Cronaca

Crollo viadotto a Savona, ecco tutte le autostrade a rischio

Crollo viadotto a Savona. Un quadro perfetto dei disagi sulle nostre infrastrutture. Ecco tutte le autostrade a rischio in Italia.

Crollo viadotto a Savona, le autostrade a rischio

Un quadro fatto di più code in autostrada per chiusure di corsie a rischio, ritardi per un treno ad alta velocità su tre, convogli ordinari anche veloci ma costretti su linee “a ostacoli”.

È il conto di decenni di manutenzioni non fatte, convenzioni con lo Stato vaghe e controlli quantomeno insufficienti. Ma pesano anche lavori mal eseguiti e mancati adeguamenti a norme europee, che mettono l’Italia a rischio di procedura d’infrazione. Anche dove le risorse non mancano.

Di fronte a tutto questo, per la magistratura si pone il dilemma se sequestrare mettendo di fatto a rischio di paralisi il Paese o fare blitz con arresti e interdizioni per indurre i gestori a fare quanto non è stato fatto finora. La prima strada è stata scelta dalla Procura di Avellino, sia pure con gradualità e selezionando le situazioni più gravi finora solo in Campania, Marche, Abruzzo e Lazio. La seconda strada è seguita dai pm di Genova.

Il crollo sull’A6

Non è la prima volta in tempi recenti che una parte di autostrada crolla per una frana. L’ultimo episodio clamoroso è del 10 aprile 2015: sull’A19 Palermo-Catania (gestione Anas) ha ceduto una campata del viadotto Himera, quasi al centro della Sicilia. Di fatto spezzando in due i trasporti nell’isola.

Ancora oggi la ricostruzione (resasi necessaria per l’intera struttura) è in corso, anche se il traffico è ripreso a carreggiata ridotta.

La vicenda di quel viadotto mostra quello che potrebbe accadere ora a Savona. Ci fu un rimpallo di accuse tra Anas, Regione Siciliana e Comune di Caltavuturo, perché l’esistenza del fronte di frana era nota da anni ma nessuno intervenne. Ora vengono processati dipendenti di tutti e tre gli enti.

Nel caso di Savona bisognerà anche verificare la storia dei controlli sul viadotto. Fino al 2012 l’A6 faceva capo ad Autostrade per l’Italia (Aspi) e quindi era controllato dalla Spea, società dello stesso gruppo finita nell’occhio del ciclone per report che si sospettano edulcorati. Attualmente l’A6 è del gruppo Gavio, che ha anch’esso controlli affidati a una società interna, la Sina.

I controlli sarebbero più facili se esistesse davvero l’Ainop, super banca dati di tutte le opere istituita in tutta fretta dopo il crollo del Ponte Morandi. È di fatto bloccata da resistenze varie, anche nel ministero delle Infrastrutture. Così come l’Ansfisa, la super agenzia di controllo per la quale ora non si trova di meglio che ridurre le competenze riducendo i rischi per i suoi stessi vertici.

Nel frattempo, si cercano (pressoché invano) percorsi alternativi: la stessa A6 era già in parte tale, rispetto alle conseguenze del crollo del Ponte Morandi e le statali che s’inerpicano su Alpi (come la 20 del Col di Tenda) e Appennini non possono assorbire molto traffico. Così tra Il Ponente ligure e il Piemonte resta solo l’A26, dove peraltro sono in corso lavori legati proprio alla vicenda dei report edulcorati.

Cantieri sparsi
I lavori sui viadotti sono aumentati da inizio anno e ancor più proprio da settembre. I cantieri sono soprattutto in Liguria, su A26, A10, A7 e A12. Finora con disagi solo in weekend ed esodi; bisogna vedere che cosa accadrà ora, dopo il crollo sull’A6.

Ma a ottobre le ispezioni del ministero delle Infrastrutture (Mit) hanno portato a stringere a due corsie il viadotto Capodichino, nevralgico sulla già caotica Tangenziale di Napoli, ora riaperto in parte; con buona pace delle precedenti proteste sul pedaggio, sospeso e prontamente ripristinato dal gestore (gruppo Aspi).

Adriatica vicina al collasso

La situazione più critica è comunque quella sulla prima parte a due corsie dell’A14, tra il sud delle Marche e quasi tutto l’Abruzzo. Si viaggia a una corsia su una dozzina di viadotti messi sotto sequestro dalla Procura di Avellino perché le barriere new jersey non sono a norma.

La vicenda è emblematica degli impegni non mantenuti da Aspi, almeno prima dei cambiamenti di settembre adottati dopo i primi arresti per i report Aspi ritenuti edulcorati anche dopo il crollo del Ponte Morandi (anche se su vari aspetti gli altri gestori non fanno meglio).

Infatti, la riqualificazione delle barriere è prevista dalla convenzione Stato-Aspi del 2007. Ma la strage del bus caduto nel 2013 dal viadotto irpino Acqualonga dell’A16 e i pm hanno mostrato che gli accordi erano discrezionali: così ora per il ministero delle Infrastrutture e i consulenti dei pm quei new jersey vanno cambiati.

Aspi non è mai stata d’accordo ma ora si sta adeguando per ottenere un rapido dissequestro. Tuttavia, fonti qualificate stimano che i lavori finiranno nel 2021. Stessa situazione, sia pure con meno disagi, in altri viadotti dell’A16 e nel tratto romano dell’A1 “fresco” di sequestri scattati martedì 19.

Gallerie non a norma

Anche il capitolo gallerie lascia poco tranquilli. Il 30 aprile è scaduto il termine per adeguare rifugi, ventilazione ed estintori a norme Ue fissate 15 anni fa. Oggi, l’80% delle gallerie autostradali del Centro-Sud, ispezionate dall’Ufficio ispettivo territoriale di Roma del ministero delle Infrastrutture, non è a norma.

L’Italia rischia una procedura d’infrazione Ue: il 10 ottobre ha ricevuto da Bruxelles una lettera di messa in mora. Non sono bastati gli impegni portati alla Commissione Ue in primavera dal Mit, che proponeva un adeguamento entro fine 2021. Peraltro, allo stesso Mit i gestori autostradali hanno comunicato la disponibilità ad adeguarsi solo nel 2022.

Per evitare altre chiusure, vanno limitati traffico, velocità e sorpassi, come in A14. A pena di disagi o peggio, come si vede anche in questi giorni.

Martedì 19 novembre sulla A10 tra Savona e Spotorno – gestione Gavio – nella lunga galleria Fornaci (per la quale l’adeguamento non è previsto a breve termine) si è incendiato un camion intossicando 32 persone e bloccando il traffico per ore; e ad aprile 2018 identica sorte era toccata a un bus di studenti.

Sempre martedì 19 nella galleria Camaldoli (Aspi, A12, a Genova) si è creato un vero ruscello.

Giunti a rischio

A volte basta poco per spezzare intere aree. Come lunedì 18 in Sicilia per la rottura di un giunto di viadotto sulla A19 a Termini Imerese (gestore Anas). Da inizio anno sono saltati giunti a Bologna in A14 (una donna ferita) e a Roma in A1. Casualità o, come dicono fonti qualificate, rotture per lavori fatti male o detriti non asportati?

Treni ad alta velocità in ritardo

L’allarme-treni si era acceso lo scorso inverno, con la metà dei convogli ad alta velocità in ritardo con il traffico cresciuto del 300% rispetto a dieci anni fa. Ora i ritardi sono calati al 30% grazie a vari interventi.
Le Fs preannunciano ulteriori novità tra cui lo spostamento su Milano Porta Garibaldi dei treni Torino-Venezia e la riorganizzazione degli orari.

Allarme incendi

Tuttavia i disagi sono costanti. È del 6 novembre un incendio a Roma Tiburtina. Evento non raro, in cui sono documentate condizioni non perfette degli impianti elettrici.

La sicurezza non è in discussione, tanto che l’autorità di controllo (Ansf) si limita ad auspicare «maggiore protezione dei cavi»: se uno di essi si interrompe, i treni si fermano.

Ma alcuni episodi danno da pensare. Come gli incendi del 20-21 luglio scorso: uno doloso in un punto delicato come una cabina elettrica a Rovezzano (Firenze) e uno su un Frecciarossa fatto entrare nella stazione sotterranea di Bologna nonostante ci fosse un’area di evacuazione prima della galleria.

Treni veloci, binari lenti

 

Ci sono poi problemi strutturali che toccano soprattutto i treni merci, più pesanti. E mentre i controlli ordinari su ponti e gallerie sono al 100%, quelli straordinari avviati dopo un crollo nel 2011 sono ancora al 22% delle strutture.

Intanto, tratte passeggeri anche importanti come i 150 km della Roma -Pescara si percorrono in tre ore e mezzo e, con linee rallentate da vari problemi, i nuovi treni regionali capaci di raggiungere i 160 km/h servono più che altro per dare confort.

Incidenti e rischio chiusura
Resta poi da spiegare perché si tardò a cambiare il giunto che a gennaio 2018 cedette a Pioltello (Milano) causando un deragliamento con tre morti.

In Liguria i sindacati hanno proclamato uno sciopero perché i lavoratori nei cantieri ferroviari (delle Fcs e di ditte esterne) sono esposti a rischi e disagi. Pesa, tra le altre cose, Quota 100: non sono stati pochi i lavoratori esperti pensionatisi anzitempo ed è da verificare se chi è subentrato ha ricevuto una formazione davvero sufficiente.

Sulle linee locali non gestite da Fs prosegue l’adeguamento dei sistemi di controllo del traffico, ma a rilento. L’ultima emergenza sulla Roma-Lido (gestita da Atac), dove di fatto si rischia la chiusura. Problemi importanti anche sulla Roma-Viterbo e su Ferrovie del Gargano.