Nonostante un sostanziale approccio emergenziale, lo smart working ha apportato numerose migliorie, anche organizzative, all’interno della Pa. Di questo ne è convinto soprattutto il prof. Marco Carlomagno, Segretario Generale della Federazione Lavoratori Pubblici, pronto a manifestare il dissenso dei dipendenti pubblici contro le scelte del governo. Lo smart working potrebbe porre fine ad alcuni fenomeni dannosi per la Pa, tra cui quello dell’assenteismo e quello della segregazione delle funzioni. A tale visione complessiva, però, si oppone proprio il ministro della Pa Renato Brunetta, che lo scorso ottobre ha perentoriamente disposto il “rientro in ufficio”, spinto perlopiù da altre tipologie di esigenze.
Intervista al Segretario Generale Flp Marco Carlomagno
Smart working e pandemia
Lo smart working è stato introdotto nell’emergenza pandemica, come nuova forma di organizzazione del lavoro, senza essere adeguatamente regolamentato?
“Non è proprio così. La narrazione del Ministro Brunetta di questi mesi è parziale. Il fatto di aver previsto nella fase più dura dell’emergenza pandemica che il lavoro agile fosse la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione non ha fatto venir meno le previsioni normative che c’erano sul lavoro agile ordinario. Sono stati sottoscritti due Protocolli d’intesa tra Confederazioni sindacali e Governo con l’allora Ministra Dadone che hanno dato una cornice pattizia all’istituto. In quasi tutte le Amministrazioni, inoltre, si sono definiti in quella fase accordi con le rappresentanze dei lavoratori per regolamentare il rapporto di lavoro”.
La confusione tra smart working e telelavoro è frutto di un approccio emergenziale? Ci siamo trovati catapultati in una nuova concezione di organizzazione del lavoro?
“Il lavoro agile emergenziale, resosi necessario al fine di prevenire il contagio, è stato sicuramente più vicino al telelavoro che al lavoro agile previsto dalla Legge 81/2017. Comunque, pur facendo i conti con l’arretratezza tecnologica di molte Amministrazioni e con l’utilizzo delle attrezzature messe a disposizione dai lavoratori, ha permesso una accelerazione nel campo della modernizzazione dei processi e nella digitalizzazione di molti di essi. Sicuramente ha fatto emergere nuove capacità lavorative, valorizzando l’autonomia e la responsabilizzazione degli addetti. Dimostrando, così, che l’organizzazione del lavoro attuale delle PA è in gran parte arcaica e superata e che ci sono tutte le condizioni per renderla più adeguata alle necessità del Paese”.
Digitalizzazione della PA, Pnrr ed età media dei dipendenti pubblici
La completa digitalizzazione della PA è ostacolata dall’età avanzata degli impiegati pubblici? In Italia abbiamo dipendenti pubblici con età media piuttosto elevata. Le assunzioni temporanee del Pnrr rappresentano un’occasione per un ricambio generazionale, oppure potrebbero aumentare il precariato?
“L’età media è effettivamente elevata a causa delle politiche di depotenziamento e di mancate assunzioni degli ultimi decenni, ma non direi che questo è un fattore che impedisce la digitalizzazione delle PA. In questi mesi i risultati raggiunti sono stati notevoli e a questi hanno concorso proprio gli attuali dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni. Il gap è da rinvenirsi nell’arretratezza tecnologica e nei mancati investimenti in molti settori, ma soprattutto nella cultura dell’adempimento formale che alberga nei vertici delle Amministrazioni. È lì che si ritrova la maggiore resistenza all’innovazione.
Per quanto concerne le forme di reclutamento previste dall’attuazione del PNRR è indubbio che fosse necessario, dopo anni di mancato turn over, riprendere i percorsi assunzionali, anche individuando tutte le professionalità necessarie in un mondo che in questi anni è profondamente cambiato e che trova le nostre Amministrazioni carenti. Ma il cambio di passo deve essere strutturale e prospettico, in quanto non solo bisogna fare in modo che le risorse del PNRR arrivino e siano utilizzate, ma anche investite a regime per la riorganizzazione della nostra Pubblica Amministrazione. Le assunzioni temporanee, in luogo di un piano di rafforzamento organico e a tempo indeterminato, non vanno nella direzione auspicata e ci porteranno tra poco a confrontarci di nuovo con le problematiche della stabilizzazione dei precari”.
Il sistema feudale nella Pa
Perché parla di sistema feudale nella PA?
“Perché come dicevo manca la cultura dell’organizzazione per risultati. Il cittadino e il sistema delle imprese come fruitori dei servizi non sono stati messi al centro delle politiche pubbliche. Prevale ancora in molti burocrati la “cultura” del guardarsi dentro, pensare a sé stessi, esercitare il potere nei confronti degli utenti e del personale. I modelli organizzativi sono costruiti non per raggiungere gli obiettivi, ma per perpetuare il proprio potere circondandosi di ‘Yes Men'”.
Rientro in ufficio e pregiudizi del ministro Brunetta
Il ministro Brunetta ha assecondato un imminente e perentorio “rientro in ufficio”. È tramontata definitivamente l’era dello smart working?
“A prescindere dalle convinzioni del Ministro Brunetta, che da sempre si oppone al lavoro agile per un suo pregiudizio nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici, non saranno certamente le sue contraddittorie norme a bloccare un processo che è ormai irreversibile, praticato in gran parte degli altri Paesi e sperimentato e valorizzato con efficacia nel privato.
Certo le sue azioni rallenteranno nel nostro Paese i processi di modernizzazione e di innovazione, e purtroppo, con il frettoloso e assolutamente immotivato rientro di massa in presenza negli Uffici, rischiano di avere effetti molto negativi sulla salute pubblica, in una fase che merita invece ancora la massima attenzione. Un motivo in più per costringerlo ad un necessario e immediato passo indietro”.
Il pregiudizio di fondo è duplice, come ha ricordato in audizione alla Commissione lavoro della Camera, lo scorso 22 settembre: da un lato i dipendenti pubblici sono stati additati nuovamente come ‘fannulloni sul divano’, mentre dall’altro riecheggiano esigenze di economia. Cosa ha spinto il ministro ad una decisione così drastica?
“Brunetta continua ad avere pregiudizi inaccettabili nei confronti del lavoro pubblico e allo stesso tempo teorizza un modello di Pubblica amministrazione anacronistico, basato sulla mera presenza in Ufficio come fattore di maggiore efficienza. È indubbio che sulla scelta del rientro in massa abbiano influito le richieste di intere categorie economiche che lamentavano minori introiti per i loro esercizi commerciali situati nei pressi degli Uffici. Come delle catene di ristorazione legate all’emissione dei buoni pasto.
Ma questa scelta, non è solo parossistica dal punto di vista del rapporto presenza fisica-efficienza, ma è anche assolutamente stravagante dal punto di vista economico, dal momento che comunque la capacità di spesa dei pubblici dipendenti non è finita ma si è trasferita agli esercizi più vicini alle abitazioni. Senza contare gli impatti che le politiche di diffusione del lavoro agile hanno sul territorio: impatti in termini di maggiore sostenibilità ambientale, maggiore produttività, maggiore equità e sostenibilità sociale e maggiore sostenibilità istituzionale che sono poi tra quelli promossi nell’ambito dell’Agenda 2030″.
Lo smart working ed I servizi offerti ai cittadini
Lo smart working è stato uno strumento utilizzato per offrire maggiori servizi ai cittadini, in maniera digitale, veloce e flessibile? Si poteva fare di più?
“Si è fatto molto e, tuttavia, si sarebbe potuto fare di più se non ci fossimo trovati di fronte al brusco dietro front di questi mesi. Ora tutti i detrattori del lavoro agile, la burocrazia feudale che vuole che nulla cambi, sicuramente avranno una ragione in più per ostacolare e opporsi al cambiamento, frenando su tutte le innovazioni che erano state progettate e in molti casi già attuate nella direzione della digitalizzazione.
Ma il Governo deve sciogliere il nodo e dire da che parte stare. Perché non si può contemporaneamente mettere in campo con il Ministro Colao un piano di digitalizzazione del Paese e allo stesso tempo avallare le azioni in netta controtendenza del Ministro Brunetta”.
Lei ha parlato di ‘mancanza di visione integrata, complessiva’. Il ‘ritorno in ufficio’ non tiene conto di altre esigenze altrettanto meritevoli di attenzione?
“Io non penso ovviamente ad Amministrazioni in cui il lavoro agile sia l’unica modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. È evidente che alcune attività sono ancora tendenzialmente da svolgere in presenza, almeno con gli attuali livelli di digitalizzazione dei processi. Ma l’obiettivo a cui tendere è quello di implementare le dotazioni tecnologiche delle Amministrazioni e rivisitare le lavorazioni, in un’ottica integrata capace di produrre semplificazione amministrativa, velocizzazione delle decisioni e dell’emanazione degli atti.
Penso a regime a prestazioni lavorative che coniughino in modo armonico il lavoro agile con quella in presenza che comunque è utile non solo per fornire servizi non diversamente erogabili ma anche per permettere momenti di condivisione e di scambio professionale che comunque dovranno essere garantiti. Ciò che contesto è l’approccio pregiudiziale sull’efficienza e la produttività della prestazione lavorativa in modalità agile rispetto a quella in presenza, che costituisce oggettivamente un passo indietro nell’organizzazione del lavoro e dei servizi, oltre che incidere in modo pesante su tutti gli strumenti di conciliazione vita-lavoro”.
Smart working per debellare assenteismo e segregazione delle funzioni
Lo smart working potrebbe debellare l’assenteismo ed il fenomeno della segregazione delle funzioni?
“Sicuramente. Da dati già divulgati e già disponibili è emerso che durante questi mesi di lavoro agile emergenziale i tassi di assenza nel pubblico impiego sono drasticamente diminuiti, ciò a dimostrazione di come questo strumento, che ha una forte connotazione di conciliazione vita lavoro, unitamente al senso di responsabilità del personale, permette di valorizzare al massimo le prestazioni lavorative, che possono essere svolte con efficacia durante un arco temporale sicuramente più flessibile di quello rigidamente ancorato ai tempi della presenza.
Così come dalle rilevazioni disponibili è emerso con grande chiarezza che il lavoro agile permette una maggiore dinamicità della prestazione liberandola dalla complessità burocratica e dalla netta separazione delle funzioni che ancora oggi è presente nei processi lavorativi di molte pubbliche amministrazioni”.
Come accrescere la produttività della Pa?
‘Non basta tornare in presenza per far funzionare gli uffici’ è il titolo del suo articolo pubblicato da “Il Sole 24 Ore”. La produttività della PA come potrebbe accrescere ulteriormente?
“Soprattutto con un adeguato e qualificato piano di assunzioni, in quanto decenni di blocco del turn-over, hanno ridotto al minimo il personale in gran parte delle Pubbliche Amministrazioni. Occorre, inoltre, investire su nuovi modelli organizzativi e lavorativi orientati al risultato e non al mero adempimento formale, al fine di aumentare la consapevolezza del lavoro che si svolge e degli obiettivi che ci si pone rispetto ai bisogni dei cittadini e dell’utenza tutta. Vanno semplificate le procedure, superando le competenze plurime e le parcellizzazioni che ancora oggi vi sono rispetto a determinati processi; e, infine, è necessario superare il gap tecnologico che ci vede come fanalino di coda a livello europeo, sia in termini di dotazioni informatiche che di infrastrutture (banda larga)”.