Si pensava che il Celacanto fosse estinto sin dal Cretaceo, fino a quando un esemplare venne pescato il 25 dicembre del 1938 in Sudafrica, nell’Oceano Indiano all’altezza della foce del fiume Chalumna.
Dei pescatori in Sudafricano pescano il Celacanto, l’animale era ritenuto estinto nel Cretaceo
Il celacanto non è solo una delle specie ittiche più antiche del mondo, ma anche uno dei pesci che vivono più a lungo: secondo una ricerca appena pubblicata sulla rivista Marine Biology, il celacanto può vivere cent’anni e più.
Fino al 1938, quando un celacanto vivo e vegeto venne trovato al largo delle coste africane, gli studiosi erano convinti che la specie si fosse estinta 65 milioni di anni fa assieme a un’intera linea evolutiva di pesci preistorici.
Dopo la sua “riscoperta” furono individuate svariate popolazioni in varie parti dell’Oceano Indiano e nel Pacifico occidentale; non si sapeva però se queste popolazioni fossero collegate o meno tra loro.
«Questi pesci venivano continuamente avvistati, ma ciò non ci diceva nulla riguardo la loro popolazione, su quanti ce ne fossero, o se si trattasse soltanto di individui che vagavano solitari in varie parti dell’oceano», spiega il responsabile della ricerca, l’etologo Hans Fricke.
Il primo ritrovamento in Sudafrica
La prima prova dell’esistenza di celacanti viventi si ebbe nel 1938 quando Marjorie Courtenay-Latimer, curatrice di un museo di East London, Sudafrica, nell’esaminare il bottino di pescatori locali alla ricerca di fauna marina insolita, si imbatté in uno strano pesce blu fra il pescato di una barca di pescatori andati a caccia di squali nell’Oceano Indiano all’altezza della foce del fiume Chalumna. Dopo aver riportato il pesce al museo, si accorse che non era in grado di classificarlo e così decise di chiedere informazioni al collega professor James Leonard Brierley Smith; nel frattempo il pesce fu imbalsamato da un tassidermista e quando Smith ne vide le spoglie lo identificò come un celacanto, un genere noto a quel tempo solo da esemplari fossili. La specie del pesce fu chiamata Latimeria chalumnae, in onore della scopritrice e delle acque in cui fu pescato, e da allora il celacanto viene considerato un fossile vivente.
Le Comore
A quel punto fu organizzata una ricerca mondiale per nuovi esemplari di celacanto, con un premio in denaro di 100 sterline, una somma decisamente ragguardevole per i pescatori africani dell’epoca. Quattordici anni dopo fu trovato un esemplare alle Comore: si pensava che fosse un altro ritrovamento unico, ma si scoprì che il pesce era noto agli abitanti delle Comore: i pescatori dell’isola di Anjouan non riuscivano infatti a capire perché fosse valutato tanto un pesce immangiabile come quello, da loro chiamato gombessa o mame, che ogni tanto finiva nelle loro reti per sbaglio. Oggi tuttavia sono ben consci dell’importanza della scoperta e del fatto che si tratti di una specie in pericolo e, ogniqualvolta un celacanto viene pescato, subito viene ributtato in mare.
Il secondo esemplare, pescato nel 1952 dal pescatore Ahmed Hussain, fu inizialmente catalogato come una specie del tutto diversa, Malania anjounae (nome derivato da Daniel François Malan, primo ministro del Sudafrica ai tempi, e dall’isola di Anjouan), ma in seguito si scoprì che la mancanza della pinna dorsale era dovuta soltanto a un incidente avvenuto in giovane età all’esemplare. Ironicamente, Malan era un creazionista, e dopo aver scoperto che il supposto antenato di tutte le forme di vita terrestri era stato battezzato col suo nome, ebbe una reazione di insofferenza e disgusto.
La seconda specie
Nel 1997, Arnaz e Mark Erdmann stavano godendosi la loro luna di miele in Indonesia quando, al mercato di Manado Tua sull’isola di Sulawesi, si accorsero della presenza sulle bancarelle di quello che sembrava un gombessa, ma era marrone anziché blu. Dopo che un esperto ebbe notato la foto del pesce da loro pubblicata su internet, si procedette ai test del DNA, che dimostrarono che quella specie, chiamata dagli indonesiani Rajah laut (re del mare), non era la medesima del celacanto delle Comore; la nuova specie fu chiamata Latimeria menadoensis.
L’area marina protetta di St. Lucia in Sudafrica
Il 28 ottobre 2000, nelle acque protette dell’area di St. Lucia, al confine con il Mozambico, i tre sommozzatori Pieter Venter, Peter Timm, e Etienne le Roux trovarono un celacanto alla profondità di 104 metri. Dopo essersi autorinominati “SA Coelacanth Expedition 2000”, il gruppo ritornò alla carica, questa volta dotato di equipaggiamento fotografico e altri sommozzatori pronti a seguirli. Il 27 novembre quattro di essi (Pieter Venter, Gilbert Gunn, Christo Serfontein e Dennis Harding) trovarono 3 celacanti, dei quali uno era lungo tra 1,5 e 1,8 metri, mentre gli altri misuravano circa 1/1,2 metri. I subacquei riuscirono a fotografare e filmare gli animali, ma una volta riemersi Dennis Harding morì a causa di un’embolia cerebrale nello sforzo di aiutare Christo Serfontein che aveva momentaneamente perso conoscenza.
Fra il marzo e l’aprile del 2002, il sommergibile Jago e il gruppo di sommozzatori Fricke Dive Team riuscirono a trovare nella stessa zona un gruppo di 15 celacanti, di cui una femmina incinta, riuscendo anche a raccogliere campioni di tessuto degli animali.