Ancora un suicidio in carcere in Campania. Stavolta è successo nel carcere di Benevento, dove un giovane detenuto di 27 anni si è tolto la vita. Mirko, questo è il suo nome, era arrivato nel carcere sannita lo scorso sabato da Palermo ma aveva girato diversi penitenziari. La magistratura ha aperto un’inchiesta e la salma sarà sottoposta ad autopsia.
Suicidio nel carcere di Benevento: la denuncia di Ciambriello
“Non intendo interrogarmi sulle cause che hanno indotto il giovane detenuto, con problemi psichici, a compiere il gesto estremo. La retorica lasci spazio ai facta concludentia“, commenta il garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello, chiedendo che i soggetti affetti da problemi psichici vengano trasferiti, per le cure, in strutture alternative al carcere laddove possibile. “Altrimenti – osserva – vengano seguiti e monitorati da figure professionali ad hoc e a tempo pieno: psichiatri, tecnici della riabilitazione, psicologi, assistenti sociali. A Benevento e in tantissimi istituti penitenziari della Campania non è così“.
È il settimo suicidio nelle carceri in Campania
Mirko è il settimo detenuto che si è tolto la vita quest’anno in Campania, il secondo a Benevento, dopo i casi dei penitenziari di Avellino, Poggioreale, Santa Maria Capua Vetere e della casa alloggio di Caserta. In Italia dall’inizio dell’anno si sono verificati 32 suicidi. Ciambriello denuncia che “pur essendoci tanti detenuti che entrano con problemi psichici, in tantissime carceri non c’è il reparto di articolazione psichiatrica o anche dove c’è, come a Benevento, non c’è lo psichiatra a tempo pieno.
“Per fronteggiare gli innumerevoli casi critici come quello di Mirko, una vita difficile e travagliata, ho chiesto al provveditore campano dell’amministrazione penitenziaria – spiega il garante – di convocare subito un incontro con i responsabili regionali e provinciali della sanità penitenziaria, i garanti territoriali, i presidenti della magistratura di sorveglianza. Quattro detenuti su dieci in Campania hanno problematiche psichiatriche, mentre il 65 per cento convive con un disturbo della personalità e nel 2020 la percentuale degli psicofarmaci somministrati ai detenuti rappresenta il 43 per cento dell’utilizzo complessivo di farmaci“.