Almanacco

Il 19 luglio del 1985 si verificò la catastrofe della Val di Stava, una delle più grandi tragedie del Trentino

La catastrofe della Val di Stava fu un’inondazione di fango che si verificò il 19 luglio 1985 nella val di Stava in Trentino che provocò la morte di 268 persone. L’inondazione fu causata del cedimento degli argini dei bacini di decantazione della miniera di Prestavel, che causarono la fuoriuscita di circa 180000 m 3 di fango, che travolsero violentemente l’abitato di Stava, nel comune di Tesero. È nota per essere stata una delle più grandi tragedie che abbiano colpito il Trentino-Alto Adige in epoca moderna.

19 luglio 1985: si verificò la catastrofe della Val di Stava

Alle ore 12:22:55 del 19 luglio 1985 l’argine del bacino superiore della Val di Stava cedette e crollò sul bacino inferiore che cedette a sua volta. La massa fangosa composta da sabbia, limi e acqua scese a valle a una velocità di quasi 90 chilometri orari spazzando via persone, alberi, abitazioni e tutto quanto incontrò fino a che non raggiunse la confluenza con il torrente Avisio. Poche fra le persone investite sopravvissero.


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Dalla sentenza-ordinanza del giudice istruttore del Tribunale di Trento, Carlo Ancona, del 25 maggio 1987: «Se a suo tempo fosse stata spesa una somma di denaro e una fatica pari anche soltanto ad un decimo di quanto si è profuso negli accertamenti peritali successivi al fatto, probabilmente […] il crollo di quasi 170 mila metri cubi di fanghi semifluidi non si sarebbe mai avverato».

I soccorsi furono immediati ed efficienti ma pochissimi furono i feriti e le persone estratte vive dalle macerie: la violenza e la velocità della colata di fango non avevano concesso scampo. 267 morirono sul colpo e solo una ragazza estratta ancora in vita dalle macerie di uno degli alberghi di Stava sopravvisse per pochi giorni. Il numero esatto dei morti del disastro di Stava fu accertato solo un anno dopo la catastrofe. Molte salme infatti non poterono essere riconosciute e fu quindi necessario ricorrere alla dichiarazione di morte presunta.

Fatti antecedenti

In oltre 20 anni le discariche non furono mai sottoposte a serie verifiche di stabilità da parte delle società concessionarie o a controlli da parte degli Uffici pubblici cui compete l’obbligo del controllo a garanzia della sicurezza delle lavorazioni minerarie e dei terzi.


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La mappa del luogo dove accadde il disastro.

La Commissione ministeriale d’inchiesta e i periti nominati dal Tribunale di Trento accertarono che: «tutto l’impianto di decantazione costituiva una continua minaccia incombente sulla vallata. L’impianto è crollato essenzialmente perché progettato, costruito, gestito in modo da non offrire quei margini di sicurezza che la società civile si attende da opere che possono mettere a repentaglio l’esistenza di intere comunità umane. L’argine superiore in particolare non poteva che crollare alla minima modifica delle sue precarie condizioni di equilibrio».

I soccorsi

All’opera di soccorso parteciparono oltre 18 000 uomini, di cui oltre ottomila Vigili del Fuoco volontari del Trentino e quattromila militari del 4º Corpo d’armata alpino. Primi ad accorrere furono i Vigili del Fuoco volontari di Tesero e della Valle di Fiemme. Quindi, nel giro di poche ore, tutti i corpi dei Vigili del Fuoco volontari del Trentino, numerosi corpi dei Vigili del fuoco volontari dell’Alto Adige e quelli permanenti di Trento e di Bolzano, Croce rossa, Croce bianca, personale dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza e del Corpo forestale, unità cinofile, sommozzatori e centinaia di volontari. Il loro lavoro venne coadiuvato da 19 elicotteri, 774 automezzi, 137 mezzi speciali, 16 gru a braccio lungo, 72 fotoelettriche, 5 battelli, 26 ambulanze, 27 cucine da campo, 144 radio portatili e 4 ponti radio. Presso il municipio di Tesero fu istituito un quartier generale della protezione civile dal quale coordinò i soccorsi lo stesso ministro per la protezione civile Giuseppe Zamberletti.


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La valle dopo il disastro.

La maggior parte delle vittime fu recuperata nelle prime ore, ma la ricerca si protrasse per tre settimane. Le salme furono composte prima nella palestra delle scuole elementari di Tesero; la camera ardente venne successivamente allestita nella Pieve di Santa Maria Assunta a Cavalese. Lo straziante rito del riconoscimento continuò poi fino alla metà di agosto in ambienti climatizzati ad Egna. Tanti non poterono tuttavia essere riconosciuti. Furono quasi mille i volontari della Croce rossa italiana che si prodigarono per giorni e giorni nella pietosa opera di recupero delle salme e del loro trasporto alle camere mortuarie.

La miniera

La miniera di Prestavel è situata sulle pendici meridionali del monte Prestavel nel massiccio di Santa sovrastante la valle di Stava. Venne sfruttata in modo saltuario fin dal XVI secolo per la produzione di galena argentifera. Nel 1934 venne accertato l’interesse estrattivo di alcuni filoni di fluorite. Venne gestita dopo la seconda guerra mondiale dalla società Montecatini, alla quale subentrarono fino al 1978 società del gruppo Montedison e quindi dei gruppi EGAM ed Eni. Dal 1980 al 1985 fu gestita dalla società Prealpi mineraria.


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La galena è un minerale che veniva prodotto presso la miniera di Prestavel.

Al di sopra dell’abitato di Stava, in località Pozzole, venne costruito nel 1961 il primo bacino di decantazione, dove veniva fatto decantare il materiale di scarto della miniera. L’argine di tale bacino dai progetti iniziali che lo limitavano a 9 m, superò i 25 m. Dal 1969 fu realizzato un secondo bacino di decantazione, a monte del primo. Complessivamente, tra bacino inferiore e superiore si arrivò a circa 50 m di argine.