Edgar Hilaire Germain Degas è uno dei più celebri rappresentanti della corrente pittorica impressionista, infatti, il suo nome è accostato ai grandi volti di tale corrente, delle cui mostre fu uno dei principali animatori. Tuttavia lo stile, di straordinaria modernità rispetto ai tempi, è di difficile collocazione.
Iniziò con i ritratti e con le scene legate all’opera lirica e alla danza, per poi divenire autore di sculture tutte ispirate al personaggio della ballerina di danza classica, Degas venne considerato un esponente di secondo piano rispetto ai grandi del proprio tempo, come Van Gogh e Gauguin.
Edgar Degas, pittore e scultore francese
Nato a Parigi il 19 luglio 1834, il suo vero nome è Hilaire Germain-Edgard De Gas. Sensibile e dotato di un carattere sognatore ma allo stesso tempo risoluto, è attratto fin da subito dagli studi umanistici, attrazione che il padre contribuisce a coltivare con personali “lezioni” di lettere e di arte. Circa il suo carattere, lo stesso Degas si descriverà così:
«Ero o sembravo duro come tutti, per una specie di impulso alla brutalità che mi veniva dal mio dubitare e dal mio cattivo umore. Mi sentivo così fatto male, così sprovveduto, così fiacco, mentre mi pareva che i miei calcoli d’arte fossero così giusti. Tenevo il broncio a tutti e anche a me stesso».
Gli inizi
Il Degas maturo era un solitario, anche se a volte lui stesso se ne crucciava. Viveva spesso rinchiuso nel suo studio, totalmente preso dal suo lavoro e dai suoi esperimenti con le più disparate tecniche pittoriche.
Nei suoi anni giovanili, iscrittosi al liceo, si fanno sempre più accentuate in lui le inclinazioni alla pura materia pittorica, a discapito di ricerche letterarie e poetiche. Un segnale forte di questa disposizione lo si ha quando apprendiamo che il giovane Degas era solito frequentare assiduamente il Cabinet des Estampes della Biblioteque National, luogo che gli permette di entrare in contatto con riproduzioni di grandi maestri del passato.
Non contento di contemplare passivamente le mirabili opere, inizia a copiare alcune di quelle stampe: in sostanza, uno studio indiretto di artisti quali Mantegna, Durer, Rembrandt o Goya.
L’abbandono degli studi
Purtroppo, più grande, tra gli impegni da rispettare vi sono anche le frequentazioni alle lezioni universitarie alle quali partecipa in qualità di matricola di Giurisprudenza. Ma è solo una formalità, perchè la sua mente corre solo alle immagini di grandi quadri o a opere da realizzare. Comincia a farsi stradauna spiccata urgenza creativa.
Ben presto Degas lascia gli studi per dedicarsi interamente all’arte. Ad un giovane di quell’epoca non si presentavano grandi prospettive in questo senso, a parte l’adesione ai moduli e agli approfondimenti dettati dall’Accademia di Arte allora onnicomprensiva.
Con Lemothe e l’incontro col maestro
Nel 1854 inizia a seguire le lezioni di Louis Lamothe, artista apprezzato all’epoca, ma oggi pressoché dimenticato. Lamothe, già allievo di Ingres, riesce a trasmettere a Degas l’importanza che Ingres attribuiva al disegno.
Nel 1855 l’impressionista incontra addirittura il maestro, all’epoca settantacinquenne, da cui riceve questo consiglio: «Disegni linee, giovanotto, tante linee, non importa se vengono dalla memoria o dalla natura».
Degas con scelta coraggiosa decide di non abbracciare i modelli proposti dall’Accademia, ritenuti da lui vetusti e privi di forza creativa, ma preferisce dedicarsi alla rappresentazione di quello che lo circonda, ponendo grande attenzione alla vita così come si svolgeva nella sua cruda tensione storica, anche se il pittore cercherà sempre di coglierne gli aspetti più poetici.
Viaggio in Italia
Non poteva mancare un viaggio in Italia, sede di grandi capolavori e di elevazione artistica. Negli anni tra il 1856 e il 1860, in compagnia di un altro grande e visionario pittore, Gustave Moreau, Degas visita Napoli, Roma, Firenze, Pisa e Siena.
Se l’Italia è indubbiamente fonte di profonde riflessioni artistiche, di approfondimento e di influenza sulla sensibilità pittorica, Degas è anche alla ricerca di elementi “altri” che non rientrino nell’ormai (stanca?) tradizione occidentale. Si interessa dunque (un po’ sulla scia della moda del tempo), alle giapponeserie e in particolare al prodotto più tipico di quella scuola figurativa: le stampe. Queste nuove e originali prospettive dell’illustrazione orientale gli infondono la convinzione che si possa utilizzare il linguaggio figurativo in maniera diversa, in modo meno convenzionale e slegato dalla tradizione occidentale e poi fatalmente “accademica” della prospettiva e del “giusto” modo di disporre oggetti e figure.
Non bisogna dimenticare che quelli sono gli anni in cui esplode come un fulmine a ciel sereno una nuova invenzione tecnica destinata a rivoluzionare la stessa concezione dell’arte pittorica: la fotografia. Da quest’ultimo ritrovato, dallo studio degli esiti che l’immagine della realtà sortisce dopo essere stata filtrata dall’obbiettivo, Degas ricava il proposito di trasferire sulla tela parte di quella nuova concezione, cercando di cogliere anch’egli quegli istanti della realtà labili e difficili da cogliere, tale da apparire, ad un primo sguardo come istantanee casuali, soprattutto nella disposizione spaziale.
Le grandi opere
I suoi quadri assumono quindi inquadrature fotografiche. Tipici in questo senso, rimangono i dipinti Orchestra all’Opera (del 1869) e Luci della ribalta (1876-77); infine, sempre per ciò che riguarda la fotografia, fondamentale è il contributo di questo mezzo nei suoi studi sui cavalli in corsa, cui l’artista lavora a partire dal 1861.
Non stupisca l’interesse di Degas per i cavalli, oltre che per le ben più celebri ballerine (la rappresentazione poetica delle quali è il vero motivo di gloria di Degas presso il pubblico). Infatti, il movimento del cavallo, nella sua sostanziale enigmaticità (prima dell’avvento della macchina fotografica), rappresentava una possibilità di studio interessantissima ed inesauribile per cogliere la varietà di pose di un corpo in azione.
In quegli stessi anni Degas conosce Edouard Manet, il geniale sovvertitore delle buone “usanze” visive della borghesia che, dopo averlo incoraggiato a coltivare il suo interesse per la realtà contemporanea, lo introduce in quel gruppo di giovani artisti che più tardi sarebbero diventati famosi come Impressionisti.
L’impressionista atipico
L’appartenenza a una classe sociale più elevata porta però Degas e Manet a sviluppare interessi e abitudini diverse da quelle degli altri impressionisti, i quali amavano dipingere all’aperto, prediligendo i paesaggi e una vita legata alla “bohème”. I due artisti amano le corse dei cavalli e condividono la passione per la musica, cosa che li porta a frequentare i teatri.
È in questi anni che artista affronta spesso soggetti teatrali e musicali, anche se talvolta non disdegna certo il paesaggio. Da segnalare che l’unica esposizione personale (da lui stesso organizzata) risale al 1892, nella quale vi presentò ventisei “paesaggi immaginari” che sottolineano in questa specificità la differenza rispetto ai colleghi impressionisti.
La lezione di danza, terminata nel 1875, è il primo dipinto di grandi dimensioni dedicato alle ballerine. La sua pittura è fatta di interni, di luci artificiali, di studi sul movimento. Una dichiarazione dello stesso pittore ci tramanda queste parole: «La pittura è innanzitutto un prodotto dell’immaginazione, non deve mai essere una copia. L’aria che si vede nei quadri non è respirabile».
Ultimi anni e morte
E a proposito dei nudi di Degas, J.K. Haysmans, nel 1889, scriveva: “…Non è più la carne piatta e liscia, sempre nuda delle dee… Ma è proprio carne svestita, reale, viva, carne toccata dalle abluzioni e la sua fredda grana sta per sciogliersi”.
Nel 1883 la morte dell’amico Manet lo colpisce profondamente, tanto che si ritira e si isola dal mondo. Il progressivo indebolimento della vista provoca un arresto sostanziale della sua produzione. Muore nella città natale, ormai completamente cieco, all’età di ottantatre anni, il 27 settembre 1917.