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Covid, che cosa sappiamo sulla nuova variante ibrida Deltamicron

Che cosa sappiamo sulla nuova variante ibrida Deltamicron? Quali sono i sintomi e cosa c'è da sapere?

Che cosa sappiamo sulla nuova variante ibrida Deltamicron? Quali sono i sintomi e cosa c’è da sapere? Per distinguerla dalla scoperta rivelatasi presto frutto di errore della cosiddetta Deltacron, si preferisce definire la variante ibrida del nuovo Coronavirus Deltamicron.

Covid, cosa sappiamo sulla nuova variante Deltamicron

Unisce il corredo genetico di Delta e Omicron. La scoperta è apparsa l’8 marzo nel preprint di un team di ricercatori francesi. Il primo a ipotizzarne l’esistenza è stato il dottor Scott Nguyen presso il Washington, D.C. Public Health Laboratory, a seguito dell’analisi di diversi dati provenienti dalla Francia riguardanti presunti casi di co-infezione da Delta e Omicron nei pazienti Covid. Il 10 marzo si contavano 33 casi della nuova variante in Francia, otto in Danimarca, uno in Germania e uno in Olanda. Lo stesso giorno Reuters riportava che Helix (azienda specialista che si occupa di sequenziamenti genetici) aveva trovato un paio di casi negli Stati Uniti.

Non è più Delta, non è più Omicron, ma Deltamicron o Deltacron. In pratica è un miscuglio delle caratteristiche genetiche delle due varianti Covid già conosciute l’ibrido che si è mostrato in questi giorni agli occhi delll’équipe di uno scienziato di Washington, Scott Nguyen, del Public Health Laboratory. L’esperto stava ispezionando Gisaid, un database internazionale di genomi di Coronavirus, quando ha notato qualcosa di strano.
Ha trovato campioni raccolti in Francia a gennaio che i ricercatori avevano identificato come un mix di varianti Delta e Omicron. E, in effetti, in rari casi, le persone possono essere infettate da due varianti di Coronavirus contemporaneamente. Ma, quando Nguyen ha esaminato da vicino i dati, ha capito che si trattava di tutt’altra cosa.

Spunta il virus ricombinante

Il fatto è che ogni virus, nel campione preso in esame da Nguyen, portava effettivamente una combinazione di geni delle due varianti. Cosa che gli scienziati definiscono ricombinante. E, quando il ricercatore ha cercato lo stesso modello di mutazioni, l’ha trovato soprattutto nei Paesi Bassi e in Danimarca. “Questo mi ha portato a sospettare che questi potessero essere reali”, ha spiegato. E ha deciso di condividere la scoperta nel forum online “cov-lineages”, in cui gli scienziati si aiutano a vicenda a tracciare nuove varianti. Collaborazioni essenziali per ricontrollare possibili nuove varianti. Ad esempio, un presunto ricombinante Delta-Omicron trovato a gennaio a Cipro, si è rivelato un miraggio derivato da un lavoro di laboratorio difettoso.


 

variante ibrida deltamicron

 


 

Ibrido molto raro

Una cosa è certa: i ricombinanti, come quello apparso sulla scena in questi giorni, risultano essere estremamente rari. Sebbene quest’ultimo ibrido esista almeno dal gennaio scorso, non ha ancora mostrato la capacità di crescere in modo esponenziale.
Il dottor Simon-Loriere, virologo dell’Institut Pasteur di Parigi, sostiene che il genoma della variante ricombinante suggerisce che non si stia parlando di una nuova fase della pandemia. Il gene che codifica per la proteina di superficie del virus, nota come spike, proviene quasi interamente da Omicron. Il resto del genoma è Delta.
La proteina spike è la parte più importante del virus quando si tratta di invadere le cellule, ed è anche il principale bersaglio degli anticorpi prodotti attraverso infezioni e vaccini. Quindi le difese che le persone hanno acquisito contro Omicron – attraverso infezioni, vaccini o entrambi – dovrebbero funzionare altrettanto bene contro il nuovo ricombinante. “La superficie dei virus è molto simile a Omicron, quindi l’organismo che lo ospita lo riconoscerà così come riconosce Omicron”, sottolinea Simon-Loriere.


 

variante ibrida deltamicron


 

Che cos’è la nuova variante

Dunque i virus ricombinanti si affacciano sulla scena. Ma come nascono? A volte le persone vengono infettate contemporaneamente da due versioni del Coronavirus. Ad esempio, se si entra in un bar affollato, in cui stazionano diversi infetti, si può respirare virus da più di una di esse. E, così facendo, è possibile che due virus invadano la stessa cellula contemporaneamente. Quando quella cellula inizia a produrre nuovi virus, il materiale genetico può mischiarsi, producendo potenzialmente un nuovo virus ibrido.
Non è raro che i Coronavirus si ricompongano, ma la maggior parte di questi rimescolamenti genetici si rivelano vicoli ciechi evolutivi. In pratica, i virus con miscele di geni potrebbero non funzionare, quindi non essere così contagiosi come quelli che li hanno preceduti.

Il nome

Perché il neo-ibrido viene chiamato Deltacron? Per ora, alcuni scienziati si riferiscono ad esso come al ricombinante AY.4/BA.1, ma è probabile che la definizione cambi già nelle prossime settimane. Nel frattempo, un gruppo di scienziati ha escogitato un sistema per nominare formalmente nuovi lignaggi di Coronavirus: dà ai virus ricombinanti un’abbreviazione di due lettere che inizia con X. XA. Ad esempio, per un ibrido nato nel dicembre 2020 da una miscela della variante Alpha e un altro lignaggio di coronavirus chiamato B.1.177. Ed è probabile che il nuovo ricombinante del dottor Nguyen sarà designato XD.
Tuttavia, l’8 marzo scorso, la situazione si è ingarbugliata. Un secondo team di ricercatori francesi ha pubblicato uno studio online con la propria analisi sullo stesso ricombinante. Come il dottor Simon-Loriere e i suoi colleghi, il team ha isolato il virus, ma nel titolo della ricerca (non ancora pubblicata) l’ha chiamato in un altro modo: Deltamicron. E la cosa non è piaciuta a Nguyen, che ha attaccato: “Questi nomi non convenzionali stanno suscitando un vespaio di teorie del complotto”.


 

variante ibrida deltamicron


 

“Virus ibrido? È una delle ipotesi”

Possibilista, ma aperto anche ad altri scenari è il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore dell’Istituto Galeazzi di Milano. “Di varianti sino ad oggi ne abbiamo catalogate più di mille – ricorda – . La possibilità che si presenti un ibrido, cioè una combinazione di geni delle due varianti, è credibile, anche se solo un’ipotesi. L’altra possibilità è che si tratti di variazioni che vanno per la loro strada, ma che combinino caratteristiche dell’una e dell’altra”. “Va tenuto sotto osservazione, e in ogni caso è un’ipotesi interessante, perché ci consente di capire perché si presenti questa velocità e instabilità del virus – conclude Pregliasco – . Come mai questi ibridi contagiano di più? Sicuramente perché sono nuovi, quindi la velocità è insita nel loro stesso motivo di esistere”.


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