Il Tribunale di Nocera Inferiore ha incaricato un perito arabo di trascrivere alcune intercettazioni fondamentali per un’inchiesta su finti matrimoni tra cittadini italiani e marocchini. Le intercettazioni coinvolgono una donna marocchina, E.Y.S., imputata insieme a G.S., un uomo di 57 anni di Nocera Inferiore. Le conversazioni registrate, tra la donna e alcuni suoi connazionali, sono ritenute cruciali per il proseguimento del processo, che riprenderà a gennaio come riportato dall’edizione odierna del quotidiano Il Mattino.
Cava de’ Tirreni, matrimoni finti tra italiani e marocchini: arriva il perito arabo
L’indagine, condotta dalla divisione anticrimine del commissariato di polizia di Cava de’ Tirreni, riguarda un presunto giro di matrimoni fittizi finalizzati al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tra Cava e l’Agro nocerino. Secondo le accuse, G.S. e la donna marocchina sarebbero stati al centro di un’organizzazione che, dietro pagamento di elevate somme di denaro, organizzava matrimoni di comodo tra cittadini italiani e marocchini clandestini per ottenere permessi di soggiorno.
In origine, oltre ai due imputati, erano state coinvolte altre 34 persone, ma le loro posizioni sono state successivamente stralciate. Le indagini avevano preso avvio nel 2012, quando la polizia di Cava de’ Tirreni aveva iniziato a monitorare la reale convivenza tra italiani e stranieri che avevano contratto matrimonio all’estero e cercavano di entrare in Italia regolarmente.
L’inchiesta
Sono stati scoperti almeno 19 matrimoni ritenuti “di facciata”, con pagamenti fino a 10mila euro da parte di chi voleva ottenere il permesso di soggiorno. Gli organizzatori si occupavano di tutti i dettagli: dai documenti necessari alla celebrazione del matrimonio, fino alla preparazione della cerimonia e del banchetto, per rendere l’evento il più realistico possibile. Inoltre, mettevano a disposizione appartamenti per le “nuove coppie” e gestivano le pratiche per ottenere la residenza anagrafica, in modo da aggirare i controlli della polizia, che verificava la reale convivenza.
Durante il periodo necessario per ottenere il permesso di soggiorno, i marocchini venivano supportati con tutto il necessario, dai cellulari al cibo, fino alle schede telefoniche. L’obiettivo, secondo la Procura, era mantenerli dipendenti e “invisibili” agli occhi delle autorità. Molti di coloro che partecipavano a questi matrimoni lo facevano per motivi economici, e alcuni arrivavano persino a chiedere di sposarsi una seconda volta per regolarizzare la loro situazione. Il processo proseguirà con l’analisi delle intercettazioni in lingua araba, che potranno fornire ulteriori dettagli sull’operato dell’organizzazione.