Almanacco

Il 13 dicembre del 1466 ci lasciava Donatello, maestro del rinascimento fiorentino

Donatello (vero nome Donato di Niccolò di Betto Bardi) scultore, orafo e anche disegnatore, è considerato uno dei padri del Rinascimento italiano, insieme con l’amico Filippo Brunelleschi e con il Masaccio, oltre che creatore e massimo rappresentante del classicismo umanistico fiorentino.
Al termine della sua lunghissima carriera fu uno dei tre padri del Rinascimento fiorentino, assieme a Filippo Brunelleschi e Masaccio, nonché che uno dei più celebrati scultori di tutti i tempi.

Donatello, leggendario scultore fiorentino

Donatello, vero nome Donato di Niccolò di Betto Bardi, nato a Firenze nel 1386. Della sua formazione si può affermare con certezza che nel 1403 è alle dipendenze dell’orafo e scultore Lorenzo Ghiberti, nella sua bottega. La prima porta del Battistero fiorentino, nelle rifiniture, porta la firma di Donatello, oltre che quella del suo maestro.


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Nel 1407 il grande scultore lavora al fianco di Nanni di Banco, per committenza dell’Opera del Duomo, ad una serie di statue in cui è evidente il tentativo da parte di entrambi di superare e rinnovare il linguaggio gotico e tardo-gotico allora imperante nell’arte fiorentina. Nel David in marmo, realizzato nel 1409, Donatello comincia a lavorare sulle ondulazioni, invigorendone la natura plastica, ancora debitrice dello stile gotico.

I viaggi a Roma e “Il Sacrificio di Isacco”

Gli anni che vanno tra il 1404 e il 1408 sono molto importanti per l’artista fiorentino. Oltre a prendere parte ai lavori architettonici e scultorei del Duomo fiorentino, del Campanile e dell’Orsanmichele, compie dei fruttuosi viaggi a Roma insieme con Filippo Brunelleschi. Qui, entrambi, restano affascinati dall’arte e antica. L’esito di questi viaggi lo si trova da subito in Donatello, quando porta a termine nel 1416 la statua del San Giorgio, per una nicchia dell’Orsanmichele, e nel rilievo sulla base con “La liberazione della principessa dal drago”.


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La statua diventa ben presto un simbolo dell’Umanesimo, della visione eroica dell’uomo quattrocentesco, la cui forza è esaltata dalla collocazione del volume in uno spazio calibrato, concepito secondo i dettami della prospettiva di Brunelleschi. La razionalità delle misure cara all’amico e architetto, viene forzata in modo geniale da Donatello in un’altra opera altrettanto cardinale della sua produzione: “Il sacrificio di Isacco”, per il gruppo del Campanile, del 1421.

Quattro anni dopo, nel 1425, Donatello apre bottega insieme con il Michelozzi, all’anagrafe Michelozzo Di Bartolomei, anche lui grande scultore e architetto italiano. Il sodalizio dura fino al 1433. In questo arco di tempo vedono la luce opere come la formella bronzea del fonte battesimale del Battistero di Siena, con lo splendido Banchetto di Erode realizzato da Donatello, o le tombe dell’antipapa Giovanni XXIII nel Battistero fiorentino o, importanti, quelle del Cardinal Brancacci per Sant’Angelo a Nilo, a Napoli. In quest’ultima opera, datata 1427, Donatello applica magistralmente la tecnica da lui inventata dello “stiacciato” o “schiacciato”, rilevabile nel rilievo dell’Assunta, in cui applica delle variazioni al millimetro degli spessori, funzionali però alla creazione di uno spazio illusorio.

Un nuovo viaggio a Roma e le grandi opere

Tra il 1432 e il 1433 lo scultore fiorentino compie un nuovo viaggio a Roma. Durante questo soggiorno, sempre con Michelozzo, realizza il “Tabernacolo del sacramento” in San Pietro e la “Lastra tombale Crivelli” all’Aracoeli. Ma è al ritorno, nella sua Firenze, che Donatello porta a termine alcuni dei suoi indimenticati capolavori, come il celebre bronzo “David”.


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Nel nudo, a tutto tondo, si rilevano le influenze degli studi classici compiuti durante il soggiorno romano: il modello infatti, è quello della statuaria antica, ma l’originalità di Donatello sta nella fusione tra la rievocazione dell’antico e l’irrequietezza del modellato, in cui è in atto una continua modulazione di luce e ombra. Altra opera coeva al David di Donatello, è la Cantoria del Duomo di Firenze in cui, come nel Duomo di Prato, si “sfrenano” i putti nelle loro danze, segno anche della varietà di ispirazione del grande scultore.

Tra il 1435 e il 1443 termina anche la drammatica concitazione degli Apostoli e dei Martiri alle due porte in bronzo della Sacrestia della vecchia chiesa di San Lorenzo, a Firenze. Proprio nel 1443 Donatello è chiamato a Padova per eseguire il monumento equestre al capitano di ventura Erasmo da Narni detto il Gattamelata. La sua permanenza dura circa dieci anni. L’opera padovana è importante perché consente a Donatello di rinverdire gli stilemi tardo-gotici ancora in auge nel settentrione. Il Rinascimento, da quel momento, si diffonde in tutta l’Alta Italia.

Rientro a Firenze e morte

Con gli scultori locali Bellamo e Riccio, in questi anni lavora anche al monumentale altare del Santo, nell’omonima Basilica. L’opera Il Gattamelata invece, eseguita dal 1447 al 1453 e ispirata all’antichità, è importante per la visione ritrattistica del volto del protagonista, fissato in un’espressione di contenuta tensione.


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A immagine del David.

Nel 1454 Donatello rientra nella sua Firenze. Anziano, continua la sua attività artistica nella sua bottega, nella quale figura come lo scultore Bertoldo. A quest’ultimo periodo risale il coronamento bronzeo della Giuditta e Oloferne, a Palazzo Medici, realizzato tra il 1455 e il 1460. Donatello muore a Firenze il 13 dicembre del 1466 all’età di 80 anni.