Cronaca

Epatite a eziologia ignota: quali sono i sintomi e le terapie e a che punto sono le indagini mediche

Cos’è perché si dice l’epatite a eziologia ignota? Anche in Italia sale l’allerta per la patologia che da settimane spaventa l’Europa ed in particolar modo la Gran Bretagna. Una patologia che colpisce i bambini e che preoccupa soprattutto la comunità scientifica. In Lombardia l’assessorato al Welfare regionale ha comunicato che è stata trasmessa al ministero della Salute la segnalazione di due bambini con epatite a eziologia ignota. I due si trovano attualmente ricoverati in osservazione, non sono in pericolo di vita.

Epatite a eziologia ignota, cos’e e perché preoccupa

Con epatite si intende un’infiammazione del fegato, di solito in risposta a un’infezione o una lesione. Si conoscono cinque ceppi identificati con le lettere dell’alfabeto (A, B, C, D ed E). Ma nessuno dei bambini malati è risultato positivo al test. Quando non si riesce a identificare l’agente patogeno di solito si indica un’eziologia sconosciuta o indeterminata.

Anche gli adenovirus possono causarla. I sintomi sono in gran parte aspecifici: la febbre, il mal di pancia, la nausea, il vomito. Quelli specifici sono ingiallimento della pelle e della sclera degli occhi, dolore nella parte alta destra dell’addome, nausea e vomito.


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I sintomi

I sintomi non sono infatti riconducibili all’epatite acuta e, in particolare, quelle causate da virus epatotropi cosiddetti maggiori, ossia i virus dell’epatite dalla A fino alla E, da sostanze tossiche o da meccanismi autoimmuni. Preoccupa poi il fatto che in circa il 10% di questi casi, la disfunzione del fegato è stata così rilevante che si è dovuti ricorrere a un trapianto di fegato in urgenza.

Cos’è l’eziologia

In medicina, il termine eziologia indica gli avvenimenti, i motivi e le variabili causali di ogni singola malattia o patologia. Il termine eziologia, derivato dalla lingua greca (aitia = causa e logos = parola/discorso), è utilizzato in vari campi del sapere e del linguaggio in riferimento alle cause che provocano i fenomeni.

Una determinata patologia può essere prodotta, in certi casi, da cause diverse. In questo caso la malattia è “aspecifica”; quando invece una patologia è l’effetto di una singola causa si parla di causa e malattia “specifiche”. Una causa di malattia può essere “sufficiente” (basta la sua presenza a manifestare l’effetto) ed “efficiente” (produce l’effetto) quando ad una sua presenza nell’organismo seguirà sempre il manifestarsi della patologia; oppure “sufficiente” ma “inefficiente” quando, nonostante le qualità della causa siano adatte a dare quella data patologia, la sua quantità non basta a generare i sintomi. Un esempio di questo può essere il calore: la sua qualità è adatta a provocare ustioni, ma queste si manifesteranno solo applicandolo oltre una certa quantità.


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In molti casi comunque, l’evento patologico ha bisogno di più di una causa per manifestarsi, tanto da parlare, quando le cause siano numerose, di “complesso” o “costellazione di cause”. Tra queste è comunque possibile operare una discriminazione, riconoscendone le “cause necessarie” (quelle, appunto, senza le quali la patologia non potrebbe manifestarsi), e le “concause”, predisponenti o coadiuvanti.

Un esempio può essere quello della tubercolosi, che ha come causa necessaria la presenza negli organismi infetti del Mycobacterium tubercolosis; causa tuttavia quasi mai sufficiente a scatenare da sola la reazione patologica, cosa che invece avverrà qualora sia coadiuvata da particolari processi del sistema immunitario del soggetto, o da una carenza di fattori igienico-ambientali; o di nutrimento, specie in zone di endemia TBC (molti Stati africani, regioni dell’India e altre.

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