Andare a Canossa è un’espressione che significa fare riferimento a un episodio avvenuto a Canossa (Reggio Emilia) nel 1077. Nel corso della cosiddetta lotta per le investiture, papa Gregorio VII aveva scomunicato Enrico IV, imperatore del Sacro Romano Impero; allo scopo di essere perdonato dal pontefice, l’imperatore si recò presso il castello di Matilde di Canossa dove, grazie all’intercessione della stessa, sarebbe stato ricevuto dal papa. Prima di essere ricevuto e perdonato, però, Enrico IV dovette attendere tre giorni e tre notti, durante il rigido inverno, scalzo, vestito con soltanto un saio e con il capo cosparso di cenere.
Che cosa significa “andare a Canossa”
L’episodio sopra riportato è noto come “umiliazione di Canossa” e il modo di dire “andare a Canossa” che da esso è derivato è oggi utilizzato con il significato di umiliarsi, chiedere perdono, fare penitenza.
Di seguito si riportano alcuni esempi dell’utilizzo dell’espressione tratti da articoli di quotidiani diffusi a livello nazionale.
(“La sensazione è che l’apertura del segretario del Partito democratico a una coalizione «la più ampia possibile» sia stata fatta fuori tempo massimo, quando ormai il dentifricio è uscito dal tubetto. Raccontano che il leader dem sia convinto che, messi alle strette, a dicembre, prima dello scioglimento delle Camere, alla fine gli scissionisti saranno costretti ad andare a Canossa e accettare le condizioni di un accordo elettorale che ora sdegnosamente respingono“; La Stampa, 14 novembre 2017).
(“Quando la realtà supera l’immaginazione. Respinti, e meno male, dal gruppo liberale del Parlamento europeo, i Cinquestelle tornano con la coda fra le gambe a Canossa da Farage“; Il Fatto Quotidiano, 13 gennaio 2017).
(“Andare a Canossa per scongiurare il peggio, ripartendo da dove tutto è cominciato: lo strappo in Consiglio dei ministri sul Recovery plan. Ricucire la tela lacerata da Renzi, con il beneplacito delle altre forze di maggioranza, portando sul tavolo della verifica una nuova bozza del piano nazionale di ripresa, riscritta da Palazzo Chigi ma aperta alle modifiche suggerite dai partiti“; la Repubblica, 22 dicembre 2020).