Che cos’è la sindrome di Sanfilippo e quanti casi ci sono in Campania? Si tratta di una rara malattia che colpisce i bambini. La malattia rara genetica è caratterizzata da ritardo motorio e cognitivo, neurodegenerazione, disturbi del comportamento.
Che cos’è la sindrome di Sanfilippo?
- La mucopolisaccaridosi 3 (chiamata anche sindrome di Sanfilippo) è una rara malattia genetica caratterizzata da ritardo motorio e cognitivo, neurodegenerazione, disturbi del comportamento. È causata dall’accumulo nei lisosomi (organuli cellulari deputati alla degradazione di varie molecole) di una sostanza appartenente al gruppo dei glicosaminoglicani: l’eparansolfato. Questo accumulo danneggia le cellule del sistema nervoso centrale. A seconda del gene coinvolto ne esistono 4 diversi sottotipi (A, B, C, D), molto simili dal punto di vista clinico anche se gravità della malattia e velocità di progressione possono variare leggermente. La mucopolisaccaridosi 3 comporta un grave e rapido deterioramento mentale. I primi sintomi compaiono tra i 2 e i 4 anni di vita, con disturbi del comportamento (ipercinesia, aggressività), disturbi del sonno, deterioramento mentale e lievissimi dismorfismi. Intorno ai 10 anni si ha in genere la perdita delle capacità motorie e problemi di comunicazione, mentre in seguito possono verificarsi convulsioni. Alcuni pazienti, però, mostrano forme attenuate della malattia. La prognosi è sfavorevole; la maggior parte dei pazienti muore prima dei 40 anni.
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Come si trasmette la mucopolisaccaridosi 3?
- La mucopolisaccaridosi 3 è causata da mutazioni di 4 geni codificanti per altrettanti enzimi necessari per la degradazione dell’eparansolfato e cioè rispettivamente: eparan-sulfamidasi (tipo A), N-acetil-alfa-glucosaminidasi (tipo B), acetil-CoA:alfa-glucosaminide N-acetiltransferasi (tipo C), N-acetilglucosamina-6-solfato solfatasi (tipo D). La trasmissione avviene con modalità autosomica recessiva: per manifestare la malattia occorre ereditare dai genitori entrambe le copie mutate del gene in questione. I genitori sono portatori sani della mutazione, mentre ciascun figlio della coppia ha il 25% di probabilità di essere malato.
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Come avviene la diagnosi della mucopolisaccaridosi 3?
- La prima diagnosi si basa sul riscontro di un aumento dei livelli di eparansolfato nelle urine ed è confermata dalla misurazione dell’attività dei rispettivi enzimi in ciascuna forma in alcune cellule del paziente (in particolare cellule del sangue e della pelle). È inoltre disponibile l’analisi genetica, con ricerca di mutazioni nel gene coinvolto. Nelle gravidanze da coppie in cui sia stato già identificato il difetto genetico nei genitori è possibile effettuare la diagnosi prenatale mediante villocentesi o amniocentesi.
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Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la mucopolisaccaridosi 3?
- Al momento non esistono terapie specifiche standardizzate; si può tuttavia cercare di intervenire sui sintomi attraverso un’adeguata presa in carico multidisciplinare del paziente. È tuttavia da segnalare che sono in corso alcune sperimentazioni cliniche relative a terapia enzimatica sostitutiva e a diversi approcci di terapia genica.