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Chi è Giorgio Pietrostefani, il fondatore di Lotta Continua arrestato in Francia | I nomi degli altri ex terroristi arrestati

Chi sono gli ex terroristi delle Brigate Rosse arrestati in Francia? Tra gli arrestati figura Giorgio Pietrostefani, di Lotta Continua ma non solo. In manette sono finiti Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, tutti delle Brigate Rosse, e Narciso Manenti dei Nuclei Armati contro il Potere territoriale. Risultano invece ancora in fuga i vari Luigi Bergamin, Maurizio Di Marzio e Raffaele Ventura.

Brigate Rosse, chi sono gli ex terroristi arrestati in Francia? La storia di Giorgio Pietrostefani 

Giorgio Pietrostefani, nato a L’Aquila il 10 novembre 1943 è un attivista, scrittore ed ex dirigente d’azienda italiano. È stato il fondatore con Adriano Sofri di Lotta Continua ed è stato condannato a 22 anni, con Sofri, come mandante dell’omicidio Calabresi, del quale si dichiara innocente, come gli altri imputati (ad eccezione di Leonardo Marino).

Ha scontato solo una minima parte della pena (circa 2 anni) essendosi poi rifugiato in Francia protetto dalla dottrina Mitterrand. La pena (ridotta a 16 anni da alcuni indulti, quindi 14 anni da scontare) si prescriverà nel 2027 (non è stata contestata l’aggravante di attentato a fini di eversione, ma il reato comune di concorso morale in omicidio).



Chi è Giorgio Pietrostefani: la biografia

Figlio di Stanislao Pietrostefani, prefetto di Arezzo, negli anni ’60 aderì al movimento studentesco e poi fondò con Adriano Sofri il gruppo di sinistra extraparlamentare Lotta Continua, di cui fu responsabile in capo del servizio d’ordine. Laureato in architettura, dopo la fine del periodo degli anni di piombo, abbandonò l’ideologia marxista, rinnegò come “fanatiche” molte delle idee precedentemente professate, e divenne dirigente d’azienda alle Officine Meccaniche Reggiane fino al 1988, quando fu arrestato la prima volta

Secondo la sentenza definitiva, nel 1972 Ovidio Bompressi, militante di Lotta continua, assieme ad un altro militante, Leonardo Marino, ha ucciso in un agguato il 17 maggio del 1972 a Milano il commissario di polizia Luigi Calabresi su mandato dei due leader dell’organizzazione Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani. Nell’agguato Bompressi colpì a morte il commissario, mentre Leonardo Marino guidò l’auto usata per la fuga.

La condanna si basa unicamente sulla testimonianza del pentito Marino, che fu inizialmente condannato a 11 anni di carcere, salvo poi veder ridotta la pena in quanto pentito, fino a che questa non cadde in prescrizione perché le more dei ricorsi del processo fecero scattare la prescrizione. L’altro presunto partecipante all’agguato e i due presunti mandanti, leader dell’organizzazione, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani furono condannati a 22 anni di reclusione. Pietrostefani, già residente in Francia dagli anni ’90, tornò volontariamente per il processo e fu arrestato nel 1997.

Scarcerato nel 1999 per la revisione del processo e condannato ancora nel 2000, per sottrarsi all’esecuzione della condanna definitiva si è reso latitante rifugiandosi nuovamente in Francia; gli è quindi stata accordata la protezione giuridica della dottrina Mitterrand. Non è mai stata presentata una formale richiesta di estradizione al governo di Parigi, e per la legge francese il reato è già prescritto.

Nel 2016 Pietrostefani ha subito un trapianto di fegato a causa di un tumore epatico e ha subito poi numerose operazioni e cure, essendo da allora in stato di immunosoppressione cronica, dovuta ai farmaci antirigetto. Nel 2019, dopo l’arresto di Cesare Battisti, politici italiani vicini al ministro degli interni Matteo Salvini affermano di voler chiedere l’estradizione alla Francia di diversi latitanti lì rifugiati, tra cui Pietrostefani che risiede a Parigi.

L’omicidio Calabresi

L’omicidio Calabresi è il nome con cui i mass media sono soliti riferirsi all’assassinio del commissario di polizia e addetto alla squadra politica della Questura di Milano, Luigi Calabresi, avvenuto il 17 maggio 1972 dinanzi alla sua abitazione per mano di un commando di due uomini con alcuni colpi di arma da fuoco.

Dopo un iter processuale particolarmente travagliato solo nel 1997 si giunse a una sentenza in Corte di Cassazione che condusse ad arresti e condanne definitive: questa individuò Ovidio Bompressi e Leonardo Marino (collaboratore di giustizia sulle cui parole si basò l’accusa) come esecutori materiali del delitto e Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri come mandanti sovversivi anti democratici e condannati per il reato di concorso morale in omicidio, ma senza l’aggravante del terrorismo. I quattro appartenevano all’epoca dell’omicidio alla formazione extraparlamentare Lotta Continua, della quale Sofri e Pietrostefani erano stati fondatori e che all’epoca erano avversari del commissario Calabresi da loro accusato della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli dopo la strage di piazza Fontana.



Contro la colpevolizzazione e la seguente condanna di Sofri, Bompressi e Pietrostefani si schierò un ampio movimento d’opinione politicamente trasversale, anche se particolarmente attivo nella sinistra, con risonanza anche fuori dall’Italia. Secondo tale movimento le contraddizioni del pentito Marino sarebbero tali da far dubitare del suo racconto sulle circostanze del delitto (da essi attribuito ad altri ambienti politici), in particolare sull’effettivo ruolo di Bompressi (il quale aveva un alibi, ammesso all’esame solo in fase di revisione e comunque ignorato nella sentenza), ma anche, in persone propense a credere all’onestà del pentito, sull’effettiva partecipazione di Sofri (specie sul fatto che davvero l’avesse ordinato o ne fosse a conoscenza), invalidando quindi la chiamata in correità e configurando il tutto come un caso di errore giudiziario e persecuzione politico-mediatica contro l’intero movimento della sinistra extraparlamentare degli anni di piombo. Essi si basarono anche su affermazioni, viste come incertezza dell’accusa, ripetute negli anni: l’avvocato di Marino, Gianfranco Maris, dichiarò nel 2000, dopo il rigetto del processo di revisione che confermò la condanna

Movimento per la grazia

Ci fu in Italia (e non solo) un movimento di opinione pubblica, prevalentemente di sinistra, ma sostenuto anche da personaggi di altre correnti politiche, intorno alle persone condannate per l’omicidio Calabresi: ne sono esponenti di spicco Giuliano Ferrara e Gad Lerner. In una parte dell’opinione pubblica si è diffuso un movimento di sostenitori volto a promuovere un atto di clemenza nei confronti di Bompressi, Pietrostefani e Sofri, ricollegandosi al dispositivo di sentenza del 2000, che li dichiarava colpevoli ma riabilitati, e a una dichiarazione della vedova del commissario che affermava di non opporsi al provvedimento. A questa si contrappose un’altra parte che ritiene che costoro dovessero scontare la pena irrogata.

 

Ci furono vari tentativi di ottenere la grazia ai condannati per l’omicidio Calabresi. Bompressi la ottenne nel 2006 mentre Sofri scontò la pena sotto diversi regimi di detenzione fino al 2012, quando venne scarcerato in seguito ad alcuni sconti. Pietrostefani ha scontato solo un breve periodo di carcerazione preventiva nel 1988 e due anni dal 1997 al 1999 (quando in seguito a temporanea scarcerazione per revisione del processo, ne approfittò per rifugiarsi in Francia nel 2000), e la maggior parte della condanna è tuttora pendente su di lui.

Primo tentativo

Nel 1997, lo stesso anno in cui vennero pronunciate le condanne definitive per l’omicidio, il Presidente Oscar Luigi Scalfaro sollecitato da numerosi parlamentari, circa 200, e da cittadini comuni (160 000 firmatari), rifiutò di firmare la grazia, con una lettera aperta agli allora Presidenti delle Camere, Luciano Violante e Nicola Mancino, contenente le seguenti motivazioni.

“Qualsiasi provvedimento di grazia destinato a più persone sulla base di criteri predeterminati, costituirebbe di fatto un indulto improprio, invadendo illecitamente la competenza che la costituzione riserva al parlamento. La grazia, qualora applicata a breve distanza dalla sentenza definitiva di condanna, assumerebbe oggettivamente il significato di una valutazione di merito opposta a quella del magistrato, configurando un ulteriore grado di giudizio che non esiste nell’ordinamento e determinando un evidente pericolo di conflitto di fatto tra poteri.  Dunque la via per superare queste dolorose e sofferte vicende della nostra storia può essere trovata, ma certo richiede una visione unitaria di quella realtà, una volontà politica determinata e capace di raccogliere il consenso indispensabile”

Secondo tentativo

Cambiata la maggioranza parlamentare, in seguito alle elezioni politiche del 2001, la domanda fu ripresentata. Le domande presentate nella legislatura 2001-2006, hanno sempre avuto parere negativo da parte del magistrato competente al cui parere si è adeguato il Ministro della Giustizia Roberto Castelli, malgrado il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi avesse nello stesso periodo più volte manifestato la volontà di concederla, tanto da giungere a un conflitto di giurisdizione con il guardasigilli risolto poi dalla Corte Costituzionale che, con sentenza n.200 del 18/05/2006, ha stabilito che non spetta al Ministero della giustizia di impedire la prosecuzione del procedimento di grazia; il Presidente della Repubblica dispone autonomamente del Potere di Grazia anche senza la firma del guardasigilli. Alla fine la grazia non fu concessa perché la sentenza fu emessa tre giorni dopo il termine del mandato presidenziale di Ciampi.

Terzo tentativo

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il 1º giugno 2006 ha concesso la grazia ad Ovidio Bompressi, ma non a Pietrostefani e a Sofri (pena estinta nel 2012), che non fecero mai richiesta.

Arresto

Il 28 aprile 2021, grazie al mandato di cattura (dieci mandati dei circa duecento richiesti dall’Italia) emanato dal Presidente francese Emmanuel Macron è stato arrestato a Parigi insieme a sei ex brigatisti. L’operazione è stata condotta dall’Antiterrorismo della polizia francese in collaborazione con l’Antiterrorismo della polizia italiana. I dieci italiani ricercati, sono accusati di terrorismo tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Pietrostefani deve scontare una pena di 14 anni, 2 mesi e 11 giorni.



Attività come scrittore

Ha scritto e pubblicato con Jaca Book alcuni saggi: La Tratta Atlantica. Genocidio e SortilegioLa guerra corsara forma estrema del libero commercioGeografia delle droghe illecite. Guerra alla Droga = Droga alla Guerra. È stato sposato con la sindacalista Fiorella Farinelli, esperta di formazione e didattica. A momento dell’arresto, aveva abbandonato da anni la militanza politica comunista della gioventù, come molti ex di LC, ed era diventato manager delle Officine Meccaniche Reggiane. Nel gennaio 2019 il settimanale Panorama ha appurato che Pietrostefani da anni beneficia di una pensione dall’Inps di oltre 1500 euro.

Gli altri arrestati

Gli altri arrestati sono Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, tutti delle Brigate Rosse; in manette anche Narciso Manenti dei Nuclei Armati contro il Potere territoriale. Sono Luigi Bergamin, Maurizio Di Marzio e Raffaele Ventura gli ex Br in fuga dopo l’operazione della polizia francese scattata questa mattina.

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