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Davigo sulla riforma della giustizia, prescrizione e referendum Lega- Radicali

Nel breve periodo, per l’Italia si prospettano significative novità. Dopo l’abolizione dell’istituto della prescrizione, particolarmente criticato da Piercamillo Davigo, in più occasioni, è all’orizzonte una nuova riforma della giustizia ed un referendum Lega-Radicali. Nel corso della puntata settimanale del noto programma “Di Martedì”, condotto da Giovanni Floris, il noto magistrato Davigo ha espresso la sua opinione sulla prossima riforma della giustizia.


Davigo sul rapporto tra impunità e prescrizione

Floris: “In Italia, chi sono gli impuniti dal suo punto di vista?” Davigo: “Sono quelli che la fanno franca o che scontano pene esigue, in relazione alla gravità dei reati commessi. Ne abbiamo una collezione di prescritti, tra l’altro condannati a risarcire i danni, ma che se la sono cavata senza scontare la pena. A parte amnistie ed indulti, che sono una specialità italiana, il problema è che le altre misure alternative al carcere sono concepite per reintegrare nella società le persone emarginate, non per chi è iper-integrato. Previti era stato ministro della Repubblica e senatore”.

Floris: “Altri nomi di impuniti, tra i politici, secondo il suo punto di vista?” Davigo: “Beh, Berlusconi se l’è cavata andando nell’ospizio a fare assistenza ai ricoverati. Anche lui con l’affidamento ai servizi sociali. All’estero si metterebbero a ridere, a pensare che un ex Presidente del Consiglio viene affidato ai servizi sociali”.

Floris: “Diciamo allora che è un impunito per il suo punto di vista. Perché da cittadino ha pagato. Anzi, adesso la Corte europea dei diritti dell’uomo vuole vederci chiaro sul procedimento che ha portato alla sua condanna. Davigo: “La Corte europea dei diritti dell’uomo ha chiesto informazioni e le saranno date”.


Il caso Previti e l’istituto della prescrizione secondo Davigo

Floris: “Parliamo di giudici. Ci sono giudici colpevoli, ma impuniti?” Davigo: “Eh si. Adesso ne ricordo uno. Squillante è morto, mi spiace parlare di un morto, però non solo è riuscita a farla franca con la prescrizione, ma gli sono stati restituiti 8 miliardi e 200 milioni (di lire), che non erano compatibili certamente con il suo stipendio. Lui si era difeso quando avevamo trovato in Svizzera questi soldi, dicendo che aveva fatto insider trading, perché essendo stato membro della Consob aveva fatto operazioni sulla base di notizie riservate. In realtà quando lui rese queste dichiarazioni, la sera stessa, io perquisii l’agente, con cui diceva di averle fatte e trovai nel fascicolo, intestato a Squillante, un appunto piuomeno di questo tenore – preparare vincite fino a 400 milioni. Lo interrogai sul significato dell’appunto e mi disse che, quando Squillante doveva giustificare somme, gli comunicava l’importo e lui faceva operazioni di borsa finta, per far vedere di avere guadagnato quelle somme. Dopo essere stato condannato in primo grado e in appello, la Corte di Cassazione, dopo cinque sentenze della stessa corte, che stabilivano la competenza di Milano, decise che la competenza era di Perugia. Lo decise sulla base di un fatto singolare, cioè che il teste aveva detto di aver visto Previti consegnare a Squillante denaro a Roma. In tutto il processo c’era stata una battaglia terribile di tutti i difensori, per stabilire che il teste (Stefania Ariosto) era inattendibile. Poi gli è venuta bene per la prescrizione, perché annullando la sentenza di primo grado e d’appello hanno rimandato al pubblico ministero ed il processo si è prescritto”.

Floris: “Però vede, tra le contraddizioni che colpiscono un cittadino, come è lei nel momento in cui fa queste riflessioni e le regole a cui si deve attenere un giudice, c’è una differenza?  Pensi che sul processo ex Siri,che era uno dei più importanti di Squillante, lui venne condannato per due gradi. Poi, la Cassazione disse che era un comportamento esecrabile, ma non di corruzione. Quindi venne assolto in terzo grado, in via definitiva. Lei ne parla come un colpevole eterno…”Davigo: “No, io parlavo di un altro processo – il processo Sme- in cui venne condannato in primo grado e in appello e dove la Cassazione, cambiando improvvisamente una decisione che cinque volte era stata presa in senso diverso, ha deciso, siccome c’era stata questa consegna a Roma…”

Floris: “Come si pone quando c’è il discrimine tra un comportamento esecrabile ed un vero e proprio reato?” Davigo: “I magistrati devono osservare la legge. Ma non è questo il punto. Quando la legge è fatta in modo da farla far franca, questo pesa sulla coscienza”.

Floris: “Senta, quando dicono ad un giudice stia più attento, perché tutti quelli che lei indaga, che persegue, alla fine vengono assolti- ed è capitato spesso in questo periodo- lei cosa pensa?” Davigo: “Mah, bisogna vedere qual è il giudice che ha sbagliato, se di primo grado, di appello o di Cassazione. Non c’è scritto da nessuna parte che abbia ragione il primo. Però, nella mia esperienza, le sentenze di primo grado, in genere, sono scritte meglio di quelle d’appello. Ci sono 139 tribunali, 26 corti d’appello e una di Cassazione. Se passassero un numero limitato di processi, tra il primo ed il secondo grado e dal secondo al terzo, probabilmente funzionerebbe meglio il sistema. Siccome le corti d’appello sono sommerse dai processi, perché ci sono un numero straordinario di impugnazioni in Italia, il tempo che il giudice d’appello può dedicare ad ogni singolo processo è decisamente minore”.

Davigo sui “reati puniti male”

Floris: “Sulle riforme che si prospettano per la giustizia, spostiamoci dalle persone ai reati. I reati puniti male, lei dice che spesso sono quelli dei colletti bianchi. Cosa intende?” Davigo: “Nel senso che vengono fatte norme di proposito, di miglior favore, per i reati che sono commessi dalla classe dirigente, rispetto ai reati comuni”. Floris: “É vero che per truffa non si finisce in carcere?” Davigo: “Beh, la truffa è punita con la reclusione fino a tre anni, salvo che sia in danno di uno Stato o di un ente pubblico, non è consentita la custodia in carcere”.

Floris: “Il finanziamento illecito, un altro grande classico della cronaca giudiziaria italiana, resta o non resta impunito?” Davigo: “Non è che resta o non resta impunito. Il problema è che quando io sento dire che il finanziamento illecito è un reato finto – perché c’è anche chi dice queste cose- mostra di non sapere che il finanziamento illecito punisce con pene meno severe condotte che, se non ci fosse il reato di finanziamento illecito, sarebbero punite più severamente”.


Davigo sulla prossima riforma della giustizia e sulla prescrizione

Floris: “Ci sono leggi sbagliate, non tanto i magistrati che le applicano. Adesso sta per arrivare una riforma, stanno lavorando per una riforma. Il ministro Cartabia pensa a riti alternativi, a reintrodurre la prescrizione- applicandola, però, ai tempi lunghi del processo. Se passassero queste proposte cambierebbe qualcosa in meglio, secondo il suo punto di vista?”

Davigo: “Io le ho definite cure palliative. Quando è stato fatto il nuovo codice di procedura penale, la condizione che già allora si prevedeva, affinché il codice potesse funzionare, è che la maggior parte dei processi fossero definiti attraverso riti alternativi – patteggiamento e rito abbreviato – come avviene nei paesi dove c’è il processo accusatorio. Perché è un processo molto più lungo. I risultati non ci sono stati. Non ci sono stati perché prima c’era l’amnistia. In secondo luogo perché c’è la prescrizione. La pena era ridotta fino ad un terzo, ma è sempre meglio nessuna pena grazie alla prescrizione, piuttosto che una pena ridotta fino ad un terzo. Adesso la Commissione propone di ridurre la pena fino alla metà. Ma se c’è la prescrizione, è sempre meglio niente che metà della pena. Si sta svilendo il sistema penale oltre ogni soglia di credibilità. Il punto è proprio questo. Attualmente, riconosce la stessa Commissione, le corti d’appello, hanno un arretrato pari a due anni. Cioè per poterlo smaltire, bisognerebbe che per due anni lavorassero senza ricevere processi. Evidentemente impossibile. Di fronte ad una realtà di questo genere, mettere un termine in fase di appello per non finire significa dare la stura ad atteggiamenti dilatori, per cercare di guadagnare tempo, per arrivare in prescrizione. Allora perché uno dovrebbe patteggiare?”

Floris:” Dott. Davigo, allora arriva il referendum Radicali- Lega. La custodia cautelare. Il carcere preventivo si trasforma, dicono i promotori, troppo spesso nell’anticipazione della pena, senza che sia stata ancora emessa la sentenza. Meglio abolirlo?” Davigo: “Guardi, non c’è nessun Paese al modo ove non vi sia la custodia cautelare. La questione è questa. Dire che non ci vuole la custodia cautelare significa dire, di per sé, una stupidaggine. Ma le sembra possibile che se uno viene colto in flagranza in commissione di reato possa essere rilasciato perché non si può disporre la custodia cautelare? Cioè lo si arresta e poi lo si rilascia, perché le norme sull’arresto rimangono invariate. Questo già accade per certi reati”.

Davigo sulla riforma della giustizia ed il referendum Lega- Radicali

Floris: “Separazione delle carriere. Il magistrato sceglie ad inizio carriera se essere pm o giudice. Non potrà passare da una funzione all’altra. Così hanno una cultura diversa, non si frequentan le parti. Così il magistrato avrà un punto di vista differente dal pubblico ministero…” Davigo: “É esattamente un errore, perché dovrebbero avere proprio la stessa cultura, invece. Già oggi ci si lamenta del numero eccessivo di assoluzioni, dando la colpa al pm che sbaglia. Il problema è che il Consiglio d’Europa ha raccomandato, a tutti e 47 gli Stati membri, il modello italiano, stabilendo che invece è opportuno che uno passi da una all’altra funzione. Ovviamente non nello stesso processo, perché la cultura comune assicura una migliore amministrazione della giustizia”.

Floris: “Però, quando hanno lo stesso sentire e sono tutti rappresentati nel Csm, si mette in condizione di svantaggio, dicono i promotori, proprio la difesa”. Davigo: “Non è così. Il pm è al servizio della legge. La difesa è al servizio di interessi privati, quindi non c’è nessuna uguaglianza”.

Legge Severino ed automatismi sull’incandidabilità

Floris: “Abolizione della Legge Severino. Nessun automatismo, i giudici decidono l’incandidabilità caso per caso. Oggi, in caso di condanna per alcuni reati, scatta l’incandidabilità automatica agli incarichi politici. Se la Legge Severino venisse abrogata si darebbe facoltà ai giudici di decidere caso per caso. Più potere ai giudici, dovrebbe piacerle..”

Davigo: “No, non mi piace, perché chi dice queste cose non sa, ad esempio, che il codice non permette di infliggere misure alternative, tipo l’interdizione dai pubblici uffici, per coloro che sono stati eletti direttamente dal popolo. Noi abbiamo avuto una classe dirigente che fa uso, sistematicamente, della propria posizione, per difendersi nei processi. Cambia le leggi per non farsi condannare. Avevamo imputati parlamentari che continuavano a richiedere rinvii dicendo che erano impegnati in Parlamento. Quando l’Onu ha mandato in Italia il giudice malese, questo ci ha spiegato che il processo non si può fare se non c’è l’imputato, mentre il Parlamento, salvo un caso estremo della differenza di un voto tra maggioranza ed opposizione, funziona benissimo anche se quell’imputato quel giorno non c’è. Quindi, questa è la priorità. Il processo viene prima, dicono le Nazioni Unite”.

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