Site icon Occhio Notizie

Emergenza coronavirus, come affrontare l’argomento con i figli: il consiglio dello psicologo

Emergenza coronavirus in Italia: in questo periodo di grande crisi, i genitori si trovano ad affrontare il problema di come affrontare l’argomento con i figli, molti dei quali spaventati dal bombardamento di notizie. Ecco che il docente di Psicologia Clinica dell’Università di Pisa ha individuato 5 regole base per tranquillizzare i più piccoli.

Coronavirus, come affrontare l’argomento con i figli: parla lo psicologo

Fabio Celi, docente di Psicologia Clinica dell’Università di Pisa, autore del libro “Le emozioni dei nostri figli” pubblicato con De Agostini, ha individuato cinque regole base alle quali i genitori possono attenersi per tranquillizzare i figli e se stessi. “Innanzitutto – afferma all’AGI – prima di parlare dei cinque punti, vorrei far presente che se non ci si autoregola, è impensabile di poterlo fare sugli altri. Un genitore che ha paura, deve saperla gestire. Dire che non si ha paura, se invece la si ha, è sbagliato. Occorre far vedere che ci si difende dalla paura, con buon senso. I bambini imparano per modellamento, per imitazione: vedere due genitori che, seppur impauriti, non mostrano angoscia è fondamentale. I genitori si devono prima di tutto auto-tranquillizare.

Come? Ad esempio dicendo: sono preoccupato e per questo motivo mi disinfetto con il gel. Mi faccio vedere a usare il gel. Come se fosse un gesto naturale. Con serenità, lo faccio sempre, davanti ai figli e piano piano li induco a farlo”. Ed ecco i cinque punti che Celi ha individuato:

 



Celi, da studioso esperto del rapporto genitori figli, nel suo ultimo libro sostiene i genitori nella difficoltà di gestire il rapporto con loro e le loro emozioni. Il problema è che molte cose sono cambiate.

Negli anni 60 e 70, il rapporto genitori figli era interamente imperniato su regole e doveri. Questi genitori, i figli della guerra che l’avevano patita, hanno tirato su una generazione a suon di regole e permessi che poi erano le uniche risorse di cui, a loro volta, i loro genitori disponevano per superare i pericoli di quel tempo. Che generazione ha prodotto questo stato di cose? “Ha prodotto una generazione che poi ha sentito il bisogno di infrangerle, quelle regole. Un sistema rigido – spiega l’esperto – funziona quando i problemi sono legati alla sopravvivenza, ma quando si ha la sicurezza di avere cibo a sufficienza, un tetto sulla testa e una casa calda e accogliente, si comincia a sentire il bisogno d qualcosa d’altro. Non ci si accontenta più. Il problema è che nella distruzione di regole senza consapevolezza si finisce per distruggere indistintamente cose buone e cattive, nel fare piazza pulita di tutto senza sapere con cosa sostituirle”.

E la generazione degli anni 60/70 ha più strumenti per affrontare il rapporto genitori-figli?

“Ci sono oggi molti più strumenti – aggiunge ancora Celi – naturalmente, ma avere più strumenti è, al tempo stesso, un’opportunità e un rischio. Quando c’erano solo le carrozze trainate dai cavalli c’erano mento incidenti stradali e meno ingorghi, ma per andare da Roma a Milano ci voleva molto più tempo e il viaggio era molto più scomodo. Quando bastava dire ad un figlio ‘Non parlare se non sei interrogato’ e picchiarlo quando si comportava male il compito dell’educatore era più semplice, ma si trascuravano tanti bisogni e si perdevano tante opportunità per favorire uno sviluppo più armonico e completo. Oggi tutti sanno che se un ragazzo impara ad esprimere le sue opinioni, i suoi bisogni e i suoi desideri crescerà meglio; quasi tutti sanno che se un bambino si comporta male forse è perché in questo modo sta esprimendo un disagio: ma un conto è sapere, spesso vagamente e confusamente, queste cose, e un conto è comportarsi in modo coerente con questi principi. Un conto è avere gli strumenti e un conto è servirsene in modo adeguato. Oggi tutti hanno l’automobile, ma non tutti la sanno usare in modo consapevole. Per restare solo al tema delle emozioni, perché ce ne sarebbero mille altri da approfondire nel rapporto genitori figli, credo che l’ascolto emotivo sia molto molto difficile”. Qualche tempo fa, ricorda Celi, “parlavo con un papà che aveva seguito un corso per genitori. ‘Cosa hai imparato?’ gli ho chiesto. ‘Che se mio figlio fa un capriccio non lo devo punire’. ‘E quindi?’ l’ho incalzato ‘Cosa dovresti fare?’. ‘E quindi devo capire che non è colpa sua’. A quel padre hanno dato un trapano elettrico, strumento utilissimo in molte circostanze. Ma non c’è stato tempo per farlo esercitare ad usarlo e adesso lui rischia di farsi molto male”.



Una generazione di genitori fragili e di figli tiranni? Dove sta il problema di una eventuale incomunicabilità?

“Il primo problema è il tempo. Ne ho appena parlato a proposito della metafora del martello pneumatico. Per dire ‘taci!’ a un figlio – aggiunge Celi – ci vuole un attimo. Per dargli una sberla ci vuole un attimo. Per acquisire consapevolezza dell’importanza delle emozioni e più ancora per imparare ad usare uno stile educativo orientato alla così detta relazione di aiuto e più ancora per metterlo in atto ci vuole tempo. Il paradosso è che oggi moltissimi genitori sanno che ci sono strumenti migliori delle urla e delle botte, ma poi tentano di usarli tra un impegno e l’altro, nei ritagli di tempo, mentre guidano per accompagnare il figlio a lezione di inglese, di tennis, di karate e di pianoforte, e mentre il figlio ha gli occhi incollati sul cellulare. In queste condizioni, nessuno di questi strumenti funzionerà e qualcuno, in cuor suo perché dirlo pubblicamente violerebbe la legge del politicamente corretto, comincerà a rimpiangere i tempi andati delle urla, degli schiaffi e del padre – padrone. Nel mio libro – conclude – cerco di teorizzare il meno possibile e il più possibile di raccontare come prendersi questo tempo, come fare emergere le emozioni dei nostri figli e come provare a gestirle insieme”.

Exit mobile version