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Il 12 marzo 1955 ci lascia Charlie Parker: leggendario jazzista statunitense

Charles “Charlie” Parker, Jr. (Charles “Bird” Parker, Jr.) è stato un sassofonista e compositore statunitense di musica jazz, uno dei padri fondatori del movimento musicale chiamato bebop, oltre che per la sua padronanza della tecnica sassofonistica.

12 marzo 1955: muore Charlie Parker, jazzista statunitense

Nato a Kansas City il 29 agosto del 1920, Charlie Parker fu cresciuto dalla madre la quale gil regalò il primo sassofono in giovanissima età, un gesto d’affetto per un bambino da poco abbandonato dal padre. Charlie vi si dedicò anima e corpo, iniziò studiando prima a scuola poi, avido di nozioni, girò per i club della sua città fino a che, per seguire la sua passione, abbandonò gli studi regolari all’età di quindici anni. La prima occasione di farsi conoscere fu durante una jam session alla House of Swing di Kansas City, locale noto anche come Reno Club, nel 1937.

I primi approcci alla musica

La porta sul retro del Reno Club, che era situato tra una stazione di polizia e un bordello, permetteva ai musicisti in attesa di salire sul palco quando fosse stato il loro turno di suonare con la band di Count Basie.



Anche Charlie Parker stazionò dietro quella porta ed ebbe la sua occasione di esibirsi, a soli 16 anni, dando inizialmente una buona prova di sé improvvisando sulla progressione di I got rythm ma in breve, a causa della sua inesperienza e incalzato dal batterista, uscì dal pezzo e quello che poteva essere il suo trionfo si trasformò in una disfatta con tanto di risate del pubblico.

Era ancora presto per il giovane Charlie che tuttavia non si diede per vinto ma continuò a studiare per ore e ore ogni giorno sotto la guida di un vecchio musicista di Kansas City e ispirato da Lester Young ma anche alla ricerca di suo suono distintivo.

In quello stesso periodo Parker, sebbene minorenne, sposò una ragazza poco più grande di lui, di nome Rebecca Ruffin.



Le origini del suo soprannome, Yardbird o più spesso Bird, sono controverse, legate forse a un pollo (yardbird, uccello di cortile) investito dal sassofonista e poi cucinato e mangiato, o alla sua predilezione per le ali di pollo fritte o – più poeticamente – perché lui, grazie alla sua musica, poteva veramente volare.

Inizi

Purtroppo Charlie Parker non “volava” solamente musicalmente, iniziò infatti a sviluppare una forte dipendenza dalle droghe, dall’eroina in particolare, cosa che segnò la sua esistenza almeno quanto fece la musica ma in modo assai più invasivo e sicuramente tragico, tanto da portare alla conclusione il suo primo matrimonio (si sposò tre volte nella sua breve vita).



La causa di tutto fu un incidente stradale avvenuto nel 1936, pochi mesi dopo aver sposato Rebecca, nel quale riportò una frattura alla colonna vertebrale; per combattere i dolori, in ospedale gli furono somministrati degli oppiacei e una volta tornato a casa, ormai assuefatto, la moglie lo sorprese nell’atto di assumere eroina per via endovenosa:

«Lei si descrive mentre vede lui iniettarsi della droga “Prese una delle cravatte appese allo specchio, la mise intorno al braccio, e poi ha iniettato la droga“». Stanley Crouch, autore di Kansas City Lightning: The Life and Times of Charlie Parker – riguardo Rebecca nel periodo in cui era sposata con Parker.

Gavetta

Nel giro di un paio d’anni divenne un musicista abbastanza noto e decise, benché già padre, di iniziare a viaggiare e alla fine di dirigersi a New York lasciando a casa moglie e figlio. Iniziò così la sua carriera, vivendo e suonando di notte nella metropoli.



Tra il 1940 e il 1941 la scena jazzisitca di New York fu colpita dal sax contralto di Parker, uno strumento considerato sino ad allora di secondo piano che, di norma, accompagnava il piano, la tromba o il sax tenore, i tipici strumenti cui erano dedicati la maggior parte dei brani e degli assolo nelle formazioni di quel periodo. Tutto, dal fraseggio passando per la ritmica e le scale adoperate dal nostro furono gli elementi che lo contraddistinsero e lo fecero ben presto entrare in contatto con altre personalità musicali quali Dizzie Gillespie.

Dopo un breve ritorno a Kansas City – alla morte di suo padre –  Parker fece le sue prime incisioni, si esibì in un famoso concerto al Savoy Ballroom di Harlem e in seguito si unì proprio a Gillespie e Earl Hines. La sua partecipazione alla nuova band tuttavia fu caratterizzata da un atteggiamento poco disciplinato, dovuto alla dipendenza da droga e alcool e dalla vita estremamente sregolata; Parker arrivò persino ad addormentarsi sul palco o a mancare a dei concerti, motivo per il quale era previsto vi fosse un sassofonista “di riserva” nell’organico.

L’ascesa e l’età dell’oro

Le Big Band jazz ad ogni modo non erano il terreno ideale per il bopper e ben presto Parker iniziò a mettere insieme gruppi più ridotti, con lui a capo, per poter suonare e sperimentare il genere di cui è considerato il padre: il Bebop per l’appunto.



A metà anni quaranta si dedicò a diverse esibizioni e incisioni, anche con Gillespie, tra cui vanno ricordate All the things you are (noto standard jazz), Salt peanuts e, nel 1945, la celebre Ko-Ko. Risale sempre al 45 il viaggio in California per portare il nuovo sound anche nella west coast e, in concomitanza, anche l’aggravarsi della tossicodipendenza di Parker, oltre all’incontenibile necessità di alcool, per sopperire talvolta alla mancanza di eroina, e di cibo. Charlie non diede tregua al suo fisico minandone la salute sotto ogni profilo. Incise persino un brano chiamato Moose the mooche dedicato al suo spacciatore, con il quale risulta divise le royalties.

Ultimi “voli” e lotta alla droga

Nel 1946 le condizioni fisiche, ma soprattutto psichiche, di Bird erano allo stremo, ma riuscì comunque a convincere la propria casa discografica, la Dial Records, a effettuare delle sedute di registrazine poi divenute leggendarie. Il capo della Dial Records, Ross Russell, chiese e ottenne che fosse presente uno psichiatra per gestire la situazione e permettere che il lavoro andasse a buon fine. L’inzio fu piuttosto stentato ma quando arrivarono a incidere Lover man (brano allegato al post), dopo un paio di pillole somministrate a Charlie dal medico, tutta la vena creativa del musicista di Kansas City si riversò in una traccia rimasta epica.



Cercò in vano per anni di uscire dalla dipendenza, nel 1947 era piuttosto sobrio e suonava con il classico quintetto nel quale routaronp anche Miles Davis (con Miles incise Ornithology, sua composizione poi divenuta uno standard) e Max Roach, ma non riuscì veramente mai a emanciparsi dall’eroina. Si sposò altre due volte, l’ultima con Chan Richardson, alla quale dedicò una sua composizione dal titolo Chan’s song e dalla quale ebbe una figlia. Proprio la morte prematura e dovuta alla polmonite della figlioletta causò in lui un tracollo psichico che lo costrinse, negli anni Cinquanta, a un lungo ricovero ospedaliero.

Uscito dall’ospedale tentò di riprendere a fare concerti, persino al Birdland di Manhattan, New York, locale a lui dedicato sito all’epoca nella 52ma strada, ma senza successo e soprattutto senza la grande spinta creativa che lo aveva portato in auge nel decennio precedente.

Morte

Nel marzo del 1955, a casa di un’amica e mecenate, tale baronessa Nica Rothschild de Koenigswarter, Yardbird morì seduto in poltrona, davanti al televisore: il fisico ormai compromesso non era stato in grado di far fronte alla polmonite che aveva colpito anche lui, come la figlia.


Da sinistra a destra: Tommy Potter, Charlie Parker, Max Roach (quasi nascosto da Parker), Miles Davis e Duke Jordan, ritratti da William P. Gottlieb al Three Deuces, sulla Cinquantaduesima strada, intorno all’agosto del 1947.

Dicono che quando il medico legale lo vide, gli attribuì un’età ben più avanzata dei soli 35 anni che in realtà portava sulle spalle. L’uccellino incendiario del Bebop si era ormai spento.

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