Cosa succede mercoledì dopo le dimissioni di Mario Draghi? Il premier ha deciso di fare un passo indietro dopo lo strappo col Movimento 5 Stelle che si è astenuto dal voto al Senato sulla fiducia al decreto Aiuti. Dimissioni – quelle dell’ex presidente della Bce – prontamente respinta dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, il quale ha invitato Draghi ad “effettuare nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata”. Mercoledì 20 luglio, il premier Mario Draghi parlerà alle Camere. Ecco cosa attendersi in queste ore.
Dimissioni Mario Draghi, cosa succederà mercoledì 20 luglio
Il Presidente della Repubblica Mattarella ha respinto le dimissioni di Mario Draghi e lo ha rimandato alle Camere. La risposta del Capo di Stato italiano non è tardata ad arrivare.
“Il Presidente della Repubblica non ha accolto le dimissioni e ha invitato il presidente del Consiglio a presentarsi al Parlamento per rendere comunicazioni, affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata a seguito degli esiti della seduta svoltasi oggi presso il Senato della Repubblica”.
Dunque, cosa succederà adesso? Vediamo tutte le possibili alternative dopo le dimissioni presentate da Mario Draghi e respinte da Sergio Mattarella. In primo luogo, va sottolineato che l’attuale governo ha ottenuto un’ampia maggioranza nel voto di fiducia nonostante l’astensione pentastellata. Ecco perché – tecnicamente – ci sono i numeri per proseguire l’esperienza delle larghe intese, anche senza l’appoggio dei contiani.
Mario Draghi però ha sottolineato di non voler considerare vie d’uscita diverse da quelle dell’apertura della crisi politica, ritenendo conclusa l’esperienza della maggioranza di unità nazionale.
Perché Mattarella ha respinto le dimissioni di Draghi
Dopo il discorso in Consiglio dei Ministri, Mario Draghi si è recato al Colle per comunicare formalmente la sua decisione anche al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Quest’ultimo ha respinto le dimissioni perché ritiene necessario “parlamentarizzare” la crisi. Tradotto, la questione va affrontata alle Camere. Mercoledì 20 luglio Draghi si recherà in Parlamento per riferire sugli sviluppi della crisi. In quell’occasione, le forze politiche dovranno ufficializzare le proprie posizioni e i 5 Stelle potranno sgombrare il campo dalle contraddizioni di queste ore.
Va detto che il leader pentastellato Giuseppe Conte ha più volte spiegato di essere disposto a sostenere il governo, restando però contrario al decreto Aiuti. Una linea che potrebbe essere ribadita o meno, portando così i grillini a lasciare ufficialmente la maggioranza. La Lega è contraria: non vuole lasciare a Conte ampi margini di manovra per fare mesi di campagna elettorale permanente.
Il Draghi bis
Per dare seguito al governo Draghi andrebbe convinto… proprio Mario Draghi, non disposto a prendere parte a giochetti di natura politica o – ancora meno -a guidare una maggioranza non stabile. Chi ha parlato con lui in queste ore, lo racconta come determinato a non accettare compromessi, nella convinzione di non potersi trasformare in un politico buono per tutte le stagioni.
Le elezioni
Se le parti in causa non dovessero riuscire nell’impresa di convincere Draghi, il Quirinale dovrebbe vagliare altre opzioni, che si riducono essenzialmente a due: elezioni anticipate a settembre / ottobre, lasciando Draghi in carica per il disbrigo degli affari correnti, oppure un nuovo governo tecnico che traghetti il Paese alle elezioni a febbraio / marzo del 2023. È una prospettiva che alimenterebbe incertezza e instabilità, in un contesto molto delicato per il nostro Paese. La recrudescenza della pandemia, la crisi energetica e le difficoltà di implementazione del Pnrr, in tal senso, sono stimoli ai quali Draghi rischia di non potersi sottrarre.