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Pestaggi in carcere Santa Maria Capua Vetere, sospesi anche due vice direttori | “Volevano alterare i video”

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Pestaggi carcere Santa Maria Capua Vetere, figurano anche i due vice direttori del carcere e il vice comandante della Polizia Penitenziaria tra le ulteriori 25 persone sospese dal Dap per le violenze avvenute nel carcere il 6 aprile 2020.

Pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, il gip: “Si tentò l’alterazione dei video”

I nuovi 25 provvedimenti, emessi ieri, vanno ad aggiungersi ai precedenti 52 che riguardano le persone raggiunte dai provvedimenti cautelari emessi lunedì scorso dal gip Sergio Enea su richiesta dell’Ufficio inquirente coordinato dal procuratore Maria Antonietta Troncone.

I tentativi di alterare i video

Tra gli episodi di depistaggio emersi nell’indagine, secondo l’accusa, ci fu anche il tentativo di modificare i video delle telecamere interne per falsare la rappresentazione di quanto accaduto il 6 aprile 2020, giorno dei violenti pestaggi. I protagonisti, secondo quanto riporta l’ordinanza di custodia cautelare, sarebbero i massimi funzionari dell’amministrazione penitenziaria in Campania, ovvero l’allora comandante Pasquale Colucci e il Provveditore campano Antonio Fullone, il primo ai domiciliari, il secondo sospeso.

La ricostruzione del Gip

Lo scopo della manomissione sarebbe stato quello di giustificare la perquisizione straordinaria del 6 aprile, legandola alla protesta dei detenuti del giorno prima. Il Gip evidenzia come Colucci acquisisca “indebitamente su mandato di Fullone, il 9 aprile 2020, cinque spezzoni delle video-registrazioni operate in data 5 aprile e relative alla protesta per barricamento”.

Colucci, prosegue il Gip, invia i video “attraverso applicativo WhatsApp a Fullone nella stessa data e, a Massimo Oliva (sospeso, ndr), demandandogli l’alterazione mediante eliminazione dell’audio (“Mi togli l’audio?”) nonché l’alterazione della data e dell’ora di creazione, in modo da renderla coerente con quanto riportato nella sua falsa relazione del 6 aprile 2020 e simulare di aver visionato, in tempo reale, ed acquisito gli spezzoni del video – in data 5 aprile – nel corso delle proteste per barricamento, così artefacendo, con autonoma prova documentale, l’evento per giustificare in modo postumo la perquisizione del 6 aprile 2020 e le violenze avvenute nella medesima data”.

“Una volta alterati gli spezzoni del video -prosegue il gip- Colucci li consegnava a Francesca Acerra (Commissaria della Penitenziaria sospesa dal servizio, ndr), la quale inviava nella chat di gruppo (composta da Acerra, Colucci, Fullone e..) due dei 5 spezzoni di video, privi dell’audio che riprendevano le proteste dei detenuti”. Gli spezzoni dei video finiscono in un cd-rom che Colucci consegna ad Acerra, e questa a sua volta li consegna ai carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere a cui sono state delegate le indagini. Quel cd-rom Fullone lo produsse anche nel corso dell’interrogatorio reso agli inquirenti il 10 luglio 2020, nonostante “fosse consapevole dell’alterazione”.

A Roma striscione di minaccia agli agenti

Intanto, secondo quanto riferito in ambienti della polizia penitenziaria, è stato trovato su un cavalcavia di Roma uno striscione con la scritta: “52 mele marce? Abbattiamo l’albero!”. Oltre al testo è presente il simbolo di un movimento anarchico. Lo striscione, secondo quanto si è appreso, è stato poi successivamente rimosso. La frase ha destato forte preoccupazione in agenti della Polizia Penitenziaria che hanno riferito del fatto.

“Per la nostra incolumità – si apprende da ambienti della Polizia penitenziaria – ci stanno consigliando di recarci al lavoro indossando non la divisa ma abiti civili, visto che nei giorni scorsi alcuni agenti della polizia penitenziaria sono stati oggetto di insulti in strada”. “Non siamo tutte mele marce – sottolinea l’agente – è giusto che chi ha sbagliato paghi, ma tra noi ci sono tantissimi colleghi che onorano la divisa e che ora temono per la propria incolumità”.

Uspp: “Striscione chiaro segnale di pericolo”

Lo striscione apparso contro la Polizia Penitenziaria è solo uno dei segnali di pericolo che deve far riflettere chi continua a pubblicare foto nomi e indirizzi di persone appartenenti ad un’istituzione dello Stato che in questo modo di processo pubblico rischiano la reazione di appartenenti alla criminalità mentre vanno giudicati nelle aule di giustizia“.

Lo sottolineano, in una nota, Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, rispettivamente presidente nazionale e segretario regionale per la Campania dell’Unione dei Sindacati della Polizia Penitenziaria (Uspp). “Troppa attenzione mediatica – aggiungono – rischia di generare pericoli anche per la tenuta del sistema carceri dove fino a prova contraria è la polizia penitenziaria a mantenere l’ordine, la sicurezza e la legalità che non può essere considerata solo all’interno delle mura perimetrali dei penitenziari ma anche per l’intera società pubblica”.

Oggi sei interrogatori di garanzia

Proseguono anche oggi gli interrogatori di garanzia dei 52 agenti della polizia penitenziaria. A differenza dei primi tre giorni in cui sono stati sentiti dal Gip Sergio Enea in totale 26 indagati (alla media di quasi nove al giorno), oggi erano in calendario sei interrogatori. I primi quattro, tutti assistiti dall’avvocato Angelo Raucci, si sono seduti brevemente di fronte al Gip: si tratta degli agenti colpiti dalla misura interdittiva della sospensione dal lavoro Giovanni Di Benedetto, Maurizio Soma, Alessio De Simone e Stanislao Fusco.

Tutti i sono avvalsi della facoltà di non rispondere, rendendo brevi dichiarazioni spontanee, in cui hanno per ora genericamente respinto le accuse. Ormai è delineata la strategia difensiva degli agenti destinatari di misura cautelare (otto sono in carcere, 18 ai domiciliari, 23 sono stati raggiunti da misure di sospensione e tre dall’obbligo di dimora): sui 30 poliziotti sottoposti finora ad interrogatorio di garanzia, quasi tutti, con qualche eccezione anche di rilievo, relativa per esempio all’ex agente finito in carcere Angelo Bruno, hanno scelto la strada del silenzio, ovvero di non rispondere alle domande del Gip ma di dire solo brevi parole per chiarire subito la propria posizione di fronte ad eventuali responsabilità.

Quando gli avvocati acquisiranno i video interni al carceri che sono stati decisivi per il riconoscimento degli agenti e l’attribuzione degli addebiti – sui video è stata fatta richiesta nei giorni scorsi – allora la strategia potrà cambiare.

Dap annuncia un esposto per violazione della privacy

I vertici del Dap, Bernardo Petralia e Roberto Tartaglia, hanno annunciato un esposto al Garante della privacy per il risalto mediatico che ha avuto la vicenda e perché alcune testate locali avrebbero pubblicato dati personali di tutti gli indagati. Per questo il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha avuto una telefonata con il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna.

 

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