Dopo la denuncia di Carmine Pascale, sono aumentati i portalettere precari di Poste Italiane che chiedono il risarcimento degli straordinari non pagati. L’ex lavoratore, con la sua denuncia e, poi, essere riuscito ad ottenere il pagamento delle ore di straordinario, è riuscito a mettere in moto una vera e propria protesta. È riuscito, in particolare, a coinvolgere i più giovani.
Il caso di Carmine Pascale
Carmine Pascale è un ex lavoratore precario di Poste Italiane, residente a Montella. Il lavoratore era stato assunto con contratto a tempo determinato per i soli mesi di marzo e aprile 2022, in qualità di portalettere presso il recapito di Pistoia, Toscana. In un comunicato ha fatto sapere: “Nel maggio 2022 denunciavo alle Istituzioni pubbliche (Ministero del Lavoro, Ispettorato del Lavoro Nazionale e Territoriale) nonché alla stampa provinciale le pessime condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i portalettere precari di Poste Italiane. La società, pur essendo in parte privata, è controllata dallo Stato italiano attraverso partecipazione maggioritaria al 65% circa. Mi chiedo, e iniziano a chiedersi in molti, dove sia questo “controllo” dal momento che, troppo spesso, ai portalettere precari di Poste Italiane vengono negati i diritti più elementari sanciti dai contratti collettivi, ma quasi nessuno ne parla… oramai vediamo solo quello che vogliamo vedere o che ci è più comodo vedere!“.
Pascale ha fatto sapere che nella sua breve esperienza, ha “lavorato fin dal primo giorno molte più ore rispetto a quelle previste da contratto senza essere pagato (sic!)”. Come spiega il lavoratore: “a detta datoriale, nessuno dei responsabili aveva richiesto né mai autorizzato lo straordinario svolto!“.
Pascale, quindi, ha adottato i dovuti provvedimenti e si è rivolto ad un avvocato e all’Ispettorato del Lavoro di Prato-Pistoia. In questo modo “è stato possibile accertare attraverso la verifica dei dati risultanti dalle timbrature del sistema di rilevazione delle presenze ben 77 ore di lavoro straordinario non registrate sul libro unico del lavoro e non dichiarate all’INPS, in soli due mesi! Per ottenere la retribuzione delle ore eccedenti non pagate da Poste ho dovuto ricorrere al Tribunale“.
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La denuncia dei giovani precari
Pascale, nel suo comunicato, ha fatto sapere che, a seguito della sua denuncia, è stato contattato da molti precari da ogni parte d’Italia: “parlando di tale vicenda attraverso i social, sono stato contattato in privato da centinaia di giovani, sostanzialmente da tutta Italia, ex lavoratori precari di Poste Italiane che, proprio come me, avevano lavorato molte più ore rispetto alle 36 canoniche previste secondo il contratto, senza ricevere alcun riconoscimento economico ma solo per non incappare in mancate proroghe contrattuali che i responsabili di turno velatamente e in modo subdolo “minacciavano” di attuare“.
Seguendo l’esempio di Carmine Pascale, negli ultimi mesi, un numero via via crescente di lavoratori precari di Poste Italiane ha segnalato la mancata retribuzione degli straordinari presso le sedi territoriali dell’Ispettorato del Lavoro. In molti, hanno perfino intrapreso vie legali per richiedere la verifica delle ore lavorate in eccedenza nonché il pagamento delle spettanze economiche dovute.
Pascale continua: “Così, sta venendo alla luce, grazie anche alle continue notizie sugli sviluppi della vicenda riportate dalla coraggiosa e “limpida” stampa locale, che i portalettere precari di Poste Italiane lavorano ad oltranza per completare i compiti assegnati, rinunciando ai propri diritti in modo da mostrarsi “meritevoli”, agli occhi dei propri datori responsabili, di eventuali proroghe contrattuali allo scopo di ottenere, dopo 12 mesi, l’agognato contratto a tempo indeterminato che, nella maggior parte dei casi, non arriva perché la graduatoria relativa alle future stabilizzazioni è satura rispetto ai posti resi annualmente disponibili dall’azienda.
Contestualmente, però, Poste Italiane arruola ogni anno migliaia di nuovi lavoratori precari a cui prima toccherà la medesima infelice sorte, poi, solo coloro che avranno maturato almeno 6 mesi di servizio, potranno accedere alla procedura di stabilizzazione andando ad infoltire l’elenco già “affollato” di ben 8942 ex lavoratori precari, presenti al 10 luglio 2023 nella graduatoria nazionale, redatta sulla base dei periodi lavorati e aggiornata regolarmente senza tenere conto del diritto di precedenza nell’assunzione a tempo indeterminato”.
E aggiunge: “Una tale condotta è lesiva della dignità e dell’orgoglio della persona, prima ancor dei diritti del lavoratore, dovrebbe essere stigmatizzata e non tollerata. Tutto ciò è davvero inaccettabile ma, a quanto pare, interrompere questo circolo vizioso non è nell’interesse di nessuno! Nonostante le numerose segnalazioni effettuate, sia formali che informali, di mancato pagamento degli straordinari “non autorizzati”, diffuse ormai a macchia di leopardo su tutta la Penisola, la maggior parte dei lavoratori preferisce restare in silenzio per evitare, secondo luoghi comuni circolanti nell’ambiente di lavoro, ritorsioni o eventuali penalizzazioni che potrebbero gravare sulle future stabilizzazioni“.
Ci chiediamo, dunque, quanti siano i portalettere precari di Poste Italiane che hanno lavorato facendo straordinari non retribuiti. Tale modus operandi non solo determinerebbe un maggiore indotto economico per le casse dell’azienda ma consentirebbe anche di risparmiare, a danno dello Stato, sulle imposte dovute al fisco!
La cattiva prassi appena descritta, costantemente attuata da Poste Italiane, è già di per sé ignobile e civilmente intollerabile, ma lo è ancor di più se pensiamo che tutto ciò accade in una società che conta oltre 120 mila dipendenti, tra l’altro insignita di altisonanti riconoscimenti per la qualità delle condizioni di lavoro, tra cui la certificazione “Top Employer Italia” assegnata dal Top Employers Institute, e dove di fatto lo Stato riveste senza alcun dubbio un ruolo primario. È bene ricordare che l’azienda stipula, da cinque anni a questa parte, oltre 10 mila contratti a tempo determinato ogni anno, solitamente della durata di 2/3 mesi ciascuno.
Pascale conclude: “I giovani non hanno più voglia di lavorare”, così dicono, almeno secondo gli sterili clichés che animano sempre più il dibattito pubblico, tuttavia senza cogliere le ragioni della mancanza di lavoratori, da ricercare proprio nelle condizioni di lavoro offerte. Ebbene, sono proprio simili storie a rendere ancor più stridente l’attrito tra giovani – che forse non hanno più voglia di precariato e sfruttamento! – e mondo del lavoro.