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Delitto di Aldo Gioia ad Avellino, Giovanni Limata: “Volevo salvare Elena”

omicidio aldo gioia
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Prosegue il processo che vede come imputati Elena Gioia e Giovanni Limata per l’omicidio di Aldo Gioia, il 53enne di Avellino ucciso a coltellate il 23 aprile scorso. La nuova udienza si è tenuta ieri mattina, mercoledì 25 maggio.

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Il primo a essere ascoltato è stato lo psichiatra Paolo Cavalli, consulente voluto dalla difesa di Giovanni Limata: “Il ragazzo è affetto da un serio disturbo della personalità. Un disturbo borderline della personalità. Frequenti gesti auto-lesivi e numerosi tentativi di togliersi la vita”. Il medico prosegue: “Lui sta elaborando il momento dell’abbandono. Ricorda ancora quando a cinque anni è stato portato in casa-famiglia. Mi ha raccontato un suo precedente tentativo di suicidio. Tutti i suoi gesti nascono sempre dalla paura dell’abbandono. In carcere ha tentato di tagliarsi la gola. Io vedo tutti i caratteri del disturbo di personalità”.

“Volevo salvare Elena”

Emerso, inoltre, il contenuto della lettera che Giovanni Limata ha fatto recapitare al collegio giudicante nella scorsa udienza: “Chiedo scusa a tutti. So che ciò che ho fatto non potrà essere mai perdonato. Ho fatto ciò che ho fatto perché volevo salvare Elena dal male che diceva di ricevere. Solo ora mi rendo conto degli schiaffi che ho ricevuto e dell’infanzia difficile che ho vissuto”.

Entrambi i giovani avevano un disturbo psicotico

“Entrambi erano coinvolti in un disturbo psicotico”, dice la psicocriminologa Giulia Bocchino. E conferma lo psichiatra Paolo Cavallo, altro consulente dei Limata: “Non sono certissimo che il disturbo di personalità alteri la capacità di intendere e di volere, il che richiederebbe un approfondimento psicoanalitico sulle ragioni che hanno spinto il giovane ad agire”.

Aggiunge Cavallo: “Il ragazzo è affetto da un disturbo borderline della personalità con frequenti gesti auto-lesivi e numerosi tentativi di togliersi la vita. Sta ancora elaborando il momento dell’abbandono. Ricorda ancora quando a cinque anni è stato portato in casa-famiglia. In sostanza l’omicidio di Aldo Gioia potrebbe essere una rivalsa sulla figura paterna”. Lo riporta l’odierna edizione de Il Mattino. 

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