Negli ultimi anni, l’Italia ha assistito a numerosi casi di infanticidio, spesso legati a difficoltà psicologiche gravi come la depressione post-partum e altre fragilità emotive. Questi tragici eventi, noti anche come “Sindrome di Medea“, riflettono un fenomeno complesso e doloroso che coinvolge principalmente le madri nei primi anni di vita del bambino come accaduto nelle scorse ore in provincia di Torino, dove Carola Finatti, una donna di 34 anni, ha ucciso la sua bambina di dieci mesi, Perla, e poi ha tentato di togliersi la vita.
Casi di infanticidio in aumento in Italia: quando a uccidere sono le madri
Tra il 2000 e il 2017, si sono verificati 447 casi di infanticidio, di cui 61 hanno visto come protagoniste le madri, con bambini di età compresa tra 0 e 5 anni. Dall’inizio del 2010, in Italia si sono registrati circa 268 casi di figlicidio, con un tragico evento che si verifica mediamente ogni 15 giorni. La maggior parte delle vittime ha meno di 12 anni e circa il 40% di questi erano bambini molto piccoli. La depressione e i disturbi psichici sono emersi come motivazioni nel 54,2% dei casi commessi dalle madri.
Alcuni casi emblematici di infanticidio negli ultimi decenni includono:
- Cogne (2002): Annamaria Franzoni uccise il suo figlioletto Samuele di tre anni, un caso che scosse profondamente l’opinione pubblica e avviò un intenso dibattito sulla stabilità mentale delle madri.
- Pinerolo (2015): Una madre, in preda a una grave crisi depressiva post-partum, soffocò il suo neonato.
- Lecco (2021): Una donna di origine straniera annegò la figlia di sei mesi, lasciando poi una lettera che rivelava i suoi gravi problemi psicologici.
- Avellino (2022): Una madre con diagnosi di depressione post-partum uccise il suo bambino di pochi mesi e tentò successivamente il suicidio.
- Parma (2024): Chiara Petrolini, dopo aver partorito, ha seppellito nel giardino di casa i suoi due neonati.
Il fattore psicologico
Il fenomeno della Sindrome di Medea si manifesta spesso in condizioni di frustrazione, isolamento e disperazione, che possono sfociare in comportamenti estremi. Tra i sintomi più comuni si annoverano l’aggressività, i pensieri suicidi, i conflitti con il partner e una rabbia che non trova sfogo.
Il ruolo della società, in questo contesto, è cruciale. L’idealizzazione della maternità e la stigmatizzazione del disagio psichico materno ostacolano spesso interventi tempestivi che potrebbero evitare queste tragedie. Le difficoltà psicologiche delle madri, purtroppo, non sono sempre riconosciute o supportate adeguatamente, portando in alcuni casi a tragedie irrimediabili.