PAROLISE. Viaggio tra i comuni della verde Irpinia, tra cultura, gastronomia e racconti antichi. Questa settimana, Parolise.
Il Paese: Parolise
Superficie: 3,24 kmq
Abitanti: 661 (Parolisani)
Patrono: San Rocco (16 agosto)
Cenni storici
Le uniche testimonianze presenti sono due cippi graccani con iscrizioni di età repubblicana, conservati fino a qualche anno fa, secondo Oscar Onorato. Il primitivo borgo, che faceva parte del vicino feudo di San Barbato viene menzionato per la prima volta nel Catalogo dei Baroni, dove il signore era far il 1150 ed il 1168 tal Malfrido. Parolise entrò a far parte della Baronia di Candida con Manocalzati e San Potito. Appartenne alla famiglia dei Filangieri dal 1340 con Filippo, fino al 1438 con Matteo. Nel 1505 ne era signore il barone Francesco de San Barbato a cui seguirono Giovan Battista (1535) e Drusia (1541), la quale portò in dote il borgo al marito Giovanni Angelo Albertino. Il nobile Scipione de Posellis acquistò Parolise nel 1604 per circa diecimila ducati. Nel 1749, morto senza eredi il duca di Salza, Geronimo Strambone, il borgo venne incamerato dalla Corte Regia, la quale investì nel feudo il principe di S. Nicandro Domenico Cattaneo, i suoi ultimi eredi il marchese Francesco e la nipote Carolina Berio, che tennero il borgo fino alla fine della feudalità (1806)
(spunti storici dal libro di Giampiero Galasso – I Comuni dell’Irpinia 1989)
Da visitare
Centro Antico
Le strette vie e vicoli, caratterizzano il Paese, i portali ottocenteschi e le scale in muratura con le pavimentazioni lastricate dei vicoli restituiscono ancora oggi l’aspetto e le caratteristiche del borgo medioevale.
Il Racconto: Le tre sorelle cacagliose
C’era una volta una donna che aveva tre figlie, tutte e tre balbuzienti. Queste ragazze facevano l’amore e la madre aveva detto di non parlare quando venivano gli innamorati.
Una sera la donna disse: “Io tengo da fare, devo uscire a far visita a comare Macolata, che non sta bene. Se intanto vengono quelli non aprite bocca, mi raccomando! Non si sa mai, possono scoprire che siete cacagliose. E allora scapperebbero per le scale senza più tornare”.
E cosi andò via. Poco dopo arrivarono i tre giovani e bussarono. Le ragazze li fecero entrare e gli innamorati andarono a sedersi vicino al camino per scaldarsi. E parlavano e parlavano, ma le tre sorelle, zitta tu e zitta io! Aspetta e aspetta, la madre non veniva. L’acqua bolliva sul fuoco e la più piccola, tieni e tieni, sbottò e disse:
- La tallara fo…fotte! (la caldaia bolle) –
- O fotte o futtia, chi t’ha fatto di chia? (bolle o bolliva chi ti ha fatto dire niente)
- Mamma disse: “Non pallate” E tu ca…cagli (mamma aveva detto “non parlate, e tu balbetti)- la rimproverò la più grande.
La madre, quando tornò, le trovò che piangevano a singhiozzi. I tre innamorati se ne erano andati senza neppure dire: “Buonasera”.
Cuculo cuculiante, che pena il tuo canto! Che pena la mia vita! Quant’anni resto zita!
(Fiaba irpina tratta da I Racconti Irpini di Aniello Russo)
A cura di Elizabeth Iannone