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Racconti della verde Irpinia: viaggio a San Michele di Serino

SAN MICHELE DI SERINO. Viaggio tra i comuni della verde Irpinia, tra cultura, gastronomia e racconti antichi. Questa settimana San Michele di Serino.

Il Paese:  San Michele di Serino

Superficie territorio: Kmq 4,47

Abitanti: 2602 (Sammichelesi)

Patrono: San Michele Arcangelo (29 settembre)

Cenni storici

L’abitato si sviluppò a partire dalla tarda età longobarda intorno ad una chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, dalla quale derivò anche la denominazione del Borgo.  Il Casale viene denominato per la prima volta in un documento datato 879, quando esso costituiva ancora il naturale confine tra il ducato beneventano e quello salernitano. In un documento datato 1275 si legge che ne era Signore un tal Giovanni de Bernardo di Serpico. Negli ultimi anni del XIV secolo le rendite feudali passarono per eredità dall’ultimo erede de Bernardo alle monache del Monastero di San Michele di Salerno.

Nel 1656 gran parte  della popolazione trovò la morte in seguito all’endemica peste. Il Borgo appartenne al Monastero di San Giorgio fino all’abolizione della feudalità (1806). Il 2 Luglio partirono dal paese per Avellino i carbonari Lorenzo de Concili, Michele Molinari e il capitano Anzuoni, che nei pressi di Mercogliano incontrarono i reazionari Morelli e Silvati, provenienti dal valico di Monteforte.

Nacquero in tal borgo Antonio Sarno (XIX secolo), musicista e compositore, Giuseppe de Mattia, (1844/1902), teologo, giornalista, filosofo, Raffaele Perrottelli (1889/1915), avvocato ed eroe nazionale.

(spunti storici dal libro di Giampiero Galasso – I Comuni dell’Irpinia 1989)

 

Da visitare

Palazzo Mariconda

Resti dell’edificio sono ancora visibili, il palazzo presentava una facciata in stile florelae del tipo a capanna spezzata con centrale e due corpi laterali.

 

 Il Racconto: La goccia

Erano tempi brutti una volta e quando cominciava a piovere non la finiva più. Maestro Aurelio faceva il barbiere, un mestiere come un altro. I clienti erano pochi, chi lo pagava e chi no, ma si lavorava e si tirava a campare. Abitava in uno stanzino, diviso a metà da un foglio di cartone. In una parte ci teneva il negozio di barbiere nell’altra mangiava a e dormiva. Quando pioveva l’acqua scorreva dal soffitto proprio vicino al letto. Per non fare allagare la casa Mastro Aurelio prendeva un vecchio bacile e lo metteva sotto l’acqua che scorreva. Ma che musica di giorno e di notte! Sotto il soffitto poi si era fatta una macchia tutta gialla, umida e piena di muffa. Un giorno venne Maestro Alberto, non era un cliente abituale né uno che pagava sempre, ma era un buon muratore e sapeva sistemare le tegole sui tetti. Neppure entrò che cominciò a punzecchiare:

E Maestro Aurelio:

Pioveva, non troppo, ma pioveva. E l’acqua penetrava dal soffitto sempre allo stesso posto e cadeva, una goccia dopo l’altra, nel bacile, pian piano e poi sempre più forte e rintronava per tutta  la stanza e nella testa di Maestro Aurelio. Alla fine il poveretto non ne poté più: afferrò per il bavaro mastro Alberto e gli disse:

Fatta la barba mastro Alberto, salutò e se ne andò. Due giorni dopo mastro Alberto salì sul tetto e alle dieci era tutto finito. Passò un altro giorno piovigginava e mastro Alberto andò a farsi la barba e all’improvviso cominciò a piovere forte e la goccia tornò, Maestro Aurelio allora disse:

 

 A cura di Elizabeth Iannone

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