Cosa sono e come funzionano i vaccini contro il cancro? Il funzionamento di un vaccino terapeutico contro il cancro, del tipo che ha in mente il direttore sanitario di Moderna, è relativamente semplice. Almeno a parole: si identifica infatti una proteina presente sulle cellule del tumore ma non su quelle sane (come un neoantigene), si inocula nell’organismo in una forma innocua (assicurandosi cioè che l’iniezione non provochi la formazione di nuove cellule tumorali), e si lascia quindi agire il sistema immunitario, che a questo punto riconoscerà facilmente le cellule del cancro e le attaccherà per eliminare l’intruso.
Cosa sono i vaccini contro il cancro: come funzionano
I modi per fare tutto questo ovviamente sono molti, così come sono moltissime le sperimentazioni attualmente in atto in tutto il mondo. Moderna ha nel suo portfolio un vaccino a mRna contro il melanoma, in stadio relativamente avanzato di sviluppo e a cui l’Fda ha assegnato lo status di Breakthrough Therapy che ne velocizzerà il processo di approvazione. Al momento si chiama mRNA-4157/V940, e funziona così: si effettua una biopsia per determinare quali neo-antigeni sono presenti nel tumore di un determinato paziente, si sceglie quindi il più adatto e si crea un vaccino a mRna che codifica le informazioni necessarie per far produrre all’organismo quel neoantigene, e ovviamente lo si inocula al paziente. L’utilizzo della piattaforma vaccinale basata sull’mRna garantisce un’elevata efficacia e la possibilità di creare con facilità questi vaccini personalizzati, ed è per questo che Moderna (e in parallelo anche Pfizer-Biontech, che sono al lavoro su un altro vaccino contro il melanoma, basato però su un set prestabilito di quattro neoantigeni) ritiene che il know how sviluppato durante la pandemia darà un impulso fondamentale allo sviluppo di queste terapie nel futuro prossimo. Se si tratterà della rivoluzione descritta da Burtondel è difficile da prevedere. Quel che è certo è che anche i vaccini a mRna contro il cancro presentano limiti piuttosto importanti.
Costosi e non sempre efficaci
Se il sistema immunitario può eliminare con tanta facilità i tumori, perché non lo fa anche senza vaccini? In effetti, la risposta delinea il primo problema che presentano tutti i vaccini anti cancro: il sistema immunitario di norma elimina sul nascere le cellule tumorali, e quando non ci riesce è perché qualcosa glie lo impedisce. Le cellule tumorali che riescono a insediarsi efficacemente e dare origine a una massa tumorale solitamente sono infatti in grado di inibire l’azione del sistema immunitario. E per questo motivo, indicare un nuovo bersaglio attraverso un vaccino non è sufficiente.
Non a caso, il vaccino in fase di sviluppo nei laboratori di Moderna viene somministrato in associazione con un altro immunoterapico, pembrolizumab, un cosiddetto inibitore di checkpoint immunitari che agisce contrastando i meccanismi molecolari con cui le cellule tumorali inibiscono l’azione dei linfociti T (una componente fondamentale del sistema immunitario). In questo modo, il vaccino indica il bersaglio al sistema immunitario, e l’immunoterapico assicura che questo abbia modo di agire efficacemente per distruggerlo. Nel trial di fase 2 Keynote, i cui risultati sono stati annunciati proprio negli scorsi mesi, la combinazione ha dimostrato di ridurre del 44% il rischio di recidive o morte in pazienti con melanoma metastatico, rispetto all’utilizzo del solo pembrolizumab. Un risultato certamente interessante, ma non la rivoluzione che vorremmo veder arrivare in oncologia, considerando che la sopravvivenza a cinque anni con il pembrolizumab si aggira attorno ad un 40% (che potrebbe salire al 57% se la combinazione col vaccino mostrasse un’efficacia simile a quella emersa dal trial Keynote).
A prescindere dall’efficacia che mostreranno in futuro i vaccini contro il cancro (sicuramente destinata a migliorare con il procedere delle ricerche e l’arrivo di nuovi vaccini), un altro limite di questa strategia terapeutica potrebbe essere il prezzo, soprattutto nel caso di prodotti personalizzati come quello sviluppato da Moderna. Un farmaco innovativo, e con un processo di produzione lungo e macchinoso reso necessario dalla personalizzazione dei neoantigeni tumorali contro cui indirizzare il vaccino, è probabilmente destinato a sbarcare sul mercato con un prezzo esorbitante. E non è detto che il profilo costi/benefici si riveli, a quel punto, favorevole in tutti i casi.