Negli ultimi giorni sui social e sul web non si fa che parlare del grande successo della serie RAI Mare fuori, la quale narra le vicende di alcuni giovani reclusi in un carcere minorile in provincia di Napoli. Uno dei motivi del successo di questa serie probabilmente risiede nel fatto che essa affronta tematiche attuali e piuttosto realistiche, come l’aumento della criminalità e della devianza giovanile e le realtà delle carceri minorili, su cui, di recente, si è riaperto il dibattito. Ebbene, in questo articolo faremo luce proprio sulle tematiche della criminalità giovanile e del recupero degli adolescenti difficili, passando per le realtà degli IPM.
Cosa sono gli IPM
La sigla IPM sta per Istituto Penitenziario Minorile, comunemente conosciuto come ‘’carcere minorile’’. Queste strutture sono destinate alla restrizione di individui minorenni, di età compresa tra i 14 e i 18 anni. Il primo carcere minorile in Italia di cui si abbia notizia è il San Michele a Roma, sorto nel lontano 1703 per volontà di Papa Clemente XI, il cui intento era quello di ‘’rieducare’’ i giovani criminali con la preghiera e i principi morali. Nel corso dei decenni, la realtà delle carceri minorili in Italia è profondamente mutata: ad oggi si contano 16 strutture di questo tipo con ‘’solo’’ 316 detenuti minorenni, quest’ultimo un numero particolarmente esiguo se paragonato alla popolazione carceraria adulta, stimata in 55.000 detenuti. Pur tuttavia, i minori in carico ai vari servizi della giustizia minorile sono ben 13.600.
Già da una prima lettura di questi dati si può facilmente intuire come la tendenza generale in Italia sia quella di preferire misure alternative alla detenzione per i delinquenti minorenni, come per esempio la messa in prova e l’affidamento a comunità di recupero o a centri di prima accoglienza, in cui le misure detentive sono molto più blande, in un’ottica di rapido recupero e re-inserimento in società del minore. È una tendenza supportata anche da evidenze statistiche: tra i delinquenti minori reclusi nelle carceri vi è infatti un elevatissimo tasso di recidiva, il che sembra suggerire che la detenzione non sia un efficace metodo rieducativo per gli adolescenti.
Ne discende che per essere incarcerato in un IPM, un minore deve aver commesso un reato di particolare gravità e allarme sociale, tanto da essere considerato una minaccia per la sicurezza pubblica. Come già poc’anzi accennato, l’età dei reclusi negli IPM va dai 14 ai 18 anni, i giovani con meno di 14 anni, nel nostro ordinamento, non sono imputabili, poiché non riconosciuti capaci di intendere e di volere, solo in rari casi è possibile l’affido a una comunità. Tornando all’età dei reclusi negli IPM, vi sono le dovute eccezioni: il minore che viene incarcerato un giorno prima del suo 18esimo compleanno, può rimanere nell’IPM fino a 25 anni, superati i quali sarà automaticamente traslato in un carcere ordinario. La stessa norma vale nel caso in cui la condanna del minore si protragga oltre il compimento del 18esimo anno di età.
L’aumento della delinquenza giovanile
Sebbene il numero dei detenuti minorenni sia in costante diminuzione, paradossalmente i dati sulla delinquenza giovanile disegnano un quadro diverso e molto meno rassicurante. Sempre più minori infatti delinquono, nel 2021 i minori di 18 anni arrestati, denunciati o fermati sono stati oltre 30.000, mentre nel 2022 è stato registrato un ulteriore incremento del 16% dei reati commessi da minori. Tra i reati più frequentemente riscontrati nei minori vi sono:
- Furto
- Rapina
- Estorsione
- Reati legati alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti
Per quanto riguarda le cause di questo preoccupante aumento, i pareri sono tutt’altro che univoci. Qualcuno, nel tentativo di dare una risposta rapida, ha puntato il dito contro le serie tv e i film che trattano di criminalità, accusati di spingere i giovani a emulare gli atti che vedono in TV. Ovviamente, questa è un’analisi semplicistica, anti-scientifica e assolutamente non esplicativa della reale natura del fenomeno della criminalità giovanile. Le vere cause di questo fenomeno sono probabilmente da ricercare nell’emarginazione e nel degrado, nonché in un contesto familiare disfunzionale. Non è un caso che la maggior parte dei giovani delinquenti provengano da quartieri o comuni fortemente degradati o comunque segnati dalla presenza di criminalità. In tal senso, i giovani che crescono in aree degradate e soggette a forte presenza criminale, tendono a essere “inglobati” nelle logiche distorte delle realtà criminali, arrivando a commettere reati al fine di sentirsi accettati in quel contesto e di ottenere una sorta di riscatto sociale.
Un altro importantissimo fattore di rischio è rappresentato da un contesto familiare disfunzionale: la stragrande maggioranza dei giovani delinquenti provengono da famiglie tutt’altro che ideali. Crescere con genitori violenti e abusanti (sia fisicamente che verbalmente) costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di comportamenti criminali. È stato inoltre appurato che questo tipo di contesto familiare gioca un ruolo fondamentale nell’eziologia di vari disturbi di personalità riscontrati proprio nella tarda adolescenza e indirettamente connessi alle condotte criminali. Tra i più frequenti citiamo il disturbo anti-sociale di personalità, il disturbo borderline e il disturbo narcisistico. È stato inoltre dimostrato come crescere con genitori svalutanti, anaffettivi o assenti, generi nel bambino e nell’adolescente un profondo senso di inadeguatezza sul piano sociale, personale e a volte anche sessuale. Un senso di inadeguatezza che spesso diventa troppo grande da gestire per l’adolescente e sfocia in frustrazione che, spesso, si traduce in comportamenti devianti e violenti.
La serie tv Mare fuori
Nella serie tv “Mare fuori” le tematiche del disagio e della delinquenza giovanile, nonché delle carceri e del recupero di questi giovani, sono affrontate in maniera piuttosto realistica e sono presenti quasi tutte le casistiche che abbiamo poc’anzi descritto. Infatti, molti personaggi della serie rappresentano delle casistiche frequentemente riscontrate nella realtà delle carceri minorili e dei centri di recupero.
Il personaggio di Viola Torri (interpretato da Serena De Ferrari) è un esempio di adolescente con disturbi di personalità proveniente da famiglia disfunzionale. Viola infatti, oltre ad aver avuto genitori violenti e anaffettivi, proviene da un contesto socio-familiare isolato, tanto che sin da bambina si rifugiava nel mondo della fantasia per sopperire all’isolamento, giocando con un’amica immaginaria. Il risultato di queste condizioni è un’adolescente affetta da disturbo della personalità che si manifesta con deficit di empatia e forti tendenze al sadismo e all’autolesionismo, nonché alla manipolazione psicologica degli altri.
Il personaggio di Totò (interpretato da Antonio Orefice) è un esempio di adolescente con forte senso di inadeguatezza che sceglie le logiche criminali per sentirsi finalmente accettato. Totò proveniva infatti da una famiglia criminale ma venne adottato in tenera età da una famiglia agiata e benestante. In questa famiglia, complici le differenze sociali e culturali, il malessere psicologico di Totò si acuisce, ed egli stesso inizia a sentirsi inadeguato, respinto e umiliato. Una volta in carcere, sceglie di far parte della criminalità per sentirsi finalmente accettato, cercando, inconsciamente, la famiglia che non aveva mai avuto.
I personaggi di Pino (interpretato da Artem Tkachuk) e Kubra (interpretata da Kyshan Wilson) sono esempi di giovani cresciuti senza una figura genitoriale e in aree socialmente degradate. Entrambi i personaggi mostrano infatti una grande frustrazione e rabbia repressa che si manifesta con comportamenti violenti e anti-sociali, il tutto dovuto alla percezione di abbandono che si è insinuata in loro nel corso degli anni a causa dell’assenza di uno dei genitori. Assenza che, il bambino o l’adolescente, traduce inconsciamente in rifiuto.
Sebbene tutti i personaggi di Mare fuori siano di fantasia (come scritto dai produttori stessi), i personaggi che abbiamo poc’anzi descritto, insieme anche ad altri presenti nella serie, rappresentano uno spaccato della realtà della popolazione carceraria minorile e dei centri di recupero, in cui moltissimi giovani hanno vissuto o continuano a vivere una storia personale molto simile a quella di Viola, Totò, Pino o Kubra.