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Truffa dei falsi incidenti a Santa Maria Capua Vetere: 22 arresti e oltre 500 indagati

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Foto dei carabinieri

Truffa dei falsi incidenti a Santa Maria Capua Vetere: i carabinieri smascherano una rete criminale ed eseguono 22 arresti. Oltre 500 invece gli indagati. Ai vertiti dell’associazione a delinquere medici compiacenti e centri diagnostici ‘fantasma’. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.

Truffa dei falsi incidenti a Santa Maria Capua Vetere: 22 arresti

Certificati medici falsificati, pronto soccorso compiacenti e richieste di risarcimento esagerate. Questo è il quadro emerso dall’indagine condotta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, che ha portato ieri all’adozione di misure cautelari domiciliari. Il giudice per le indagini preliminari Daniela Vecchiarelli, dopo gli interrogatori preliminari svolti a novembre in base alla legge Nordio, ha ridotto le richieste di arresto (in carcere) presentate dal pm Gerardina Cozzolino, disponendo gli arresti domiciliari per 22 individui, tra cui organizzatori, avvocati, medici e infermieri, e imponendo l’obbligo di dimora a un faccendiere.

Si fa riferimento a una richiesta cautelare di tremila pagine che coinvolge 527 indagati e che si trasformerà in un maxi processo per fatti risalenti a circa sei anni fa. L’ordinanza, composta da 200 pagine e firmata dal gip, include diversi capi di imputazione ripetuti per circa duecento episodi. Durante una conferenza stampa tenutasi in Procura, sono stati forniti i dettagli dell’operazione alla presenza del procuratore capo Pierpaolo Bruni, del colonnello Manuel Scarso, comandante provinciale dei carabinieri, del tenente colonnello Alessandro Cisternino del Nas di Napoli e del maggiore Michelangelo Piscitelli, comandante del Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Aversa.

La ricostruzione

Tutto ha avuto inizio da una denuncia presentata da alcune compagnie assicurative. Tra i coinvolti c’è anche Maria Masella, titolare di un centro medico, che è attualmente indagata e destinataria, insieme a un altro coindagato, di una richiesta di arresto domiciliare che è stata respinta dal gip. Masella ha iniziato a collaborare, rivelando i nomi dei membri dell’organizzazione attiva a Casal di Principe. Secondo l’accusa, al vertice di questa organizzazione si trovano Guglielmo e Gianluca Di Sarno, supportati da altri presunti complici come Antonio Abatiello ed Emilio Acunzo. Si tratta di un’organizzazione complessa, strutturata su più livelli e composta da professionisti apparentemente insospettabili. Durante gli interrogatori preliminari, molti di loro hanno scelto di non rispondere, mentre altri hanno dichiarato di non conoscere affatto i medici coinvolti, i quali hanno già lasciato i loro incarichi nei pronto soccorso di Maddaloni e Marcianise dal 2019.

Gli investigatori hanno rivelato che molte di queste strutture erano intestate a prestanome in cambio di pagamenti mensili, ma in realtà risultavano sprovviste di personale qualificato e delle attrezzature dichiarate. Alcuni medici sottoposti alla misura degli arresti domiciliari non lavoravano da anni negli ospedali di Marcianise e Maddaloni, che sono tra le parti lese. Nel corso di cinque anni, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbero stati emessi 1.700 certificati medici considerati falsi, con guadagni variabili tra duecento e mille euro per ciascuno. Quattro anni fa, ai professionisti sono stati sequestrati complessivamente 660mila euro, rinvenuti su conti correnti o presso le loro abitazioni tra San Nicola La Strada e Aversa. Oltre ai medici Domenico Fiorito, Gennaro Rondinone e Salvatore Salvemini, sono accusati anche gli infermieri Antonio Letizia e Angelo Palmieri, ma la Procura sottolinea che tutti sono considerati innocenti fino a una sentenza definitiva.

I certificati falsi, molti dei quali non riconosciuti o con firme false, sarebbero stati utilizzati dai legali per le pratiche di risarcimento. I centri diagnostici fittizi avrebbero emesso esami strumentali inesistenti. Secondo la Procura, tali esami erano finalizzati a comprovare le presunte lesioni subite dalle vittime di incidenti simulati, rafforzando così le richieste di risarcimento. Tra le strutture coinvolte si evidenziano il “Centro Medico Albatros”, l'”Istituto Fisioterapico Ortopedico” e altri centri diagnostici situati ad Aversa, Casoria e Trentola Ducenta. Questi centri esistevano solo sulla carta o erano privi delle necessarie autorizzazioni per operare. In alcuni casi, gli immobili erano già stati sgomberati o utilizzati per altre attività. Secondo le indagini, la gestione dei centri era affidata a Raffaele Giordano e a suo cognato Paolo Franco.

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