Ettore Majorana è stato un fisico e accademico italiano. Fu molto attivo come teorico della fisica all’interno del gruppo di fisici noto come i “ragazzi di via Panisperna”. Tra le sue opere troviamo grandi testi correlati alla fisica nucleare e la meccanica quantistica relativistica, con un particolare occhio verso la teoria dei neutrini.
27 marzo 1938: scompare Ettore Majorana, uno dei “ragazzi di via Panisperna”
Nato a Catania il 5 agosto del 1906, Ettore Majorana si laurea in fisica teorica nel 1929 sotto la direzione di Enrico Fermi. Stando a quanto riportano alcuni dei sui scritti biografici: «Ho frequentato l’Istituto di Fisica attendendo a ricerche di varia indole» per la cronaca, l’istituto a cui aveva fatto riferimento era via Panisperna a Roma, luogo dove si occupava di sperimentazione nucleare.
Figlio di un ingegnere e nipote dell’insigne fisico Quirino Majorana, fin dall’infanzia Ettore brillò per le sue doti di matematico, che nella Capitale mise al sevizio di un ensemble di giovani fisici coordinati dal docente Enrico Fermi e passati alla storia come “i ragazzi di via Panisperna”. Tra loro, Ettore si distingueva per il suo carattere riservato e la genialità.
Le prime crisi
Abile nel calcolo, ogni volta che i suoi studi sfioravano l’impresa scientifica, egli si rifiutava di pubblicarli e – spesso – arrivò persino a stracciare gli appunti di lavoro.
Dopo la sua scomparsa, Leonardo Sciscia dichiarò quanto segue: «Aveva l’aria di chi in una serata tra amici si improvvisa giocoliere, prestigiatore, ma se ne ritrae appena scoppia l’applauso. Non uno di coloro che lo conobbero lo ricorda altrimenti che strano. E lo era veramente».
Lipsia e Napoli
Agli inizi del 1933, lo “strano” matematico partì per un viaggio di studi nella Germania nazista, a Lipsia per la precisione, luogo dove ebbe modo di lavorare con grande entusiasmo e insieme al fisico teorico Wrener Heisenberg. Tuttavia – ad agosto – tornò a Roma mostrò ulteriori sintomi di stramberia.
«Per quattro anni raramente esce di casa e ancor più raramente si fa vedere all’istituto» disse Sciascia. La sentenza dei medici fu esplicita: “esaurimento nervoso”. In tale contesto, nel 1937 gli venne assegnata per “chiara fama” una cattedra all’Università di Napoli.
Sulla sua avventura partenopea, Di Trocchio dichiarò quanto segue: “Giunto nella città partenopea, Ettore strinse subito amicizia con il collega Antonio Carrelli, ma in generale condusse anche qui una vita appartata”.
La scomparsa
Il 27 marzo 1938 si imbarcò per Palermo in cerca di riposo nella sua Sicilia e – prima di partire – scrisse a Carrelli: “Ho preso una decisione mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare ti prego di perdonarmi“.
E, conseguentemente, indirizzò un messaggio ai suoi famigliari: “Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero perdonatemi”. Le sue intenzioni suicide parevano essere svanite quando, una volta giunto a Palermo, inviò un telegramma a Carrelli in cui affermava di non preoccuparsi per la precedente lettera.
Poi, due giorni dopo, scrisse la sua ultima missiva: “Caro Carrelli, spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento” tali documenti saranno in seguito rinvenuti e pubblicati nel 1972 da Erasmo Recami. All’improvviso Majorana svanì.
Ricerche
Le ricerche affidate agli uomini di Mussolini si scontrarono con una netta scarsità di mezzi, tra questi spiccava un biglietto navale intestato a Majorana in cui era stranamente registrato, oltre all’imbarco sul traghetto di ritorno. Non fece chiarezza la testimonianza del passeggero Vittorio Strazzeri.
A tal proposito ci furono le considerazioni di Di Trocchio: “La tesi del suicidio in mare iniziò così a complicarsi, ma la cosa più strana era che, prima di sparire, Majorana aveva prelevato una grande somma di denaro (cinque stipendi arretrati) e fatto sparire il passaporto”.
Ipotesi dell’omicidio
Alcuni pensarono che Majorana (intuendo i possibili usi militari correlati alla scoperta della “fissione nucleare” scoperta dai “ragazzi di via Panisperna”) si sentì talmente turbato da voler sparire dalla circolazione.
«Così come non è da escludere che sia uscito di scena per la sua asocialità; alcuni hanno persino ipotizzato che sia stato ucciso con il placet dei servizi segreti Usa per impedirgli di svolgere ricerche per conto del fascismo o del nazismo» aggiunge Di Trocchio.
Napoli e Mazara del Vallo
Alcuni ritenevano che avesse trovato riparo in alcuni conventi campani, questa pista fu la risposta di un gesuita partenopeo alla rubrica della “Domenica del Corriere”, questi, infatti, rivelò di aver ricevuto da Majorana, tra fine marzo e inizio aprile, una richiesta di ospitalità.
Altri ritenevano che Majorana fosse divenuto un vagabondo a Mazara del Vallo, in quanto lì viveva il clochard Tommaso Lipari, di cui si diceva avesse gran talento nei calcoli matematici nonché una cicatrice sulla mano destra (come lo scomparso) e un bastone da passeggio con incisa la data di nascita dello scienziato etneo. Ciò fu però smontata negli anni Ottanta da Paolo Borsellino.
Immigrato
DI Trocchio affronta anche la tesi d’oltreoceano: «Una terza ipotesi sostenne che il fisico fosse riparato in Argentina, e ad attestarlo erano le segnalazioni di un suo passaggio a Buenos Aires tra gli Anni Sessanta e Settanta»
Al tal proposito, l’8 ottobre 1978 il periodico “Oggi” pubblicò un articolo in cui chiamava in causa il professor Carlos Rivera, fisico cileno che giurava di aver conosciuto, proprio a Buenos Aires, vari amici di Majorana.
Le dichiarazioni di Blanca
Nel 1974, a Taormina, la signora Blanca de Mora, moglie di uno scrittore guatemalteco, aveva stupito i suoi conoscenti italiani confidando disinvolta: «Ettore Majorana? A Buenos Aires lo conoscevamo in tanti». L’ipotesi è suffragata anche da Recami, che sulla vicenda ha scritto il libro “Il caso Majorana”.
Epistolario, documenti, testimonianze (Di Renzo): «Io stesso trovai numerose conferme alle frasi di Rivera e di Blanca de Mora, e da altre ricerche emerse l’ipotesi che negli Anni Cinquanta Majorana potesse essere a Santa Fe oppure a Rosario, comunque non lontano da Buenos Aires».
Lo scatto
«La pista argentina guadagna ulteriore credibilità se messa in relazione con una quarta ipotesi» si evince dalle dichiarazioni di Di Trocchio «secondo la quale Majorana andò in Germania (consenziente o obbligato) per servire il Terzo Reich, emigrando a Buenos Aires dopo il crollo nazista».
Tale ricostruzione è emersa dallo studio di una foto del Cinquanta in cui è ritratto il criminale nazista Adolf Eichmann (organizzatore del trasporto degli ebrei nei campi di concentramento) sul ponte di un battello diretto in Argentina. La cosa interessante è che al suo fianco c’è un passeggero che assomiglia proprio a Majorana.
Recami tende a escludere che l’uomo della foto fosse proprio Majorana: «Nonostante le dicerie, non risulta che il giovane fisico avesse simpatie per il nazismo».
La soluzione della Procura di Roma
Resta il fatto che dopo l’intervista fatta dal programma di RAI3 “Chi l’ha visto?” a un immigrato italiano in Sudamerica, Francesco Fasani, che sostiene di aver conosciuto un cinquantenne di nome Bini somigliante a Majorana, nel 2008 la Procura di Roma ha riaperto il caso. Dopo 7 anni di indagini il caso è stato chiuso: Majorana non si suicidò, ma fuggì in Venezuela dove visse almeno fino al 1959.
Nel corso delle audizioni, si legge nel provvedimento di archiviazione, Fasani «ebbe a descrivere Bini-Maiorana come un uomo di mezza età, con cui non entrò mai in intimità stante una esasperata riservatezza».