PRATA DI PRINCIPATO ULTRA. Nuova denuncia da parte dell’associazione Calendula: ai margini dell’area sottoposta a vincolo archeologici, presso i resti della necropoli romana, sarebbe stato fatto scempio della Basilica della santissima Annunziata di Prata. Sul sito archeologico, si legge nella nota stampa dell’associazione, sono stati effettuati «fori di carotaggio con mezzi meccanici ed un saggio di taglio della parete tufacea rilevati nei pressi degli ingrottati e di alcuni arcosoli tra la basilica e la linea ferroviaria sono apparsi improvvisamente». Insomma, qualcuno ha perforato il tufo dell’antica costruzione e ha scalfito, in una certa profondità, la parete rovinando alcuni importanti elementi dell’area archeologica.
«Che tipo di lavoro si sta effettuando e chi l’ha autorizzato?»
La domanda spontanea dell’associazione si inserisce nel solco dell’incredulità. Si legge nella nota che «è nell’ennesimo capitolo di una saga senza fine, tra irrealtà e illegalità». La Basilica della santissima Annunziata di Prata rappresenta uno dei monumenti storici più importanti della provincia di Avellino e i fori appaiono essere «atti vandalici ed a indagini non autorizzate».
L’associazione Calendula si preoccupa dello stato di abbandono in cui versano queste aree da anni e ne sottolinea l’abbandono, la mancanza di attività di monitoraggio e tutela. «L’intera area – segnala l’associazione – rappresenta un sito archeologico importante. In particolare è una presumibile necropoli con fulcro nelle cavità che sono state utilizzate ininterrottamente fino ai giorni nostri dai contadini della zona».
Scrive infatti l’associazione che «l’erosione della parete, le tamponature e gli ampliamenti del secolo scorso testimoniano l’ininterrotta fruizione di queste cavità, già segnalate dall’archeologo tedesco Schultze alla fine dell’800 (un arcosolio conserva ancora resti di intonaci e laterizi)». Secondo quanto asserito dall’associazione, «l’intera area sarebbe stata anche danneggiata a livello paesaggistico in relazione a lavori di sterro effettuati con mezzi meccanici nel fondo agricolo superiore al costone tufaceo» e parla di violazione della normativa in materia di tutela del patrimonio archeologico.
Per questo motivo chiede l’intervento, tempestivo, per quanto di competenza, del Comune e della Soprintendenza archeologica. Chiede anche «l’ampliamento dell’area da sottoporre a vincolo, come fu già proposto anni addietro da alcuni studiosi della materia».