
Per una decisione cosi importante che riguarda interi territori e non solo quello del comune interessato dall’insediamento sarebeb stato saggio e corretto prevedere quantomeno dei passaggi democratici e istituzionali propedeutici: consigli comunali, assemblee con i cittadini, informazioni e perché no, pronunciamenti on line, coinvolgimento dei comuni limitrofi e dell’area vocata , i pareri di associazioni ambientaliste qualificate, il pronunciamento degli Ambiti Territoriali Ottimali di appartenenza, impedendo che con una sola ordinanza sindacale si possa decidere una manifestazione di interesse di tale portata per un investimento cosi rilevante.

Occorreva buon senso e realismo di governo e questo, con rammarico lo diciamo, non vi è stato.

E’ triste affermarlo , e lo faccio a denti stretti: questo è un bando capestro, istituzionalmente antidemocratico, lesivo delle stesse prerogative che sono alla base dei progetti LEADER promossi dai G.A.L. che parlano proprio di coesione territoriale e di coinvolgimento dal basso delle comunità. Sotto questo aspetto è un bando spiritualmente antieuropeo. Ma come si fa a consentire, in qualsiasi territorio della regione, sia chiaro, una cosa simile permettendo di prendere i finanziamenti degli appositi fondi comunitari per l’incentivazione agricola di giorno e quelli per gli espropri degli stessi terreni di notte?

Se il processo non si ferma noi crediamo che sia un dovere morale sottoporre quanto è avvenuto a una Commissione di vigilanza parlamentare, che venga qui sul posto, per quanto ci riguarda, al Ministero dell’Ambiente e alla stessa Commissione Europea perché interagiscano con la Regione campania per fermare non solo il biodigestore di Chianhce ma una politica che mette a repentaglio il futuro dei diversi territori . Ma cosa significa affermare : e allora i rifiuti dove li mettiamo? Come se per la nostra provincia fosse una disgrazia, avere tre DOCG, coaso quasi unico in Europa? Ma perché ci sarebbe qualcosa di male se proponessimo l’istituzione di un Parco Nazionale naturale delle tre Docg irpine e ne vincolassimo i territori al rispetto perenne come hanno fatto in Toscana e in Piemonte dove tutti i biodigestori sono stati collocati fuori da queste aree fermando la stessa speculazione urbanistica e territoriale ? Ma possibile che in tante aree industriali, purtroppo desertificate anche per via della devastante crisi economica e produttiva che ha colpito l’intero continente, realizzate vicine agli assi di scorrimento veloce non vi potesse essere collocazione naturale di un simile impianto? E se si fa a Chianche oggi, con questa logica perché non a Taurasi o a Lapio domani? Lo vogliamo capire o no che l’istigazione del forte finanziamento senza questa seria regimentazione ha esposto, come puntualmente è avvenuto, il comune più piccolo a candidarsi in modo così autoritario e irresponsabile tanto da provocare una guerra tra comuni e per giunta della stessa area Docg? Ma ci si rende conto che danno politico e isituzionale è stato apportato? Ma dove deve arrivare l’insensibilità davanti a questo scenario a Via Santa Lucia? Possibile che da quella finestra si volga lo sguardo solo su Salerno e Marechiaro?

Il problema non è l’auspicabile abilitazione impiantistica, perché ci auguriamo che almeno quella sia garantita, ma è del contesto nel quale è avvenuto e del sistema che questo ha messo in moto. La Campania non è il Trentino, e i rifiuti qui hanno, purtroppo, un odore differente e non solo per via delle diversità di consumo alimentare. Alla prima emergenza, e solo in queste ultime settimane ce ne sono state diverse in Campania, al primo guasto e solo in queste ultime settimane ce ne sono stati diversi, compreso l’impianto di Acerra, altro che 30.000 tonnellate garantite, è inevitabile che in questo biodigestore si riverseranno periodicamente le immondizie umide, o presunti tali, di altre parti del territorio regionale.

Ma come si fa a non capire che in questo modo nell’area pregiata si colloca una bomba a orologeria che se deflagra ferira’ irreversibilmente l’economia di filiera. Ma immaginate un guasto all’impianto di Chianche e le fila di compattatori, tra l’altro sui binari ferroviari che sostano all’esterno, mentre incrociano i trattori dei nostri viticoltori e il Treno turistico degli allegri turisti della Domenica? Ma a chi dobbiamo far ridere o far piangere? Ma possibile che il Piemonte in 15 anni abbia ottenuto il prestigioso riconoscimento delle aree Docg come Patrimonio mondiale dell’Umanità e noi dobbiamo trasformarli in una enclave dell’immondizia, che si candida a diventare un affare, una economia parallela e concorrente a quella agraria ed enoturistica?

E cosa facciamo vedere al turista di Berlino o di Milano interessato a venire in Irpinia, che magari utilizza anche l’innovativa APP di promozione turistica via internet che il Comune di Avellino ha già reso operativa e che sta anche potenziando, con la quale con un drone vede dal cielo i territori della verde Irpinia per poi incrociare lo sguardo tra i vigneti di Chianche e degli altri sette comuni sui camion dei rifiuti o sullo stesso impianto? Ma vi rendete conto che non si tiene insieme tutto questo? Ma volete davvero che accada uno scandalo internazionale per quello che si sta prospettando?

Questa non è una logica di tutela e di valorizzazione delle zone interne è un modo per imporre un modello istituzionale ottriato, non rispettoso delle comunità locali, indifferente alle sorti di territori già di per sè fragili che stanno tentando di avviarsi, tra non pochi rischi e sacrifici, sulla strada di una nuova vocazione di sviluppo.

Per queste serie, documentate e realistiche ragioni noi vi chiediamo un pronunciamento chiaro e senza ambiguità, non solo contro o a favore di una singola iniziativa industriale ma di una politica del territorio rispettosa delle prerogative democratiche e della sostenibilità. Noi non ci sottraiamo a un impegno per contribuire alla migliore soluzione del problema dei rifiuti, ma questa di Chianche non è certo la strada giusta perché davvero ci porta a un punto di non ritorno. Per questo noi non cerchiamo lo scontro a tutti i costi ma chiediamo una seria interlocuzione alla Regione Campania perché ascolti e prenda coscienza di quanto sostenuto non solo dal nostro Coordinamento ma dal vasto mondo di forze sociali, istituzionali e associative che rappresenta l’Irpinia migliore , laboriosa ma anche democraticamente combattiva. A tutti gli eletti di diversi livelli istituzionali chiediamo di riconoscersi nei principi e negli obiettivi di questa battaglia che non è contro ma è per la nostra regione, quella di tutti.

Ed è con questo spirito che vi chiediamo di confrontarci in modo sereno e civile e di sostenere la riuscita della manifestazione del 15 settembre che per la prima volta in queste zone vedrà una mobilitazione delle popolazioni, dei comuni, degli operatori economici e delle associazioni per il bene di queste terre, dell’Irpinia e della Campania intera”.

Exit mobile version