Nel prossimo anno ci sarà un notevole calo delle nascite, dovuto alla pessima situazione sanitaria ed economica. Il presidente dell’Istat: “È legittimo ipotizzare che il clima di e incertezza orienteranno negativamente le scelte di fecondità delle coppie italiane”.
La crisi sanitaria ed economica dovuta alla pandemia causata dal Covid, ha influenzato negativamente il numero dei decessi e potrebbe influire anche sulla natalità.
Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, davanti alle Commissioni bilancio di Camera e Senato in audizione sulla manovra, ha spiegato: “È, infatti, legittimo ipotizzare che il clima di paura e incertezza e le crescenti difficoltà di natura materiale (legate a occupazione e reddito) generate dai recenti avvenimenti, orienteranno negativamente le scelte di fecondità delle coppie italiane.”
I dati
Aggiunge: “I 420mila nati registrati in Italia nel 2019, che già rappresentano un minimo mai raggiunto in oltre 150 anni di unità nazionale, potrebbero scendere. Secondo uno scenario Istat aggiornato sulla base delle tendenze più recenti, a circa 408 mila nel bilancio finale del corrente anno – recependo a dicembre un verosimile calo dei concepimenti nel mese di marzo – per poi ridursi ulteriormente a 393 mila nel 2021”.
La crisi
La crisi ha interessato il Mezzogiorno e i giovani, ma questa volta sono state soprattutto le donne – maggiormente impiegate nei servizi (il settore più colpito con 809 mila occupati in meno rispetto al secondo trimestre 2019) e in lavori precari – a subire gli effetti maggiori, ha proseguito il presidente dell’Istat.
Nel secondo trimestre del 2020 si contano 470 mila donne in meno, rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (323 mila in meno tra quelle con contratto a tempo determinato). Il tasso di occupazione femminile 15-64 anni si attesta al 48,4% contro il 66,6% di quello maschile, collocandoci al penultimo posto della graduatoria europea, appena sopra la Grecia. I dati sull’occupazione femminile in Italia permangono preoccupanti, nonostante il livello di istruzione femminile sia sensibilmente maggiore di quello maschile.