Sono congelati gli aumenti per i dipendenti pubblici: arriva lo stop per 2,3 milioni di lavoratori che includono infermieri, insegnanti e personale dei Comuni e delle Regioni. Inoltre, smart working senza buoni pasto. Ecco cosa sta succedendo.
Lavoro, congelati gli aumenti per i dipendenti pubblici
Negli ultimi giorni, Paolo Zangrillo, il ministro per la Pubblica amministrazione, ha manifestato il suo profondo disappunto. Gli aumenti salariali per quasi 2,3 milioni di dipendenti pubblici, che includono infermieri, insegnanti e personale dei Comuni e delle Regioni, rischiano di rimanere solo un’idea. Cinque miliardi di euro destinati a questo obiettivo potrebbero rimanere inutilizzati nelle casse del Tesoro. Inoltre, sarà impossibile utilizzare altri 5,5 miliardi già previsti per gli aumenti del triennio 2025-2027, un caso davvero raro.
In totale, si prevede un incremento di quasi 11 miliardi per i dipendenti pubblici.
L’aumento medio degli stipendi, considerando le due fasi contrattuali, supererebbe l’11%, rispetto a meno del 7% registrato nei sei anni precedenti e allo zero percento dei primi otto anni del decennio scorso. I negoziati sono attualmente bloccati da Cgil e Uil, che richiedono il recupero integrale del potere d’acquisto perso dai dipendenti pubblici (e anche da quelli privati, in effetti) a causa dell’impennata inflazionistica del biennio 2022-2023. Secondo i calcoli della Funzione pubblica, sarebbero necessari 32 miliardi di euro, una cifra irraggiungibile per le finanze pubbliche.
I sindacati
Gli aumenti salariali potrebbero essere influenzati dall’appuntamento di aprile per l’elezione delle Rsu, il voto che stabilirà il peso dei sindacati nelle amministrazioni pubbliche. Al momento, l’unico contratto concluso riguarda i 194 mila dipendenti delle Funzioni centrali, ovvero i ministeriali e i lavoratori delle agenzie fiscali e dell’Inps, un settore in cui Cgil e Uil sono in minoranza. Giovedì, la Corte dei Conti approverà l’accordo, e a febbraio saranno erogati aumenti medi di 150 euro lordi al mese, insieme agli arretrati.
Il contratto per il settore della Sanità è di fatto saltato la scorsa settimana, quando il sindacato NursingUp ha deciso di schierarsi contro l’accordo, unendosi alle posizioni di Cgil e Uil. Questo ha comportato il congelamento non solo dell’aumento medio di 172 euro lordi mensili per l’intero comparto, ma anche di ulteriori 366 euro lordi per gli infermieri dei pronto soccorso, già finanziati ma la cui attuazione era subordinata al contratto.
Oggi toccherà ai dipendenti comunali, che vedranno anch’essi congelati aumenti medi mensili compresi tra 111 e 141 euro lordi. Inoltre, non entreranno in vigore altre misure innovative previste dagli accordi, come il pagamento dei buoni pasto durante le giornate di smart working. Questa novità era stata inclusa nel contratto delle Funzioni centrali e riproposta in tutti gli altri accordi, compresi quelli degli Enti locali. Un’importante precisazione per le amministrazioni, come quella di Roma, dove, in occasione del Giubileo, è stato richiesto ai dipendenti di lavorare più giorni da remoto. Tra le novità introdotte nei contratti, si segnala anche la settimana lavorativa di quattro giorni mantenendo lo stesso orario, e per le Funzioni centrali, il “south working”, che consente alle amministrazioni di assumere giovani permettendo loro di lavorare da remoto, anche da località distanti dalla sede. Questa iniziativa mira ad attrarre giovani talenti nella Pubblica Amministrazione, evitando costosi trasferimenti verso aree con un costo della vita e degli affitti più elevato.
La scuola
Oltre ai settori della Sanità e degli Enti locali, anche il comparto scolastico, che conta un milione e duecentomila lavoratori, potrebbe affrontare difficoltà nel mantenere il contratto. In questo ambito, Cgil e Uil rappresentano quasi il 50% dei lavoratori. Se un piccolo sindacato decidesse di unirsi, gli aumenti salariali potrebbero essere bloccati. Pertanto, l’unica soluzione per garantire che i fondi arrivino nelle buste paga, evitando che le risorse vengano compromesse dalle nuove normative del Patto di Stabilità, sarebbe quella di stabilire gli aumenti per legge. Tuttavia, come ha sottolineato Zangrillo in un’intervista al Sole24Ore, ciò rappresenterebbe «una sconfitta per tutti».