Luigi Vanvitelli è nato a Napoli il 12 maggio 1700 ed è considerato un maestro dell’architettura italiana. Il vero nome è Lodewijk van Wittel, figlio del famoso pittore olandese Gaspare van Wittel, italianizzato in Vanvitelli.
Luigi Vanvitelli: vita e opere del maestro dell’architettura
Vanvitelli è considerato uno dei maggiori interpreti del periodo del Rococò e del Classicismo. Durante la sua vita e carriera eseguì un cospicuo numero di opere che ancor oggi caratterizzano il paesaggio di varie città italiane: a Caserta la scenografica Reggia, alla quale il suo nome è tuttora indissolubilmente legato, e l’imponente acquedotto Carolino, ad Ancona il grande Lazzaretto, su un’isola artificiale pentagonale da lui realizzata, e la chiesa del Gesù;
a Napoli il Foro Carolino, il palazzo Doria d’Angri e la scala nella villa de Campora Gaudiosi a Cercola, la basilica della Santissima Annunziata e l’oratorio della Scala Santa, a Roma il difficile restauro della Basilica di Santa Maria degli Angeli.
Si affermò in seguito alla partecipazione ai concorsi per la Fontana di Trevi e per la facciata di San Giovanni in Laterano: i suoi progetti, pur non risultando vincitori, furono molto apprezzati e ne rivelarono l’estro artistico.
Molto attivo in centro Italia, in particolare ad Ancona e a Roma, per poi essere assunto al servizio di Carlo di Borbone per il quale realizzò, a partire dal 1752, la Reggia di Caserta. Nel 2016 gli è stata intitolata l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.
La Reggia di Caserta
Il 1751 costituisce un punto di svolta per Vanvitelli. Carlo di Borbone aveva intenzione di costruire una nuova residenza reale che emulasse Versailles nei pressi del borgo medievale di Casertavecchia. Dopo aver bocciato il progetto di Mario Gioffredo, anacronistico e privo di qualità estetiche, Carlo di Borbone pensò di affidare l’esecuzione del palazzo a Nicola Salvi; le precarie condizioni di salute di quest’ultimo, tuttavia, fecero indietreggiare il sovrano dal primitivo proposito e lo spinsero ad affidare l’incarico nel gennaio 1751 proprio al Vanvitelli, anche perché Ferdinando Fuga in quegli anni era impegnato nella realizzazione del Real Albergo dei Poveri.
Vanvitelli fu ben felice di accettare l’invito di Carlo di Borbone e l’architetto raggiunse rapidamente Napoli ed effettuò un sopralluogo a Caserta, per poi avviare in brevissimo tempo la progettazione del palazzo commissionatogli. Dopo un breve ritorno in centro Italia, dove erano in corso diversi lavori, Vanvitelli ultimò finalmente i disegni definitivi e li presentò ai Sovrani, che furono subito infiammati dall’entusiasmo.
Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo, non si stancava mai di osservare, di chiedere, di guardare, e alla fine richiese espressamente a Vanvitelli l’elaborazione di un “disegno per la Città di Caserta e le strade, perché chi vi averà da fabricare vi fabrichi con buona direzione, né più alto né più basso, ma tutto con ordine“.
La costruzione della Reggia
Prima di iniziare la costruzione del complesso, Vanvitelli concordò con Carlo di Borbone la stampa di un vasto programma iconografico di comunicazione, così da mostrare a tutte le corti europee la grandiosità del sovrano di Napoli. Nel frattempo, Vanvitelli prese alloggio a Caserta nel Palazzo dell’Intendente, presso il Boschetto.
In poco più di un mese venne organizzato il cantiere della Reggia, e la posa della prima pietra venne celebrata in una solenne cerimonia tenutasi il 20 gennaio 1752, giorno genetliaco del Re. Sulla pietra Vanvitelli fece incidere un distico latino scritto dall’amico Porzio Lionardi per alludere alla perpetuità che si volle presagire al palazzo e alla stirpe borbonica che recita “Stet Domus, et Solium, et Soboles Borbonia, donec Ad superos propria vi lapis hic redeat“, tradotto “Da Reggia, il Soglio, il Regal Germe regga, Finché da se la pietra il Sol rivegga“.
Pochi giorni dopo l’inaugurazione del cantiere Vanvitelli iniziò un lungo e laborioso lavoro di ricerca delle sorgenti, così da garantire il funzionamento dei giochi d’acqua delle Reali Delizie e l’approvvigionamento idrico dell’intero complesso: alla ricerca delle sorgenti anticamente utilizzate dall’acquedotto romano dell’Acqua Giulia, l’architetto si spinse lontano da Caserta, sino a giungere nell’ubertosa valle Caubdina, ove trovò le sorgenti del Fizzo, alle falde del monte Taburno.
Gli ultimi anni di attività
Vanvitelli, sfiduciato dalla lentezza della costruzione della “sua fabrica“, dall’apparire dei primi problemi di salute e soprattutto dagli intrighi di corte, in questo periodo raramente si allontanò da Caserta, preferendo rimanere nella sua abitazione del quartiere della Santella, adiacente alla chiesetta di Sant’Elena.
La sua fu tutt’altro che una vecchiaia di ozi, tanto che anche nella tarda età fu preso da incombenze e impegni. Nel 1769 fu infatti chiamato a Milano per il restauro del palazzo vicereale, commissione per la quale propose un’armonizzazione della facciata della fabbrica con il Duomo dirimpettaio e un riassetto urbanistico della zona circostante: il progetto, tuttavia, non piacque, e Vanvitelli tornò in Sud Italia lasciando l’incarico allo scolaro Giuseppe Piermarini, che lo aveva seguito nel viaggio.
Intanto, Vanvitelli ritornò ad occuparsi di scenografia, allestendo nel 1766 gli apparati effimeri per il matrimonio di Ferdinando IV con Maria Giuseppa, e, dopo la morte di questa, con Maria Carolina, celebrato nel 1768. Fu così che si concluse la laboriosa carriera di Vanvitelli: quest’ultimo, ormai stanco e afflitto, si ritirò definitivamente a Caserta, dove morì duramente provato nel fisico il 1º marzo 1773.
La morte
Quasi dimenticato, fu sepolto nella chiesa di San Francesco di Paola, nelle immediate vicinanze della reggia di Caserta da lui progettata. Le iscrizioni funebri furono commissionate allo storico casertano Francesco Daniele.