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Crisi industriale in Campania: 120 aziende a rischio nel 2019

Crisi industriale in Campania: 120 aziende a rischio nel 2019. Ecco tutti i numeri di un anno che,second Cgil e Ires, è stato a dir poco nero.

120 aziende in crisi in Campania: ecco tutti i numeri

L’indagine di CGIL Campania e IRES Campania sulle crisi e le vertenze aperte nel 2019 nel settore industriale in regione, pur non avendo un carattere esaustivo in quanto realizzata nelle aziende sindacalizzate con oltre 15 dipendenti, rappresenta un quadro abbastanza articolato della situazione attuale.

L’indagine

L’indagine – realizzata da Maurizio Mascoli, responsabile del dipartimento Contrattazione, Mercato del Lavoro e Vertenze della Cgil Campania e da Giovanni de Falco, presidente di Ires Campania – ha permesso di censire 120 realtà produttive, nelle quali sono occupati 20.900 lavoratori coinvolti in processi di crisi e ristrutturazione. I licenziamenti già effettuati o previsti dalle procedure in corso sono oltre 1.600. Gli esuberi dichiarati, in particolare in rapporto ai contratti di solidarietà operanti, sono oltre 4.700. Se il territorio maggiormente interessato è naturalmente quello di Napoli e della sua area metropolitana per la maggiore concentrazione di attività industriali, le crisi sembrano investire in modo uniforme le altre province della Campania, proporzionalmente alle preesistenze industriali, con particolare gravità nei territori di Avellino, Benevento, Caserta dove maggiormente le crisi produttive incidono sull’economia locale.

I settori maggiormente colpiti sono quelli metalmeccanico, in particolare dell’automotive, l’indotto aeronautico e dell’elettrodomestico, insieme ai settori gomma e plastica, chimico e conciario. Particolarmente grave la situazione nell’industria collegata all’edilizia.

Solo alcune delle vertenze più importanti hanno tavoli aperti al Ministero dello Sviluppo economico o all’assessorato alle Attività Produttive della Regione Campania. Prevalgono tavoli istituzionali per la definizione del ricorso agli ammortizzatori sociali, prevalentemente CIG ordinaria e straordinaria e contratti di solidarietà, in sede di Ministero del Lavoro e/o all’assessorato al Lavoro della Regione Campania. Una sezione dell’indagine è dedicata alle categorie sindacali CGIL di riferimento degli occupati delle aziende censite e alla sindacalizzazione dei lavoratori coinvolti, che per la sola CGIL è superiore al 18%.

L’indagine sulle crisi e le vertenze aperte in Campania si articolerà in una seconda fase che riguarderà gli altri settori privati: edilizia, grande distribuzione, appalti, credito, trasporto locale, sanità privata e servizi. Ciò consentirà di avere una ricostruzione generale e analitica attuale dal punto di vista economico e occupazionale.

Lo studio condotto da Cgil Campania e Ires Campania – spiega il segretario generale Cgil Campania, Nicola Ricci – conferma quanto denunciamo da tempo sulla drammaticità delle crisi industriali nella nostra regione dovute all’assenza di una seria politica industriale. Ci sono due dati drammatici che emergono: il primo è che attualmente sono aperte circa 1600 procedure di licenziamento, esubero e ristrutturazione aziendale. Il secondo riguarda il monte ore di cassa integrazione: oltre 20 milioni di ore in 100 siti industriali che coinvolgono 121mila lavoratori. Entro il 2020 finiranno molti ammortizzatori sociali e, ad oggi, ancora non si ragiona di politiche industriali e di ammortizzatori sociali”.

L’indagine presentata oggi è l’ennesimo strumento che Cgil Campania mette a disposizione della Regione Campania per riaprire un dialogo più volte interrotto. “A luglio, con Cisl e Uil, – ricorda Ricci – abbiamo presentato una piattaforma programmatica proponendo delle soluzioni e chiedendo un dialogo costante con la giunta regionale. Abbiamo avuto soltanto un incontro sul tema della sanità e poi nulla più. Non possiamo attendere un esito politico per discutere di temi così rilevanti come lo sono le politiche industriali. Alla Regione – conclude il segretario generale Cgil Campania – chiediamo un tavolo permanente di monitoraggio delle crisi, richiesta che abbiamo avanzato già a dicembre insieme a Confindustria, Cisl e Uil senza ottenere, anche in questo caso, alcuna risposta. Serve un maggiore coordinamento da parte degli assessorati regionali di competenza: la Regione deve riappropriarsi della territorialità ed incidere maggiormente sul Governo”.

La crisi nei settori

Tra i settori più colpiti c’è quello metalmeccanico con 53 imprese coinvolte in processi di crisi o ristrutturazione aziendale. Con 13 aziende l’automotive è in testa alle produzioni in crisi, seguito dall’aeronautico (6) ed impantistica (5)*ferroviario (4), installazioni telefoniche (4), carpenteria (4), elettrodomestico (3), siderurgia (3), telecomunicazioni (1).

A seguire, con 16 aziende censite, c’è il settore dell’edilizia dove a soffrire maggiormente sono le aziende del cemento (6), legno (4), laterizi (3) e costruzioni (1). Non va bene neanche nel tessile/calzaturiero dove sono state 12 le aziende censite nel settore conciario (8) calzaturiero (3) e tessile (1).

Non va meglio nel settore gomma/plastica dove su 18 aziende censite, la componentistica (7) è quella che sta soffrendo di più la crisi, seguita dal settore della plastica (1) con la vertenza Treofan Italy di Battipaglia (Salerno). Nel settore chimico, su 9 aziende censite, ad essere colpite sono quelle che lavorano vetro e ceramica (5). Nell’industria alimentare sono state 5 le aziende censite, dove sono presenti aziende lattiero-caseario (1) e salumifici (1). Anche nel settore carta e cartone le aziende del packaging (2) sono in crisi. Infine, il settore dei trasporti, dove le due aziende censite, nel settore delle manutenzioni aeronautiche e dell’handling stanno attraversando un momento delicato.

I numeri dei licenziamenti e degli ammortizzatori social

Su 20.900 occupati censiti, nel 2019 ci sono stati 1.648 licenziamenti e 4.758 esuberi. Di questi 3.847 sono iscritti alla propria categoria di appartenenza della CGIL, pari al 18,41% del totale. Su 120 aziende, ben 107 hanno fatto richiesta di accesso agli strumenti di ammortizzatori sociali, così suddivisi: Cassa integrazione guadagni ordinaria (37), Contratti di solidarietà (29), Naspi (15), Cassa integrazione guadagni straordinaria (14), Mobilità in deroga (7), Cassa integrazione guadagni per cessazione attività (3), Cassa integrazione guadagni in deroga (2).

Cause, procedure e vertenze

Tra le principali crisi che coinvolgono le aziende oggetto dell’indagine, c’è quella che riguarda la debolezza o l’assenza di aree di mercato (97) dovuta anche alla crisi dei consumi, seguita da crisi finanziarie (18) e da ristrutturazioni aziendali (15). Tuttavia, le procedure concorsuali messe in atto sono appena 6, tra queste l’amministrazione giudiziaria (2), liquidazione (2), fallimento (1) e concordato preventivo (1).

Il dato più rilevante è sicuramente quello che riguarda i tavoli vertenziali aperti, ben 166 tra tutte le aziende censite. La maggior parte riguarda aziende e associazioni imprenditoriali (88), Regione Campania (32), Ministero dello Sviluppo Economico (16), Comuni (13), Ministero del Lavoro (12), Prefetture (5).

I territori e i lavoratori più colpiti

Dall’analisi dei settori produttivi ne consegue che la categoria più colpita è quella della FIOM (53 aziende), seguita dalla FILCTEM (41), FILLEA (16), FLAI (5), FILT e SLC (2), FUNZIONE PUBBLICA (1). Come detto, nel campione considerato, i territori maggiormente colpiti dalle crisi produttive industriali in testa c’è Napoli e l’Area metropolitana con 34 aziende, seguita da Caserta e provincia (29), Salerno e provincia (22), Avellino e provincia (21) e Benevento e provincia (14).

 

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