Cronaca

Massimo Gentile condannato a 10 anni di carcere: è accusato di essere stato il prestanome di Matteo Messina Denaro

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Messina Denaro e Massimo Gentile

Condanna a 10 anni di carcere per Massimo Gentile: la sentenza è stata emessa oggi, venerdì 17 gennaio, in primo grado. Per il giudice è accusato di essere stato il prestanome dell’ex boss Matteo Messina Denaro.

Messina Denaro, la condanna di Massimo Gentile

La sentenza di primo grado per Massimo Gentile è stata emessa: il giudice lo ha ritenuto colpevole di essere stato il prestanome di Matteo Messina Denaro, condannandolo a 10 anni di carcere. L’arresto dell’ex capo dell’ufficio tecnico del Comune di Limbiate (Monza e Brianza) è avvenuto lo scorso marzo. Da allora, si trova in carcere a Voghera, in provincia di Pavia, dove riesce a incontrare regolarmente la sua famiglia. Ma di cosa è accusato Massimo Gentile? Si sostiene che Matteo Messina Denaro, l’ex boss di Castelvetrano arrestato il 16 gennaio 2023 e deceduto il 25 settembre dello stesso anno, abbia acquistato nel 2014 una Fiat 500 e nel 2007 una moto BMW utilizzando una carta d’identità con i dati e la firma dell’ex funzionario di Limbiate, ma con la foto di Messina Denaro.

La sentenza

Nella sentenza emessa oggi, venerdì 17 gennaio, la Procura ha presentato una PEC dell’Agenzia delle Entrate inviata nel 2022 a Gentile, in cui venivano illustrati i pagamenti non effettuati per i bolli auto nel corso degli anni, inclusa la nota moto coinvolta nelle indagini. Secondo l’accusa, questo rappresenterebbe una prova decisiva del coinvolgimento di Gentile, poiché il pm sostiene che fosse a conoscenza dell’acquisto della moto da parte di Messina Denaro. Tuttavia, la difesa contesta questa interpretazione, affermando che la prova non dimostra nulla, poiché non è certo che Gentile abbia effettivamente letto la PEC. Il giudice dell’udienza preliminare ha optato per la condanna. “Una sentenza profondamente ingiusta e incomprensibile”, ha dichiarato l’avvocato difensore Antonio Ingroia a Fanpage.it, annunciando l’intenzione di presentare ricorso.

La Procura di Palermo aveva richiesto una pena di 12 anni di carcere, mentre l’avvocato Ingroia ha chiesto l’assoluzione. Durante la sua arringa, il legale ha affermato: “Al contrario, abbiamo dimostrato la sua innocenza, in particolare attraverso le perizie grafiche che attestano come Gentile sia stato vittima di un furto d’identità da parte del circuito di protezione di Matteo Messina Denaro. Altrimenti, come si spiegherebbe il fatto che Messina Denaro e i suoi complici abbiano sempre avuto bisogno di falsificare la firma di Gentile, non solo sui documenti d’identità contraffatti, ma anche per il passaggio di proprietà, contratti, rinnovi di assicurazione dei veicoli e persino per la rottamazione della moto intestata a Gentile ma utilizzata dal boss? Queste evidenze sono completamente incompatibili con l’accusa, poiché se Gentile fosse stato un favoreggiatore, non avrebbe avuto alcun problema a firmare per sistemare tutto.”

Gentile continua a dichiararsi innocente

Fin dall’inizio, Gentile ha ribadito la sua innocenza agli inquirenti. Secondo la difesa, Matteo Messina Denaro avrebbe usurpato l’identità dell’ex capo ufficio tecnico di Limbiate. Gentile ha chiarito di essere stato un dipendente dell’azienda di olio di Andrea Bonafede, nato nel 1969, e non di quell’Andrea Bonafede, nato nel 1963, che ha fornito la sua identità al boss durante le ultime visite alla clinica La Maddalena di Palermo, per il quale è stato condannato a 14 anni. I due sono cugini con lo stesso nome e sono accusati di essere stretti collaboratori di Messina Denaro. Anche per Andrea Bonafede del ’69 è in corso un procedimento penale per favoreggiamento, attualmente al secondo grado di giudizio, e in questa circostanza potrebbe essere stato vittima di un furto di identità.

Secondo Bonafede e la Procura, il fidato collaboratore di Messina Denaro avrebbe ottenuto i dati in un momento successivo agli eventi contestati, ovvero dopo la vendita dell’auto e della moto. Gentile avrebbe prestato servizio per Bonafede nel 2017, mentre i fatti in questione risalirebbero agli anni precedenti, iniziando nel 2014. Bonafede, come riportato da fonti di Fanpage.it, non avrebbe riconosciuto durante l’interrogatorio di aver consegnato questo documento a Matteo Messina Denaro. Questa versione era già stata avallata in precedenza dal Tribunale del Riesame, che aveva respinto la richiesta di liberazione di Massimo Gentile.

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