Camorra in Campania: la storia del clan Cesarano

Quali sono i clan della camorra attivi in Campania? Ecco la storia del clan Alfieri.

La più importante figura del clan fu Ferdinando Cesarano, alias “Nanduccio ‘e Ponte Persica”, figura carismatica del panorama criminale organizzato campano della fine degli anni ’70 e degli albori degli anni ’80, che, in quegli anni, era uno spietato killer e capozona della Nuova Famiglia, alle dirette dipendenze di Carmine Alfieri e a stretto contatto con le più alte dignità dell’organizzazione, come Angelo Moccia, Francesco Matrone, Giuseppe Autorino, Marzio SepePasquale Galasso e Pasquale Loreto. Nella metà degli anni ’80 Cesarano, oramai un boss affermato, dopo la sconfitta della Nuova Camorra Organizzata e la dissoluzione della vincente Nuova Famiglia, si stacca anch’egli dalla Nuova Famiglia e si mette in proprio. Cesarano, pluriergastolano, detenuto in carcere, al 41 bis, si è laureato in Sociologia nel 2007 ed in Giurisprudenza nel 2015 .

Il clan dei Cesarano risulta particolarmente operativo a Ponte PersicaPompei, dove, in particolare, svolge attività delinquenziali quali il racket delle estorsioni, l’usura e lo spaccio di sostanze stupefacenti. I Cesarano hanno attraversato un periodo di tensione con i Matrone, a causa del controllo delle attività illecite a Scafati e dintorni, zona in cui i Cesarano, dopo i momenti di crisi vissuti dai Matrone e dai Loreto-Ridosso, avrebbero cercato di estendere i propri tentacoli . Oggi la zona di Scafati risulta interessata dalla presenza di clan locali e della zona boschese/stabiese, che avrebbero instaurato fra di loro delle alleanze, a quanto pare, labili e facili alla rottura.

Il 12 novembre 2019 sono state arrestate 20 persone del clan, accusate dei reati di associazione per delinquere di stampo camorristico, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti.

L’arresto di ‘O Mostro

Il 5 luglio 2014 è stato arrestato, alla periferia di Pompei, Nicola Esposito, alias “‘O Mostro“, considerato dagli inquirenti un capo del clan Cesarano. Con lui, è finito in manette l’uomo che avrebbe protetto la sua latitanza: Alfonso Cesarano, 49 anni, ritenuto un fiancheggiatore del clan. Nicola Esposito, nel 1998, partecipò alla pianificazione del piano per far evadere i boss Giuseppe “Geppino” Autorino e Ferdinando Cesarano dall’aula bunker del Tribunale di Salerno, evasione poi avvenuta il 22 giugno di quell’anno. Autorino finì ammazzato nel marzo del 1999, durante un conflitto a fuoco ingaggiato con NOCS, DIA e Carabinieri; il boss Ferdinando Cesarano, invece, fu arrestato il 10 giugno del 2000, a Torre Annunziata.

Secondo il collaboratore di giustizia Alfonso Loreto – figlio Pasquale Loreto, capo del clan omonimo di Scafati -, Nicola Esposito, allo scopo di emergere all’interno del clan e con l’appoggio di un esponente del clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia, stava organizzando l’omicidio di Luigi Di Martino, reggente del clan Cesarano.

Il racket dei fiori

Il clan, come è emerso dalle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli, controllava il racket dei fiori tra Castellammare e Pompei. Tutti i commercianti di fiori restii a piegarsi alla protervia del clan, venivano sottoposti a pestaggi e condotte vessatorie. Oltre al racket, dalle indagini è emerso che gli indagati avevano fondato una azienda di intermediazione trasporti, la “Engy Service s.r.l.”, allo scopo di assumere il monopolio delle spedizioni di fiori, bulbi e vasellame, provenienti prevalentemente dai Paesi Bassi. Grazie alle indagini, si è inoltre evinto che il clan aveva stretto alleanze con i clan Mallardo di Giugliano in Campania e Pecoraro-Renna di Battipaglia.

Il racket delle pompe funebri

I Cesarano gestivano, in accordo con i D’Alessandro, egemoni a Castellammare, il monopolio delle pompe funebri su Castellammare di Stabia. Le imprese funebri operanti su Castellammare, in accordo tra loro e con i clan, impedivano l’ingresso o imponevano tangenti e l’acquisto di articoli funerari ad imprese concorrenti estranee ai Cesarano e ai D’Alessandro. Figura cardine del business era l’imprenditore Alfonso Cesarano, il quale, in maniera monopolistica, gestiva il settore delle onoranze funebri. Cesarano, più volte colpito da interdittive antimafia e inchieste, aveva fondato un sistema di imprese funebri in apparenza gestite da parenti e prestanome vari che, tuttavia, erano invece controllate da lui.

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