Racconti dalla verde Irpinia, questa settimana tappa a Gesualdo
Viaggio tra i comuni della verde Irpinia, tra cultura, gastronomia e racconti antichi. Questa settimana Gesualdo.
Il Paese: Gesualdo
Superficie territorio: Kmq27,13
Nome abitanti:Gesualdini
Fiere e feste: San Nicola (06 Dicembre)
Costituito da una serie di colline situate sul fianco destro della valle del fiume Fredane, l’attuale territorio risulta essere stato frequentato dalla preistoria all’età tardo romana. Al periodo successivo l’Eneolitico (fine III millennio a.C.) si riferiscono resti di strutture ed una necropoli con tombe a fosso in località Fiumane. Dalle sepolture furono recuperati ricchi corredi funerari costituiti da ceramiche ad impasto ed industria litica in selce rappresentato da lame, raschiatoi ed una grande quantità di cuspidi di freccia. I ritrovamenti attribuiti all’età romana sono caratterizzati da necropoli e ville rurali, dove provengono reperti vascolari, oggetti metallici di ornamento, tesoretti monetari, materiali architettonici ed iscrizioni per lo più di età tardo imperiale, incise su blocchi di travertino o di marmo. L’origine del nome, sembra risalire alla metà del Vii secolo a.C. dal duca di Benevento Zotone. Lo stesso Gesualdo, trovò la morte nel 662/3 d. C., durante il conflitto che vide lo scontro dei dominatori longobardi e le truppe bizantine guidate dall’imperatore Costante II. Ai suoi discendenti, il feudo rimase fino all’arrivo delle genti normanne in Italia meridionale. Nell’anno 1078, il castello entrò in possesso del principe Gugliemo I di Gesualdo, il feudo fu poi donato nel 1212 dall’imperatore Federico II a Ermanno di Striberg, mentre re Manfredi al nobile Maletta, Gran Camerlengo del Regno e conte di Frigento. Dopo la caduta del dominio svevo, Carlo d’Angiò nominò Elia II, Maresciallo del Regno e Giustiziere delle Calabrie, signore di Gesualdo. . Nel 1312, morto l’erede di Elia, marito della nipote Roberta, un certo Giacomo di Capua, il feudo passo alla famiglia Gesualdo, che grazie all’intervento dell’amico re Alfonso V d’Aragona riusci ad esterndere le sue proprietà feudali su tutti i confini. Passato nel 1505 al Gran Capitano Consalvo de Cordova, il feudo fu donato da Ferdinando il Catttolico a Fabrizio Gesualdo, nominato da Carlo V “Grande di Spagna”, ed al quale subentrò pochi anni dopo il principe di Venosa Carlo Gesualdo, ricordato nella storiografia locale per essere stato il mandante del duplice assassinio della moglie Maria d’Avaols e del suo amante Fabrizio Carafa. Carlo con l’aiuto del viceré di Napoli Giovanni Juniga e lo zio cardinale Carlo Borromeo, si rifugiò a Gesualdo, dove si dedicò alla musica componendo fra il 1594 e il 1596 numerosi madrigali. Morto nel 1614, senza eredi il feudo passò alla nipote Isabella, che sposò Niccolò Ludovisi, duca di Zagarda e Fiano. Il quale donò al Paese numerose opere e istituì un Corso Superiore di Teologia, che fu però soppresso durante l’endemica peste del 1656. A Niccolò successe il figlio Giovan Battista, Comandante Generale della flotta del Regno di Napoli, nel luglio del 1682, vendette il feudo per dodicimila ducati ad Isabella della Marra, moglie di Girolamo Gesualdo. Nel 1688, il figlio Domenico, che per concessione di Filippo V nel dicembre del 1704 mutò il suo titolo in principe. Nel 1770 il borgo venne acquistato per quarantamila ducati da Giuseppe Caracciolo di Torella, che lo tenne fino all’abolizione dei diritti feudali.
(spunti storici dal libro di Giampiero Galasso – I Comuni dell’Irpinia 1989)
Da visitare
Il Castello
Elemento peculiare del paesaggio, ha subito eventi sismici del 1980. Dell’impianto originario di età longobarda, nulla è attualmente visibile. Durante la guerra franco spagnola del 1460 Ferrante I d’Aragona per impadronirsi della fortezza la distrusse in parte. Nel 1580, tornato al principe Carlo Gesualdo venne utilizzato per le sue seconde nozze con Eleonora d’Este. Il castello conserva ancora oggi un impianto regolare in pianta rettangolare, con cortile centrale torri angolari cilindriche e cortine cinte da rivellini. L’aspetto esterno è ancora caratterizzato dalla ristrutturazione del 1582.
Chiesa di S. Maria della Pietà
Piccolo edificio risalnte al XVII secolo. Si conservano all’interno delle sculture di marmo, una tela del 500 che raffigura la beata Vergine con il bambino..
Chiesa Parrocchiale di San Nicola
La chiesa fu edificata in stile barocco fra il 1755 ed il 1760, a questi anni risale anche il portale marmoreo dello sculture Giuseppe Landi, all’interno si conservano tele dei secoli XVII, XVIII, un busto ligneo policromo del 500 e una fonte battesimale in cipollino del XVIII secolo.
Chiesa di S. Maria degli Afflitti
Risalente alla prima metà del XVII secolo, vi sono all’interno un dipinto di G. Tommaso Guarini da Solofra del 1672, situato alle spalle dell’altare maggiore ed una scultura lignea dell’800 che raffigura S. Onofrio.
Convento dei P.P. Cappuccini
Eretto nel 1292, per volere di Carlo Gesualdo, vi si conservano una ricca biblioteca ed un prezioso dipinto di scuola napoletana del 700, raffigurante Cristo con San Francesco e Maria.
Il Racconto: La vecchia e l’asino
Una vecchia, trovò per strada del danaro e non sapeva cosa farne. – se mi compro le noci, devo buttare il guscio, se mi compro il pane, devo gettar via la corteccia, perché non ho i denti. Come spenderò questi soldi? – Pensò alla fine di andare al mercato e comprare un asino che non costava più di quanto lo pagò e riprese la strada di casa. Lungo la via, sopraffatta dalla stanchezza, si fermò vicino ad una quercia e, senza curarsi dell’asino, si addormentò come un ghiro. Si svegliò dopo molto tempo, e non vedendo più l’asino, cominciò a cercarlo. E cercando sentì dei rumori, sembrò il trotto di un asino…trutturu…truttutu..trutturu. In verità era la tortora che cantava e lei ne seguì il richiamo. Tutta fatica sprecata: l’asino non c’era. Intanto si faceva notte e la povera vecchia pensava:
- Gesù mio quando lo troverà? –
All’improvviso sentì una cornacchia che, dal ramo di un faggio, pareva rispondere:
- ..cra…cra…
Aveva deciso di rinunziare alla ricerca, quando più avanti cantò una quaglia:
- Qua caacà..qua cacà…qua cacà…
La vecchietta cominciò a seguire la voce e cercò disperatamente, finché sentì un colombo:
-Cruu…cruu…cruu
Corse come una lepre in quella direzione e finì con il trovarlo, l’asino. Quando lo vide per terra con la testa rotta e il culo imbrattato gridò disperata:
- Madonna mia! Che è successo?
Le rispose l’asino guardandola:
La testa mi son rotta
e il culo mi son cacato.
Alla faccia di chi mi ha trovato!
(tratto da Racconti Irpini di Aniello Russo)
rubrica a cura di Elizabeth Iannone
Racconti da tutta l’Irpinia