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Il 16 settembre del 1970 inizia la strada lunga e infinita del mistero: nasce il caso De Mauro

Cinquant’anni dopo resta senza verità il caso De Mauro ed il mistero sopravvive tra presunti depistaggi e straordinarie rivelazioni, lasciando degli alti e bassi che offrono notevoli spunti di riflessione per la cronaca, ma tanto dolore per amici e familiari del giornalista de L'Ora

Rapito dinnanzi alla sua dimora e sotto gli occhi di sua figlia, è da lì che inizia un percorso fatto di sgomento, incertezze, indagini, colpi di scena e un mistero che – nel corso dei decenni – si è infittito a tal punto da divenire il caso De Mauro: uno dei misteri più disarmanti d’Italia.

Cinquant’anni dopo resta senza verità il caso De Mauro ed il mistero sopravvive tra presunti depistaggi e straordinarie rivelazioni, lasciando degli alti e bassi che offrono notevoli spunti di riflessione per la cronaca, ma tanto dolore per amici e familiari del giornalista de L’Ora.

16 settembre 1970: inizia il caso De Mauro,uno dei grandi misteri italiani

Era il 16 settembre del 1970 quando il giornalista de L’Ora Mauro De Mauro diviene vittima di un rapimento, una sparizione ancora avvolta nel mistero, legata probabilmente alle sue inchieste sulla mafia e non solo.

Fatti antecedenti

Nel 1946 decise di trasferirsi a Palermo con la moglie, Elda Barbieri, e le due figlie, Junia Valeria e Franca Valeria. Da qui iniziò la sua carriera di giornalista e, dopo aver collaborato con diversi giornali (come Il Tempo di Sicilia e Il Mattino di Sicilia), nel 1959 entrò nel giornale L’Ora di Palermo.


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A capo della redazione vi era Vittorio Nisticò, il quale ebbe il merito di dirigere un giornale fatto di professionisti e di gente che non aveva paura di dire la verità e di occuparsi di inchieste scomode.

L’Ora sul versante comunista

Il giornale L’Ora si posizionava nel versante comunista, ragion per cui in tanti si chiesero come mai un giornale di sinistra decise di assumere un ex repubblichino. Quelli furono i tempi del milazzismo, esperimento politico siciliano promosso da Silvio Milazzo, che mise insieme forze che andavano dal PCI al Movimento Sociale Italiano. E proprio avvicinandosi alle correnti democristiane di sinistra, e seguendo la vicenda di Milazzo da vicino, De Mauro si avvicinò al pensiero di sinistra.


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Al di là poi del contesto politico, De Mauro sembrò aver davvero chiuso con il passato, e il direttore Nisticò non ebbe alcun dubbio nell’affidargli inchieste delicatissime (come ad esempio il rapporto sulla mafia del 1963, e una grande inchiesta sul traffico di droga del 1964).

De Mauro viene ricordato come un bravo giornalista, intuitivo; dalla personalità enigmatica, e dal passato ingombrante. Il suo ultimo pezzo sulla mafia riguardò la Strage di viale Lazio del 1969.

La scoperta a Bellolampo

In quel periodo, però, non fu solo la mafia ad opprimere Palermo: tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta si verificarono altri gravi episodi: la scoperta a Bellolampo, nell’ottobre 1969, di un campo paramilitare neofascista, in cui venne arrestato Pier Luigi Concutelli, il futuro killer del giudice Occorsio. Un altro episodio riguardò l’accoltellamento, nel maggio 1970, del deputato Angelo Nicosia, membro della commissione antimafia.


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La sorella Franca.

Dal 1970 i pezzi di cronaca di De Mauro diventarono più rari. Poco prima dell’estate venne promosso caposervizio e spostato alle pagine sportive con la motivazione di essere quest’ultime “bisognose di rilancio”. Tuttavia De Mauro, abile di cronaca nera e minimamente di sport, non gradì la decisione e non comprese quella scelta.

Il rapimento

Il giornalista aveva parcheggiato il 16 settembre del Settanta davanti a casa in via delle Magnolie al civico 58 di Palermo, dove lo aspettavano la figlia Franca e il fidanzato Salvo, felici per le imminenti nozze. Ma Mauro tardava a raggiungerli. In quei pochi minuti di attesa fu possibile per tre uomini senza nome materializzarsi dentro la Bmw del giornalista. Poi una voce nell’ombra gridò “Amuninni” (“andiamocene”). L’asfalto venne consumato dallo stridore delle gomme. Franca vide la macchina sfrecciare via, il padre al volante concentrato nella strada. Nessun cenno di saluto, solo un improvviso silenzio. Mauro De Mauro era appena sparito nel nulla e a casa non avrebbe più fatto ritorno.


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L’appello del quotidiano L’Ora dopo la scomparsa di Mauro De Mauro.

Passavano le ore, nessuno considerava l’ipotesi di un sequestro, e tantomeno immaginava la morte del giornalista. Altre volte si era assentato per lungo tempo, anche per tutta la notte, e specialmente in quel momento aveva in mano un colpo grosso, una di quelle storie che segnano la carriera, ed era probabile si fosse dovuto allontanare in fretta per nuove tracce da seguire.

Purtroppo quella volta era diversa dalle altre. Il primo a parlare della sparizione di De Mauro fu L’Ora, lo stesso giornale per cui il giornalista scriveva da 11 anni, con un’edizione straordinaria dal titolo “aiutateci”. Ma chi erano quegli uomini? Da chi e perché erano stati mandati dal cronista palermitano? Domande che trovano come risposta solo un grande black out, fatto di silenzio, ricatti e depistaggi.

Le indagini

Dall’inizio delle indagini seguitono due piste, portate avanti sia dai militari che dalla Polizia: quella sulla droga (correlato al traffico di stupefacenti tra Stati Uniti e Sicilia) e quello quello correlato sullo scoop su cui il giornalista stava lavorando, ovvero quello sulla prematura scomparsa di Enrico Mattei.


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Mentre i Carabinieri seguirono la pista della droga, la Polizia (con a capo Boris Giuliano) ne seguì un’altra (sostenuta inizialmente anche da Bruno Contrada): la scomparsa di De Mauro sarebbe stata legata ad uno scoop, su cui Mauro stava lavorando, sulla morte di Enrico Mattei. Pochi giorni prima della sua scomparsa, De Mauro avrebbe confidato a più persone di avere tra le mani qualcosa che avrebbe potuto far tremare l’Italia, riguardante gli ultimi due giorni in Sicilia passati da Enrico Mattei.

Si scoprì dopo, infatti, che nonostante De Mauro fosse stato spostato alla parte sportiva del giornale, continuava ad interessarsi a fatti di cronaca, e in quel periodo stava proprio indagando sul caso Mattei. Proprio in quel periodo, infatti, il regista Francesco Rosi chiese a De Mauro di fare delle ricerche sugli ultimi due giorni in Sicilia del presidente dell’Eni, Enrico Mattei.

Tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre il caso De Mauro sembrò vicino ad una svolta: il Questore di Palermo, Ferdinando Li Donni, fece capire che la conclusione delle indagini era davvero vicina. E invece all’improvviso le indagini si fermarono, dopo una riunione poco chiara, tra diverse forze dello Stato, a villa Bosco Grande. Il caso De Mauro restò a lungo un caso irrisolto.

Dubbi e sospetti

Le domande che ruotarono attorno alla scomparsa di De Mauro furono molte: dal perché ormai passato alle notizie sportive venne rapito, al dubbio che conoscesse la persona che salì nella sua macchina quella sera (poiché la figlia raccontò che non ci fu alcuna violenza o intimidazione); e ancora il perché lasciare la macchina a pochi chilometri da casa.


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Junio Valerio Borghese, organizzatore del golpe, nel Settanta.

Il 26 gennaio 2001, sul quotidiano la Repubblica comparve un articolo dal titolo “De Mauro venne ucciso perché sapeva del golpe”. Secondo questa ipotesi De Mauro fu rapito e ucciso per evitare di rivelare ciò che sapeva sul, con la complicità di Cosa Nostra, della notte dell’8 dicembre del 1970. A rivelarlo furono due collaboratori di giustizia: Francesco Di Carlo e Gaspare Mutolo.

De Mauro veniva guardato con sospetto dagli ambienti della destra, non solo per il suo inserimento nel giornale L’Ora e quindi il suo avvicinamento all’ambiente comunista, ma anche per il suo passato pieno di dubbi; era visto quasi come un traditore.

Processo

Il processo sul caso De Mauro ebbe inizio nel 2006, e vide come unico imputato Totò Riina. Tuttavia, nel 2011, la sentenza di primo grado assolse quest’ultimo. Per la sentenza, De Mauro fu assassinato perché aveva scoperto qualcosa di importante sull’omicidio di Enrico Mattei.


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Il 28 agosto 2013 Totò Riina, intercettato nel carcere di Milano, parlò dell’omicidio di Mauro De Mauro. Per lui il mandante dell’omicidio fu Stefano Bontate, il principe di Villagrazia che proprio Riina fece uccidere nel 1981. La sentenza di primo grado venne confermata in appello il 27 gennaio 2014.

Il 4 giugno 2015 la Corte di Assise di Palermo assolse ancora una volta Totò Riina dall’accusa di essere il mandante del sequestro e dell’omicidio di De Mauro. I giudici ritennero poco attendibile l’ipotesi insinuata dai due collaboratori di giustizia (quella sul colpo di Stato).

Il racconto di Naimo

Il 27 Febbraio 2017 la Repubblica esordisce con il titolo “Mauro De Mauro, ‘Ecco dov’è il suo corpo’ Quarantanni dopo un pentito svela il giallo”, il quotidiano fa riferimento al pentito Rosario Naimo, l’alter ego di Totò Riina in America che collaborava – e collabora tutt’ora – con i magistrati palermitani.


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Rosario Naimo in una vecchia foto.

Con i suoi retroscena, Naimo ha gettato luce su centinaia di omicidi e affari, così, tre anni ha esposto le sue prime rivelazioni correlate al processo per l’omicidio del giornalista de L’Ora: «fu portato a fondo Patti, in una proprietà dei Madonia. C’era Totò Riina ad attenderlo. Il giornalista fu subito soppresso e gettato in un pozzo».

Per queste sue scottanti dichiarazioni, qualcuno ha già soprannominato “l’ultimo Buscetta” e, infatti, Naimo risulta essere un pezzo importante della storia criminale siciliana. Pochi giorni dopo il suo arresto ha deciso di collaborare con la magistratura: «Lo faccio per amore della mia giovane moglie e dei due figli che mi ha dato» e da allora il boss sta svelando i retroscena di centinaia di omicidi, di affari e complicità, tra questi c’è anche la sua dichiarazione sul caso De Mauro rilasciata al duo Demontis-Ingroia.

Il caso è ancora irrisolto

Nonostante questa grande rivelazione, il sistema di giustizia italiana non è riuscito ancora a giungere alla conclusione del caso. Al momento l’epilogo della sparizione di Mauro De Mauro è stata l’assoluzione di Totò Riina avvenuta nel 2015 con la formula «per non aver commesso il fatto».


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La penna di De Mauro rappresenta tutt’oggi il simbolo della lotta della lotta all’omertà, qualsiasi sia l’obbedienza, qualsiasi sia la forma di oppressione. Sono messaggi forti, di coraggio, idee di uguaglianza e di educazione, prodotte da un uomo che – attraverso il suo  lavoro è riuscito a fronteggiare a viso aperto un sistema di potere fortemente connesso con gli apparati dello stato e, da allora, giungono in mente le sue fatidiche:

“Ho uno scoop che farà tremare l’Italia!”.

A cinquant’anni dalla sua scomparsa, il caso De Mauro aggiunge un ulteriore tassello alla lista dei misteri italiani, esso, infatti, nasconde in seno una serie di vicende e retroscena che lasciano ancora perplessi tutti, specialmente chi – col cuore in gola – continua a soffrire per la sua prematura scomarsa.

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