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Il 24 marzo 1944 si consumò l’eccidio delle Fosse Ardeatine: autentico simbolo della crudeltà nazista

Il 24 marzo 1944 ci fu l’uccisione di 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni, trucidati a Roma dalle truppe di occupazione naziste come rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella, conosciuto col nome di “eccidio delle Fosse Ardeatine“. L’episodio passò alla storia come simbolo della crudeltà nazista.

24 marzo 1944: accadde dell’efferato eccidio delle Fosse Ardeatine

Una delle pagine più drammatiche della Resistenza italiana nel contesto della Seconda Guerra Mondiale è quella dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944.



I fatti antecedenti si consumarono in via Rasella a Roma, luogo dove ci fu un attentato messo a punto da dodici partigiani, che collocarono l’ordigno in un carrettino che trasportava immondizia.

Tale operazione militare fu compiuta nei confronti del terzo Battaglione tedesco Polizeiregiment “Bozen”, e provocò la morte di circa 40 militari tedeschi, nonché di due civili italiani. L’attentato fu considerato a tutti gli effetti un “avvertimento” da parte della Resistenza nei confronti degli invasori tedeschi.

I dettagli dell’attentato

I militari tedeschi non compresero subito che l’esplosione era stata provocata da una bomba. Si fecero prendere dal panico pensando che si trattasse di un attacco dall’alto, cui risposero puntando le armi contro le finestre di Via Rasella.


L’ingresso del luogo dell’eccidio.

Nel mentre i partigiani che avevano dato luogo all’operazione si erano dileguati, sfuggendo ad ogni controllo. Appena la notizia dell’attacco cominciò a diffondersi, nel luogo colpito arrivarono i nazifascisti di Roma.

I tedeschi passarono il piombo su tutto il quartiere. La reazione di Hitler alla notizia dell’attentato fu assai dura: ordinò una rappresaglia che facesse “tremare il mondo”. Ed infatti l’eccidio delle Fosse Ardeatine rappresenta un unicum nella storia per numero di vittime e ferocia nell’esecuzione.

La risposta all’attentato: dieci italiani per ogni tedesco

La risposta da parte dei tedeschi, colpiti nel vivo con l’attentato di via Rasella, non tardò ad arrivare. Le truppe di occupazione tedesche decisero che per ogni tedesco ucciso durante l’attentato avrebbero pagato con la vita dieci italiani. Le vittime furono scelte tra i detenuti comuni e politici rinchiusi nel carcere di via Tasso e Regina Coeli.


Manifestazione antifascista in onore dei defunti.

A compilare la lunga lista delle vittime fu il comandante SS Herbert Kappler, che durante il processo subìto anni dopo, ha raccontato dettagliatamente ogni particolare dell’efferato eccidio.

Dieci italiani per ogni tedesco

Il luogo scelto per l’esecuzione furono le Fosse Ardeatine, vecchie cave abbandonate ubicate a Roma sulla via Ardeatina, all’interno delle quali furono poi nascosti i cadaveri delle vittime.


Le lapidi delle vittime dell’eccidio.

I turni di uccisione furono 67: a gruppi di cinque con un colpo alla nuca. Gli ultimi furono costretti a salire sul mucchio di cadaveri per poter essere uccisi. Alla fine della guerra il luogo in cui si è svolto l’eccidio è diventato un monumento nazionale, oggi visitabile.

Eccidio Fosse Ardeatine

Il Sacrario fu inaugurato il 24 marzo del 1949. Una scritta recita: Qui fummo trucidati vittime di un sacrificio orrendo. Dal nostro sacrificio sorga una patria migliore e duratura pace fra i popoli.


La toccante scritta all’interno del sacrario.

Inizialmente l’ordine di esecuzione riguardava 320 persone, in quanto a morire nell’attentato furono 32 tedeschi.

Le esecuzioni

In seguito morì un altro militare tedesco, ma Kappler arbitrariamente decise di aggiungere alla lista altre dieci persone. Successivamente, forse per accelerare le operazioni, il numero delle vittime designate salì a quindici, anziché dieci.



I cinque in più furono uccisi perché, se fossero tornati liberi, sarebbero potuti divenire i testimoni del dramma. L’eccidio cominciò 23 ore dopo l’attentato di via Rasella, e l’esecuzione fu pubblicamente resa nota attraverso le pagine del quotidiano “Il Messaggero”. I tedeschi, dopo aver ucciso le vittime, fecero esplodere le cave in modo da occultare ciò che restava dei corpi martoriati.

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