Benzodiazepine nel latte: è questo il passaggio su cui si indaga nella tragedia di Diana, la bambina morta a Milano dopo essere stata abbandonata dalla madre, Alessia Pifferi. La 36enne ora è in ere per aver ucciso di sete e stenti la figlia di 18 mesi. Non è il solo nodo ancora aperto delle indagini, anche se è forse quello fin qui più decisivo.
Bambina morta a Milano, si indaga sulle benzodiazepine nel latte
L’aggravante della premeditazione è caduta in attesa degli esami tossicologici sul sangue della piccola Diana e soprattutto sui residui di latte nel biberon trovato accanto al corpo della piccola. Ma per il gip Fabrizio Filice, “il quadro potrebbe decisamente cambiare se dall’indagine autoptica risultasse che la madre aveva somministrato alla bambina il farmaco alle benzodiazepine rinvenuto presso l’abitazione, e che invece l’indagata, sino a ora, ha sempre negato di avere mai dato alla figlia”.
Secondo gli inquirenti la madre non avrebbe somministrato gli ansiolitici alla figlia per ucciderla, ma per tenerla “tranquilla” evitando che potesse piangere a dirotto durante le sue prolungate assenze da casa come riportato dal Corriere della Sera.
Milano, bimba morta di stenti: cosa ha detto la madre Alessia Pifferi
Emergono nuovi particolari agghiaccianti sul caso della bimba morta di stenti a Milano. Per la madre Alessia Pifferi la figlia Diana era “un peso”. La 37enne ha lasciato morire la bambina di 18 mesi sola in casa a Milano perché voleva riprendersi la sua libertà. Stando a quanto ricostruito finora dalle indagini, infatti, la bambina era un ostacolo alle relazioni che la donna intrecciava con altri uomini. La piccola Diana è rimasta abbandonata per 7 lunghi giorni nel lettino da campeggio in casa. Vicino, un biberon e un farmaco tranquillante. Lasciata morire “di stenti, a causa di un digiuno prolungato e della conseguente mancata assunzione di cibo e liquidi, dato che per la sua tenera età non era ovviamente in grado di sfamarsi da sola”.
Non solo. Forse la piccola Diana è stata anche sedata: “Non si esclude (sono in corso accertamenti) che la vittima, magari attraverso il latte contenuto nel biberon che la madre ha lasciato accanto alla figlia prima di andarsene, abbia ingerito benzodiazepine”. Per il Pm “ciò giustificherebbe il fatto che nessuno dei vicini abbia sentito la bimba piangere”.
La madre di Alessia ha detto agli investigatori anche altro. Ovvero che la figlia conduceva una “vita libertina” dopo la separazione dal marito. Ha raccontato di “diversi uomini di cui mi parlava quando ci sentivamo al telefono”. Anche se a Leffe, il paese d’origine in provincia di Bergamo, si spacciava per psicologa infantile la donna “non si impegnava neanche a trovare un lavoro per il suo sostentamento”, racconta La Stampa citando i verbali degli interrogatori.
La figlia un ostacolo per le sue relazioni
Sarebbe proprio questo quindi il motivo che ha spinto Alessia Pifferi a lasciare da sola la bimba: era un ostacolo alle sue relazioni con altri uomini. E ancora: “l’8 luglio scorso mi ha inviato la foto di una limousine lussuosa, che la stava andando a prendere. E che lei non si poteva permettere”. La madre le aveva chiesto spiegazioni: “Lei mi ha risposto che si trattava di un sogno che aveva da tempo”. Dalle varie testimonianze emerge anche la descrizione di una persona che viveva raccontando “bugie”. Le avrebbe dette anche al compagno – che ha raggiunto a Leffe (Bergamo) la sera del 14 luglio lasciando la piccola nel lettino della casa di via Parea – quando gli ha spiegato che Diana era al mare con la sorella.
“Io ci contavo sulla possibilità di avere un futuro con lui (il compagno, ndr) e infatti era proprio quello che in quei giorni stavo cercando di capire” ha dichiarato la donna, secondo quanto si legge nell’ordinanza. “È per questo che ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni in cui ero con lui anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare molto male o morire”.
Il pm: “Donna pericolosa, non ha avuto scrupoli”
Emergono nuovi dettagli sulla vicenda della bimba di 18 mesi morta da sola in casa. Alessia Pifferi, la 37enne che si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato per aver lasciato per più di 6 giorni a casa la figlia di un anno e mezzo, per portare avanti le sue relazioni e divertirsi non ha avuto scrupoli nel lasciare la piccola nell’abitazione, ben sapendo che poteva morire di stenti.
Chi è Alessia Pifferi, accusata di aver ucciso la figlia
Ragazza madre, ha partorito la piccola Diana al settimo mese in casa. Con l’ex marito, che non è il padre della bimba, non c’è più alcun rapporto nonostante vivano sullo stesso pianerottolo. Il nuovo compagno è un elettricista di 58 anni di Leffe, paese della Bergamasca, dove la donna si è recata giovedì 14 luglio lasciando da sola la piccola a casa.
Gli inquirenti: “Ha vissuto come se figlia non fosse mai esistita”
Proprio nel paesino, i residenti che conoscono la coppia descrivono la Pifferi come una “madre premurosa che pareva adorasse la figlia”. Gli investigatori, al contrario, dopo aver ascoltato le sue risposte alle loro domande, ritengono che la 37enne abbia vissuto facendo finta di non averla mai avuta.
Convalidato il fermo
E’ stato convalidato il fermo di Alessia Pifferi la 37enne accusata di aver lasciato morire di stenti la piccola Diana, la figlia di 18 mesi abbandonata nel loro appartamento di Milano. A seguito dell’interrogatorio, che si è tenuto ieri nel carcere di San Vittore, il gip Fabrizio Filice ha deciso questa mattina di convalidare il fermo e di disporre per la donna la custodia cautelare in carcere.
La telefonata col compagno
Ci sarebbe stata una telefonata tra Alessia Pifferi, la donna di 37 anni accusata della morte della figlia Diana, e il compagno. I due, stando a quanto riportato dal quotidiano “Il Giorno”, si erano conosciuti due anni fa su una piattaforma. L’uomo, elettricista a Leffe (Bergamo), non è il padre della piccola.
Dopo una settimana trascorsa con lui – nonostante i due fossero venuti a Milano – la donna, rientrando a casa, ha trovato il corpo della piccola. Dopo aver chiesto aiuto a una vicina di casa e chiamato il personale del 118, che non ha potuto far altro che dichiararne il decesso e allertare la squadra mobile di Milano, la donna ha chiamato D’Ambrosio: “Diana è morta”. L’uomo le avrebbe riposto: “Cosa hai fatto? La baby sitter l’hai sentita?” Dopodiché l’avrebbe rimproverata per non averla portata con lei.