Enrico Berlinguer, un politico di altri tempi che si conquistò il rispetto di tutti. Il percorso politico della nostra Nazione è stato ricco di tumulti, guerre intestine, ma soprattutto carico di una cosiddetta “intelligenzia” non sempre in grado di osare, anti-storica e sempre in ritardo.
Tuttavia, fra i tralicci rampicanti – irti di spine acuminate e altamente orticanti – vi sono rose corpose e luminescenti, fiori bellissimi che davano forza e lustro al vasto giardino che chiamiamo Italia. Enrico Berlinguer, per l’appunto, risulta essere l’emblema di un bellissimo omaggio floreale offerto all’Italia nel periodo che dagli anni ’60 sfocia agli ’80.
Un politico di altri tempi che si conquistò il rispetto di tutti
La figlia Bianca, presso il suo talkshow “Cartabianca” ha spesso ricordato suo padre con somma ammirazione, identificandolo ancora oggi come un uomo di Stato ed estremamente accorto a mantenere saldi gli equilibri fra classe dirigente e popolazione.
Quando si parla del celebre Berlinguer, infatti, si finisce sempre a creare una sorta di “operazione nostalgia”, perché era l’espressione di periodi storici dove c’erano persone in grado di rispettare la parola data, in grado di rispettare il prossimo e prediligere il benessere collettivo a quello personale.
Berlinguer è un mito, sicuramente non il solo, ma è tra i grandi e la sua carriera ne è la più palese testimonianza. Figlio di un padre che ha prestato servizio come ufficiale durante la Prima Guerra Mondiale e di una madre imparentata con i Cossiga, Enrico respirò un clima fatto di cultura e politica persino durante l’infanzia, costruendo sin da subito le basi per il suo pensiero politico.
Antifascista
Il suo attivismo presso le schiere dell’antifascismo sardo, avvenute prettamente ’43 e il suo enorme sacrificio per la ricostruzione, avvenuto insieme ai suoi tanti fratelli attraverso l’organizzazione giovanile FGCI da lui stesso presieduta sino al ’53, lo aveva reso una delle grandi risorse circoscritte alla classe dirigenziale dell’epoca.
Di lì a poco, la sua perseveranza lo portò ad entrare nella segreteria del PCI (Partito Comunista Italiano) e, in seguito, a divenire responsabile della sezione esteri. Berlinguer fu importante, infatti, in diverse circostanze storiche del nostro paese, un po’ come quei cavalieri erranti che – fra le mura del castello – combattono con eloquio e tempra le numerose problematiche del palazzo.
Il caso Moro
Tra i suoi grandi interventi, possiamo ricordare quello che presentò alla Nazione dopo esser stato avvertito del rapimento di Aldo Moro nel ’78: “Il momento è tale che tutte le energie devono essere unite e raccolte perché l’attacco eversivo sia respinto: con saldezza di nervi, non perdendo la calma, ma anche adottando tutte le iniziative e tutte le misure opportune per salvare le istituzioni e per garantire la sicurezza e l’ordine democratico”.
Durante il tragico terremoto dell’irpinia, Berlinguer si fece carico della crisi che stava attraversando il comunismo in Italia – principalmente a causa dei drammatici effetti avvenuti nella precedente crisi FIAT – e a Salerno prese in mano le redini rovesciando il compromesso storico e manifestando le intenzioni di creare un Governo senza i Democristiani.
Un fine intellettuale
Di Berlinguer non abbiamo un ricordo solo come politico – sebbene per quanto concerne quel ramo è stato uno dei migliori – ma anche un ricordo come intellettuale, i sui interventi sulla fragilità del tessuto democratico italiano, fu visto da molti come un punto di incontro importantissimo fra i comunisti, i laici e l’ala democristiana dell’epoca.
La sue verve, infatti, lo portò a realizzare un incontro tra cattolici, laici e comunisti che poteva divenire la condizione per un periodo di ripresa e sviluppo economico del Paese. Le circostanze vanificarono questo suo tentativo, sebbene la storia italiana lo consacrò come una leggenda vivente.