Cronaca

La malattia shock di Brad Pitt: “Non riconosco i volti e nessuno mi crede” | Cos’è la prosopagnosia

Brad Pitt non riconosce i volti per una malattia: cos'è la prosopagnosia. "Nessuno mi crede! Voglio incontrare un'altra persona"

L’attore americano Brad Pitt deve fare i conti con una grave e rara malattia neurologica, scopriamo di cosa si tratta. È stato lo stesso attore prossimo ai 59 anni a rivelare di essere affetto da un disturbo neurologico nel corso di una intervista al settimanale GQ. Una malattia la cui entità peggiora col tempo, portando l’attore di Fight Club e Bastardi senza Gloria a non poter riconosce neanche gli amici più stretti e i parenti, “la cosa più grave” rivela l’attore “è che nessuno mi crede”.



Cos’è la prosopagnosia, la malattia neurologica di Brad Pitt

“Nessuno mi crede! Voglio incontrare un’altra persona che ne soffre” ha dichiarato Bard Pitt raccontando della sua malattia che in passato – agli occhi degli altri – lo ha fatto apparire come una persona fredda e distaccata. In realtà, l’attore statunitense sarebbe malato dal 2013: ecco perché negli ultimi anni ha preso l’abitudine a restare a casa, senza uscire. Nel corso dell’intervista a Gq, ha raccontato anche della terapia a cui si sottopone: “È un’epifania, ti fa sentire pronto a ripartire. Non ho la capacità di fumare solo una o due sigarette al giorno. Non fa parte del mio modo di essere. Per me o tutto o niente. Mi butto a capofitto nelle cose. Ho perso i miei privilegi”. 

La prosopagnosia (o prosopoagnosia) è un deficit percettivo acquisito o congenito del sistema nervoso centrale che impedisce ai soggetti che ne vengono colpiti di riconoscere i tratti di insieme dei volti delle persone; può presentarsi in forma pura o associata ad agnosia visiva, ed è causata soprattutto da lesione bilaterale (o, più di rado, unilaterale destra) alla giunzione temporo-occipitale (giro fusiforme).

Questa disfunzione fu studiata accuratamente nel corso del XIX secolo da vari scienziati, tra cui John Hughlings Jackson e Jean-Martin Charcot. Il termine prosopagnosia, che è l’unione delle parole greche πρόσωπον (pròsopon), «faccia», e ἀγνωσία (agnosìa), «ignoranza», fu coniato nel 1947 dal neurologo tedesco Joachim Bodamer.

In alcuni casi si ricorre al termine prosofenosia (dal gr. proso[po]- e ϕαίνομαι, fàinomai, «apparire»[senza fonte]) per indicare, in modo specifico, la difficoltà di riconoscimento dei volti umani in seguito al danneggiamento esteso dei lobi occipitale e temporale.

I sintomi

Un aspetto particolarmente interessante della prosopagnosia è che essa presenta una dissociazione tra riconoscimento esplicito e riconoscimento implicito (covert recognition). Alcuni esperimenti dimostrano che se posti davanti a una serie di volti familiari e no, le persone affette da prosopagnosia potrebbero essere incapaci di identificare con successo le persone rappresentate nelle immagini, o anche dare un semplice giudizio di familiarità (“questa persona mi sembra familiare/non familiare”). Tuttavia, quando si effettua una misurazione del responso emotivo (tipicamente, una misurazione della risposta psicogalvanica), si registra una tendenza a una risposta emotiva davanti a immagini di persone familiari, anche se non si verifica nessun riconoscimento consapevole.


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Ciò suggerisce che le emozioni giocano un ruolo cruciale nel riconoscimento dei volti, cosa che in fondo potrebbe non stupire se si considera che la sopravvivenza (in particolare la propria sicurezza) dipende dalla capacità di riconoscere le persone che ci circondano.

È stato quindi ipotizzato che ci possa essere, oltre alla via per il riconoscimento esplicito dei volti che coinvolge circuiti occipito-temporali, una seconda via per il riconoscimento implicito dei volti che coinvolgerebbe il sistema limbico, implicato nelle risposte emotive.

Mentre nella prosopagnosia sarebbe quindi danneggiata la via del riconoscimento esplicito ma non quella del riconoscimento implicito, al contrario per la sindrome di Capgras, in cui il soggetto riconosce correttamente un volto familiare ma ha la convinzione delirante che quella persona sia in realtà un sosia, è stato proposto da Young (1998) che a essere danneggiata sia la via del riconoscimento implicito (con assenza di emozioni alla vista del volto che pure viene riconosciuto) ma non la via del riconoscimento esplicito.

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