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Camorra in Campania: la storia del clan Belforte e delle sue fazioni a Caserta

Quali sono i clan della Camorra attivi in Campania? Ecco la storia del clan Belforte, che opera nella periferia ovest di Caserta, più precisamente nell’area dei comuni di Marcianise, San Nicola la Strada e Caserta.

Camorra: la storia del clan Belforte

Il clan Belforte, o Mazzacane, è un clan camorristico operante nella periferia ovest di Caserta, più precisamente nell’area dei comuni di Marcianise, San Nicola la Strada e Caserta. è una delle organizzazione camorristiche più longeve e potenti della Campania.

Il radicamento sul territorio tra Napoli e Caserta è iniziato a partire sin dagli anni ’70. Negli anni ’80 c’è stata l’affiliazione alla Nco, Nuova Camorra Organizzata, di Raffaele Cutolo e la conseguente faida con la Nuova Famiglia capitanata dal trio Nuvoletta–Bardellino–Alfieri (appoggiati anche dai Sarno, i Misso, i Mazzarella e l’Alleanza di Secondigliano prima che questi entrassero in conflitto tra loro).

Dopo la fine dei cutoliani, il sodalizio dei Belforte si è ristrutturato ed ha assunto il totale controllo delle zone di Marcianise e dintorni. Poi sono arrivate l’alleanza con i Casalesi e la sanguinosa e lunga guerra contro il clan Piccolo che ha provocato più di un centinaio di morti.

Il clan nacque dalla volontà dei due fratelli Belforte, Domenico, detto “Mimì“, e Salvatore. Opera nella zona interna del casertano raccogliendo circa 15 paesi limitrofi al territorio di Marcianise, Caserta e San Nicola la Strada e si occupa principalmente di traffico di stupefacenti, estorsioni, usura ed edilizia.

Nel tempo, il carisma e lo spessore criminale dei Belforte ha favorito una fitta rete di accordi e di alleanze con piccoli gruppi aventi una struttura familiare e con una discreta autonomia sul territorio di origine nella gestione delle attività illecite. I Belforte si impongono sullo scenario criminale come un gruppo solido e con una struttura ramificata nei territori a ridosso di Caserta.

Camorra: La famiglia Belforte

Clan Belforte e Clan dei casalesi: la tregua

Il clan non fa parte della confederazione nota come “clan dei casalesi” per via delle origini cutoliane risalenti ai lontani anni ’80. Il clan dei Casalesi si è sempre dimostrato riluttante a conquistare il territorio dei Belforte per via del fatto che il clan era troppo potente da poter essere sconfitto o sottomesso: nel 2003 durante la costruzione nel territorio di Marcianise del centro commerciale “Campania”, Luigi Trombetta minacciò di morte il casalese Pasquale Zagaria se non gli avesse consegnato una tangente di 400.000 €.

Secondo il pentito Bruno Buttone, ex elemento di spicco del clan Belforte, e per diversi anni anche reggente del clan, dopo che i capi storici sono stati reclusi al regime del 41bis, tra i Belforte e i Casalesi c’è stata una rottura e forti tensioni, alimentate in modo particolare dall’ex superboss dei Casalesi, Michele Zagaria, che aveva da ridire sull’attività dei Belforte.

Per evitare spargimenti di sangue, Buttone regalò a Zagaria un costosissimo orologio, marcato Bulgari. Sancendo così la tregua tra i clan.

La fazione Capone del Clan Belforte

La fazione Capone è ritenuto un clan referente al clan Belforte ed è capeggiato da Giovanni Capone. Il clan Capone interveniva per condizionare il voto e orientarlo in favore di candidati disposti a versare al clan somme di denaro, buoni pasto e buoni carburante.

Secondo gli inquirenti, Giovanni Capone, all’epoca detenuto, utilizzando dei “pizzini”, aveva dato precise disposizioni al fratello Agostino Capone affinché si occupasse dell’affissione dei manifesti elettorali nella città di Caserta. Quest’ultimo, avvalendosi della collaborazione materiale di Vincenzo ReaAntimo ItalianoAntonio Merola e Antonio Zarrillo, imponeva ai candidati di fare riferimento alla società di servizi “Clean Service”, a lui riconducibile in quanto intestata alla moglie, Maria Grazia Semonella.

Tra i candidati costretti a rivolgersi ad Agostino Capone c’era Luigi Bosco, consigliere regionale, il quale ha confermato che a Caserta vi erano state alcune anomalie, in quanto per avere visibilità era necessario rivolgersi ad un determinato gruppo di persone.

A conferma di ciò, Bosco ha raccontato agli inquirenti che un suo collaboratore, durante l’affissione dei manifesti nel Comune di Caserta, era stato aggredito da alcune persone che gli avevano intimato di allontanarsi, in quanto a Caserta nessuno poteva affiggere senza il loro consenso. Dopo quell’episodio, Vincenzo Rea si era presentato presso il suo comitato elettorale, garantendo che affidando a loro l’affissione dei manifesti avrebbe avuto la giusta visibilità, viceversa avrebbe avuto dei problemi.

I proventi di tale attività ammontavano a circa 17mila euro, dei quali una parte erano destinati a rimpinguare le casse della fazione del clan riferibile a Giovanni Capone, con particolare riferimento al mantenimento degli affiliati all’epoca detenuti in carcere.

Agostino Capone gestiva un vasto traffico di cocaina e hashish ed aspirava a diventare l’unico fornitore per gli spacciatori al dettaglio di Caserta.  Dalle intercettazioni emergeva infatti che Capone aveva ottenuto a credito, grazie all’intermediazione di Mario De Luca, una significativa partita di cocaina da malavitosi dell’agro aversano, finalizzata all’approvvigionamento di altri spacciatori al dettaglio del capoluogo, identificati in Rosario PalmieriRoberto NovelliModestino SantoroSalvatore Vecchiariello e Giovanni Gualtieri.

Capone, inoltre, avvalendosi dell’intermediazione di Alberto Russo, personaggio in collegamento con la criminalità organizzata del Parco Verde di Caivano, aveva acquistato, insieme a quest’ultimo, grosse partite di hashish da cedere al dettaglio attraverso piccoli spacciatori, identificati in Clemente VergoneSilvana D’AddioFerruccio Coppola e Giovanni Gualtieri.

L’obiettivo di Agostino Capone era chiaramente quello di ottenere il controllo delle piazze di spaccio di Caserta, sfruttando la sua stabile appartenenza al clan camorristico dei Belforte e la sua ascesa criminale come referente del clan su Caserta. L’ambizione di accreditarsi come referente dello spaccio nel capoluogo naufragava a causa delle difficoltà incontrate da Capone nell’onorare il debito contratto con i suoi fornitori, tanto da essere prelevato da casa sua e portato in una località sconosciuta fino al pagamento di parte del debito.

Le personalità di spicco del clan Capone sono:

La fazione Marciano del clan Belforte

Il gruppo Marciano è, invece, il referente dei BelforteMaddaloni, dove loro hanno creato un piccolo impero di almeno 21 esercizi pubblici controllati, almeno 79 slot installate nella città delle due torri, almeno 10 esercizi già clienti della società confiscata, e una probabile alterazione delle schede di gioco.

I Marciano erano i signori delle slot e dei video poker nell’area di Maddaloni. Per loro garantiva il clan Belforte a cui, i Marciano, versavano una quota dai guadagni.

Secondo il boss pentito Antonio Farina,Marciano avrebbero gestito un business milionario sin dal 1991 grazie al sostegno del clan Belforte, un’attività avviata dal capo della famiglia, il padre Vincenzo. Farina racconta come Marciano padre iniziò a gestire l’affare, descrivendo anche le evoluzioni e gli investimenti.

Le figure di spicco della fazione sono:

L’accordo con i rivali del clan Piccolo

Secondo gli inquirenti, i Belforte hanno fatto un patto con i rivali del clan Piccolo per controllare il business del “caffè” a Marcianise.

Da quando Pasquale Piccolo, aveva cominciato a introdursi negli affari, saldamente nelle mani dei Buttone, membri di spicco dei Belforte, si era rischiato un nuovo incidente diplomatico con i Belforte coi quali era ormai in atto una tregua. A parlarne alla Dda è stato il pentito Camillo Belforte, figlio del boss Salvatore.

Le condanne del clan Belforte

Le condanne più recenti

La situazione del clan Belforte secondo la DIA

Secondo quanto emerge dalla relazione semestrale della Dia, relativa ai primi 180 giorni del 2018, nell’area marcianisana, storicamente al di fuori del cartello casalese, permane l’egemonia del clan Belforte, che rappresenta una delle “realtà criminali” più potenti e strutturate, non solo nel contesto casertano, ma anche in ambito regionale.

Detto sodalizio riflette un modulo operativo simile a quello imposto negli anni dal clan dei Casalesi, in termini di struttura organizzativa, forza militare e predisposizione imprenditoriale ed estende la sua influenza, in maniera diretta o attraverso gruppi criminali satelliti, oltre che a Marcianise anche nella città di Caserta e nei Comuni confinanti di San Nicola la StradaSan Marco Evangelista, CasagioveRecaleMacerata CampaniaSan PriscoMaddaloniSan Felice a Cancello e Santa Maria Capua Vetere.

In questo contesto, il clan Belforte ed i vari gruppi criminali presenti, ricercando nuove e diversificate fonti di guadagno, stanno mostrando un particolare interesse verso il traffico e la vendita di sostanze stupefacenti, rivelando in tal senso maggiori affinità con i clan napoletani rispetto alle linee strategiche proprie della criminalità casalese, che ha sempre evitato la gestione diretta del traffico di stupefacenti, superando anche storiche rivalità coi Piccolo-Letizia.

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