L’Antimafia ha avanzato la richiesta di condanna per tre imputati nell’ambito dell’inchiesta sulla bomba esplosa al Teca Bar di Nocera Inferiore tra novembre 2019 e gennaio 2020. Il reato contestato è violenza privata aggravata dal metodo mafioso, riqualificato rispetto all’iniziale accusa di estorsione. La sentenza è attesa per marzo come riportato dall’edizione odierna del quotidiano Il Mattino.
Bomba al Teca Bar di Nocera, chieste tre condanne
Il pubblico ministero ha chiesto al III Collegio del Tribunale di Nocera Inferiore le seguenti pene: 5 anni per Michele Cuomo, 3 anni per Domenico Rese e 4 anni per Francesco Gambardella. Inoltre, è stata formulata una richiesta di condanna a 8 mesi per un elettricista, accusato di favoreggiamento.
Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia, Cuomo e Rese avrebbero cercato di intimidire un imprenditore affinché rinunciasse all’apertura di un bar con distributori automatici, considerato una minaccia per un altro locale già presente in Corso Vittorio Emanuele, ritenuto luogo di ritrovo del gruppo legato a Cuomo, presunto capo di un sodalizio criminale.
Gli imputati avrebbero prima tentato di contattare la vittima telefonicamente, senza successo. Successivamente, avrebbero fatto visita all’imprenditore, con Cuomo che, entrando nel locale in fase di allestimento, si sarebbe limitato a un commento apparentemente innocuo: “Che bel negozio”- Tuttavia, per l’Antimafia, tale frase costituirebbe una velata minaccia, accompagnata dai reiterati tentativi di contatto.
L’attentato esplosivo, secondo la tesi accusatoria, sarebbe stato eseguito da Francesco Gambardella, identificato dalla vittima grazie a una tuta le cui caratteristiche sarebbero state confrontate con immagini estrapolate dai social network e dai filmati di videosorveglianza. La bomba esplose circa due mesi dopo i tentativi di contatto da parte di Cuomo.
Le contestazioni della difesa
Il collegio difensivo, composto dagli avvocati Gregorio Sorrento, Giovanni Annunziata e Francesco Vicidomini, ha contestato le accuse mosse agli imputati, evidenziando l’assenza di un effettivo vantaggio economico per Cuomo e negando che vi fosse un reale intento di estorsione.
Secondo la difesa, la tesi della concorrenza sarebbe priva di fondamento: il titolare del locale che, secondo l’accusa, avrebbe dovuto beneficiare dell’eventuale chiusura della nuova attività ha negato di aver mai subito pressioni o di aver percepito il nuovo bar come una minaccia, sottolineando come l’area fosse già piena di locali simili.
Dubbi sono stati sollevati anche sull’identificazione di Gambardella. L’imprenditore-vittima avrebbe fornito tre descrizioni diverse della tuta indossata dall’attentatore, mentre il volto dell’esecutore materiale non è mai stato ripreso chiaramente dalle telecamere di sorveglianza.
Infine, la difesa ha contestato l’aggravante mafiosa, sostenendo che il gruppo legato a Cuomo non abbia connotazioni camorristiche, come già emerso da precedenti sentenze. Ora si attende la sentenza del tribunale, prevista per marzo.