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Caso Santanchè, quali sono le accuse contro la ministra

Il caso politico che coinvolge Daniela Santanchè, senatrice di FdI e ex ministra del Turismo, ha generato richieste di dimissioni da parte dell’opposizione e tensioni all’interno della maggioranza, portando alla decisione di un confronto in Parlamento programmato per il 5 luglio.

Caso Santanchè, quali sono le accuse contro la ministra

Tutto è scaturito da un’inchiesta giornalistica trasmessa il 19 giugno dal programma televisivo “Report” su Rai3. Secondo Santanchè, questa inchiesta risulterebbe “privata di corrispondenza con la verità storica” e avrebbe come obiettivo quello di screditare la sua immagine e reputazione. Nel servizio di Report sono state chiamate in causa le attività imprenditoriali di Ki group (acquistata nel 2006 da Santanchè insieme all’ex compagno Canio Mazzaro imprenditore farmaceutico) e di Visibilia.

Il nodo Ki group

Ki Group, che era sotto la gestione della ministra fino al 2022, è un’azienda che si occupa di alimenti biologici. Secondo quanto rivelato da “Report”, tra il 2018 e il 2019 l’azienda avrebbe accumulato debiti verso i fornitori che superavano gli 8 milioni di euro, generando uno squilibrio rispetto agli attivi del bilancio. Di fronte a questa situazione, è stata creata una nuova società chiamata Ki Group Srl, nella quale sono state concentrate le attività funzionanti dell’azienda, lasciando fuori le passività. Questo ha causato difficoltà a diversi fornitori, tra cui At&t, che si è trovata costretta a cedere il marchio Verde Bio a un prezzo molto vantaggioso per Santanchè.

“Report” ha intervistato persone che lavoravano per Ki Group e che tuttora non hanno ricevuto il trattamento di fine rapporto (TFR), ovvero il pagamento della liquidazione. Inoltre, secondo quanto emerso dall’inchiesta, ci sono state operazioni considerate poco trasparenti, come l’affitto di un appartamento a Milano pagato 100.000 euro all’anno, registrato come “ufficio di rappresentanza”. Nel frattempo, il valore delle azioni dell’azienda in Borsa è crollato da una capitalizzazione di 35 milioni di euro a soli 470.000 euro, e la procura della Repubblica di Milano ha aperto un’indagine sui conti e sulla struttura societaria dell’azienda.

Le attività di Visibilia

Santanchè ha attirato l’attenzione come imprenditrice principalmente attraverso la sua partnership con Flavio Briatore. Insieme hanno gestito il famoso stabilimento balneare Twiga a Forte dei Marmi, in Toscana, e hanno lanciato il marchio Billionaire, legato al celebre locale di Porto Cervo in Sardegna. È importante precisare che nessuna di queste attività è coinvolta nell’inchiesta di Milano.

Tuttavia, l’interesse di Santanchè nel campo della comunicazione d’impresa risale alla metà degli anni Duemila. In quel periodo ha fondato Visibilia Pubblicità, un’agenzia che si occupava di gestire le inserzioni pubblicitarie per conto dei quotidiani. In seguito, ha deciso di concentrarsi maggiormente su iniziative editoriali e ha fondato Visibilia Editrice, che in seguito è stata quotata in Borsa. Santanchè è stata azionista di maggioranza dell’azienda fino alla sua nomina nel governo Meloni e ne è stata presidente fino a gennaio 2022.

Il dissesto patrimoniale

Nel 2013 rileva da Mondadori la rivista Ville e giardini, nel 2014 Pc professionale e Ciak, e quindi, dopo aver comprato la società di comunicazione Pms, nel 2015 acquista da Rcs Mediagroup i settimanali Visto e Novella 2000, poi in un paio d’anni liquidati con licenziamento dei giornalisti, insieme alla società Visibilia magazine che materialmente li pubblicava.

Report alcuni ex dipendenti del gruppo hanno raccontato di una persona in cassa integrazione a zero ore che in realtà continuava a lavorare perché “non era stata avvertita”. Nel 2019 è costituita Visibilia concessionaria, senza grandi risultati. Nel complesso, il gruppo editoriale di Santanchè non riesce a godere di buona salute e per cercare di rimediare vengono ceduti rami di azienda e decisi accollamenti di debiti all’esterno, ma le perdite aumentano comunque. Gli squilibri finanziari condurranno così al «dissesto patrimoniale significativo» e all’istanza fallimentare di Visibilia editrice.

Bancarotta e falso in bilancio

La situazione è stata innescata da alcuni azionisti di minoranza che hanno deciso di rivolgersi alle autorità giudiziarie per temere che potessero essere state commesse o ripetute irregolarità di natura penale.

Nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Milano, la ministra è stata indagata per bancarotta e falso in bilancio relativamente alle comunicazioni finanziarie del periodo 2016-2020. Al fine di eliminare l’ipotesi di bancarotta, è stata presentata una proposta all’Agenzia delle entrate per pagare un importo di 1,2 milioni di euro diluito in dieci anni, al fine di revocare la dichiarazione di fallimento della società Visibilia Srl. Questa proposta segue l’esempio di altre società del gruppo che nel tempo sono riuscite a ripianare i propri debiti.

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