Che cos’è la malattia di Natale e perché non ha praticamente nulla a che fare con il Natale: sintomi, diagnosi e cure. La malattia di Natale, nota anche come malattia di Christmas, è una forma di emofilia (emofilia B) che compromette la capacità del sangue di coagulare in modo adeguato. Il nome deriva dalla sua scoperta nel 1952, quando fu identificata in un bambino canadese di nome Stephen Christmas. Si tratta di una malattia genetica rara.
Che cos’è la malattia di Natale
Esiste una condizione chiamata malattia di Natale, ma essa non ha praticamente nulla a che vedere con il Natale stesso. Conosciuta anche come malattia di Christmas – che sarebbe la traduzione corretta di “Christmas Disease” – è una forma di emofilia (emofilia B), una rara malattia genetica che influisce sulla capacità di coagulazione del sangue.
La denominazione di questa condizione deriva dalla scoperta della malattia, identificata per la prima volta nel 1952 in un bambino inglese di cinque anni di nome Stephen Christmas. È interessante notare che l’articolo scientifico che descrisse per la prima volta la malattia fu pubblicato proprio intorno al periodo natalizio, il 27 dicembre 1952. Al di là delle coincidenze e delle omonimie, la malattia di Christmas è un disturbo della coagulazione del sangue, trasmesso come un tratto recessivo legato al cromosoma X. Ecco ciò che è importante sapere riguardo a condizione e ai suoi rischi.
Che cos’è la malattia di Natale, il curioso disturbo di Stephen Christmas
La malattia di Natale, conosciuta anche come emofilia B o deficit del fattore IX, è una patologia genetica caratterizzata dalla mancanza o da livelli insufficienti del fattore IX della coagulazione, una proteina fondamentale per la formazione dei coaguli di sangue. Questa carenza è solitamente causata da mutazioni nel gene responsabile della produzione dei fattori di coagulazione, situato sul cromosoma X. In rari casi, l’emofilia può manifestarsi in forma acquisita, quando auto-anticorpi iniziano a colpire un particolare fattore di coagulazione. L’emofilia B si verifica in circa 1 caso ogni 30.000 individui e colpisce prevalentemente il sesso maschile.
Prima della scoperta della malattia di Christmas, avvenuta nel 1952 in un bambino di nome Stephen Christmas, da cui deriva il nome della malattia, si conosceva un solo tipo di emofilia: l’emofilia A. Questa forma, la più comune, colpisce circa 1 persona ogni 10.000 ed è caratterizzata dalla carenza del fattore VIII della coagulazione.
“Stephen Christmas presentava però gli stessi problemi di coagulazione associati all’emofilia conosciuta all’epoca, nonostante non avesse una carenza del fattore VIII”, spiega il professor Ignacio López-Goñi, ripercorrendo le fasi della scoperta su The Conversation. “I ricercatori hanno poi identificato l’assenza del fattore IX della coagulazione, dando a questo tipo di emofilia il nome di malattia di Christmas in onore del ragazzo. Successivamente, questa condizione è stata denominata emofilia B, mentre il deficit del fattore VIII è diventato noto come emofilia A.”
I sintomi
I segni e i sintomi dell’emofilia comprendono:
– Emorragie inspiegabili e sanguinamenti eccessivi in seguito a tagli, ferite, interventi chirurgici o trattamenti dentali
– Lividi di grandi dimensioni e profondi
– Dolore, gonfiore o rigidità nelle articolazioni
– Presenza di sangue nelle urine o nelle feci
– Sanguinamento dal naso (epistassi) senza una causa apparente
Diagnosi e cura dell’emofilia
La diagnosi di emofilia avviene tramite un esame del sangue che valuta il tempo di coagulazione. Il test più comunemente utilizzato è il tempo di tromboplastina parziale (PTT), che risulta prolungato nelle persone affette da emofilia. In seguito, si procede con la misurazione dei singoli fattori di coagulazione per determinare il tipo specifico di emofilia.
Il trattamento dell’emofilia prevede l’integrazione del fattore di coagulazione mancante o insufficiente, in base alla gravità della condizione. Di recente è stato presentato un innovativo approccio terapeutico, che utilizza una terapia genica con un virus adeno-associato, mirato a ripristinare la proteina del fattore IX coinvolta nella coagulazione.