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David Bowie, la vita e la carriera del carismatico e poliedrico cantante inglese

Figura carismatica e poliedrica, trasformista e provocatoria, David Bowie è stato unico non solo in senso strettamente musicale, ma anche per il modo di proporsi sul palco, per l’uso della teatralità e dell’artificio e per l’abilità di mescolare influenze musicali, visive e narrative molto diverse: dal teatro giapponese ai fumetti, dalla fantascienza al mimo, dal cabaret a Burroughs.

David Bowie, cantautore britannico

Nato a Brixton (Londra) l’8 gennaio del 1947, David Bowie (nome d’arte di David Robert Jones) incide il primo disco nel 1964 e vive per tre anni nel giro dei piccoli gruppi R&B. La popolarità arriva, inaspettata, col singolo “Space Oddity”, canzone di fantascienza dall’arrangiamento vagamente psichedelico.


La sua vera carriera inizia con l’album “Hunky dory” del 1971 (undici mesi prima c’era stato “The man who sold the world” ma l’anno del trionfo è il successivo, quello dell’album “Ziggy Stardust“, costellato da brani come “Rock’n’roll suicide”, “Starman”, “Suffragette city” o “Five years”). In Gran Bretagna l’album arriva al quinto posto delle classifiche.

Nella storia della musica pop

“Aladdin sane” (aprile 1973) è invece album di transizione, giudicato da alcuni un po’ sottotono anche se impreziosito da brani come “Panic in Detroit”, “The Jean genie” e la splendida “Time”. Nello stesso anno esce anche “Pin-ups”, un album di covers.



Nel maggio 1974 il primo dei cambiamenti, quello dell’epico “Diamond dogs“, album futuribile e decadente, punteggiato da apocalittiche visioni post-nucleari e ispirato al romanzo “1984” di George Orwell. Memorabili la title-track, “Rebel rebel”, “Rock’n’roll with me” e “1984”.

Dopo un “David live”, Bowie passa nel maggio 1975 a “Young Americans”, altro cambiamento.

E un altro ancora, con l’epico “Low”, lo aspetta nel gennaio 1977. A metà del periodo d’oro del punk (estate 1976 – estate 1977) David Bowie esce infatti con un album elettronico, cupo, registrato a Berlino, fratturato, ambientale prima che il termine diventasse in uso vent’anni dopo.

“Low”, a detta della critica più accreditata, rimane forse il suo ultimo lavoro d’importanza centrale con canzoni come “Be my wife”, “Speed of life” o “Always crashing in the same car” a fare da colonne portanti. Il difficile lavoro, non certo alla portata di tutte le orecchie, guadagna comunque il secondo posto in Inghilterra.



Il successivo “Heroes“, giocato sulle stesse atmosfere ma meno claustrofobico, è un grande successo. Ormai è considerato un maestro del genere e un nome sicuro su cui puntare per ottenere successi con il marchio della qualità.

Anche se alcuni suoi lavori successivi (ad esempio “Let’s dance”) venderanno ancora meglio di “Heroes”, la parabola discendente è, secondo alcuni (fra cui si contano i fan più incalliti), ormai tracciata. La svolta di Bowie verso la dance, verso la musica commerciale, vista come il fumo negli occhi dai fan storici, sembra irreversibile.



La parentesi “Tin machine”, ovvero il gruppo in cui Dave Jones dichiara di volersi esibire per tutta la vita, esordisce in maniera promettente, ma viene archiviata circa tre anni dopo.

“Earthling”, con deviazioni “jungle” e suoni di tendenza, pur con buone recensioni fallisce il tentativo di riportarlo tra gli artisti più apprezzati dal pubblico. Il decennio discografico si conclude positivamente con l’album “Hours”, un rassicurante ritorno alla canzone nel suo stile più classico.



Il nuovo millennio è rappresentato invece da “Heathen”, lavoro del 2002 del “Duca bianco” (così viene chiamato spesso il cantante, per via del suo portamento elegante e distaccato).

David Bowie al cinema

Il poliedrico David Bowie si è inoltre distinto per le sue positive partecipazioni in diverse opere cinematografiche, come ad esempio “L’ ultima tentazione di Cristo” (1988) del maestro Martin Scorsese, con Willem Dafoe e Harvey Keitel.



Nel 2006 recita nel film di Christopher Nolan “The Prestige” (con Hugh Jackman, Christian Bale, Michael Caine e Scarlett Johansson) interpretando Nikola Tesla.

Ma non sono da dimenticare anche “L’uomo che cadde sulla Terra” (il suo primo film, del 1976), “Tutto in una notte” (1985, di John Landis), “Labyrinth” (1986), “Basquiat” (di Julian Schnabel, 1996, sulla vita di Jean-Michel Basquiat), “Il mio West” (dell’italiano Giovanni Veronesi, 1998), e il cameo in “Zoolander” (di Ben Stiller, 2001).

Gli ultimi anni e morte

Bowie ha positivamente sconvolto gli anni Settanta, è sopravvissuto alla parentesi fatta di look degli anni Ottanta, ma nei Novanta ha trovato un decennio ostile nei suoi confronti. Negli decenni successivi pubblica tre dischi: “Heathen” (2002), “Reality” (2003), “The Next Day” (2013). Nel gennaio del 2016 esce il suo ultimo disco dal titolo “Blackstar”.



Malato di cancro da oltre 18 mesi, muore a New York il 10 gennaio 2016, pochi giorni dopo aver compiuto 69 anni.

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