Con 162 voti favorevoli, 91 contrari e 3 astenuti, la Camera ha approvato in prima lettura il ddl 1660 (il cosiddetto “ddl Sicurezza”), che ora dovrà passare al vaglio del Senato per diventare legge a tutti gli effetti. Ecco cosa prevede.
La Camera ha dato il via libera al ddl Sicurezza
Con 162 voti favorevoli, 91 contrari e 3 astenuti, la Camera ha approvato in prima lettura il ddl 1660 (il cosiddetto “ddl Sicurezza”), recante “disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”. Il via libera è arrivato dopo che la scorsa settimana sono stati approvati una serie di articoli ed emendamenti che aprono a un forte inasprimento delle pene e alla più smaccata criminalizzazione del dissenso, a partire dal carcere per chi blocca il traffico fino alla stretta sulla cannabis light.
Il provvedimento, di portata molto ampia, dovrà ora passare al vaglio del Senato prima di diventare legge a tutti gli effetti. Sono molte le associazioni che in Italia hanno espresso dubbi circa il carattere estremamente repressivo del testo e che sottolineano come, in diversi casi, il testo del ddl non definisca i contorni precisi dei reati, pur prevedendo una dura linea repressiva contro di essi. Un forte allarme sui contenuti è arrivato anche dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), alla quale aderiscono i governi di 57 Paesi, che ha denunciato come “la maggior parte delle disposizioni” del Ddl abbia “il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello Stato di diritto”.
Cosa prevede il Ddl sicurezza
Il nuovo ddl sicurezza introduce una serie di misure preventive su reati gravi. Ecco cosa prevede:
- Il blocco stradale diventa un reato penale con condanne che possono arrivare fino a due anni di carcere nel caso in cui a commetterlo siano due o più persone;
- Le rivolte in carcere o nei Cpr possono essere punite con pene fino a 20 anni;
- Inasprite le pene anche per chi protesta contro le grandi opere: si rischia fino a 25 anni di carcere;
- La propaganda delle lotte è punibile fino a 6 anni in quanto considerato terrorismo della parola;
- Il giudice potrà disporre il carcere immediato anche per le madri incinte o con figli di età inferiore a un anno;
- Ufficiali e agenti di polizia potranno portare armi senza licenza, anche quando non sono in servizio;
- Body cam per le forze di polizia, anche se non come dotazione obbligatoria.
Una norma che ha il chiaro intento di azzerare la libertà e il diritto delle persone a manifestare il proprio dissenso, che introduce nuovi reati penali, e quindi il carcere, nei confronti di chi occupa strade, spazi pubblici e privati. Un ddl, quindi, che limita l’iniziativa e le mobilitazioni sindacali per difendere i posti di lavoro e contrastare le crisi aziendali e occupazionali.
Sindacati e reti sociali mobilitati contro il Ddl Sicurezza
Retti sociali, associazioni e sindacati si mobilitano contro il disegno di legge sulla sicurezza 1960 del governo Meloni, approvato la settimana scorsa dalla Camera dei Deputati, che penalizza la protesta pacifica e limita le libertà di manifestazione di giovani, lavoratori e lavoratrici, che rischiano pene da 6 mesi a 2 anni di detenzione per blocchi stradali realizzati con il proprio corpo. Oltre a una petizione online, sono stati organizzati due eventi: il primo, promosso da Cgil e Uil, si terrà mercoledì 25 settembre alle ore 16.30, davanti al Senato.
Al presidio partecipano, tra le altre, le seguenti realtà: Anpi Roma, Rete dei Numeri pari, insieme a Cgil di Roma e del Lazio, Rete degli Studenti Medi Lazio, Libera Roma e Rete NoBavaglio, UDU Roma, che hanno diffuso una dichiarazione:
“Il Ddl sicurezza approvato dalla Camera è vergognoso. Le destre continuano a guardare alla sicurezza solo in termini repressivi e punitivi delle lotte sociali, inasprendo le pene, introducendo nuovi reati per colpire le forme più pacifiche di protesta e comprimere gli spazi di democrazia del nostro paese.
Il carcere continua ad essere visto come strumento meramente punitivo, perseguendo, con l’introduzione del reato di rivolta in carcere, non tanto gli episodi di violenza già puniti dalla legge, persino la resistenza passiva impedendo nei fatti ogni forma di protesta contro le condizioni disumane in cui sono gli istituti penitenziari. In tutto questo si normalizza anche l’idea che una donna incinta o un neonato possa finire in carcere.
Nei centri di trattenimento e accoglienza per i migranti si nega l’utilizzo del cellulare, vincolando il possesso della sim alla presenza di permesso di soggiorno. Sono tutte norme che non rendono più sicuro il nostro paese, né migliorano la vita delle persone, anzi, ne minacciano i diritti costituzionali. Contro questa idea liberticida di sicurezza dobbiamo mobilitarci con forza affinché la maggioranza di Governo faccia un passo indietro, rispetti i diritti delle persone e i valori della Carta Costituzionale.”