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Eutanasia, 49enne con distrofia muscolare chiede suicidio assistito

Un uomo di 49 anni, affetto da distrofia muscolare, pensa all’eutanasia come soluzione definitiva, quando le cure saranno inutili. Stefano Gheller, 49 anni di Cassola (Vicenza), affetto dalla nascita da una grave forma di distrofia muscolare in un’intervista alla stampa locale, ha spiegato di avere inviato nei giorni scorsi una lettera all’Usl 7 Pedemontana in cui chiede di “attivare con urgenza la procedura prevista per l’accesso legale al suicidio medicalmente assistito“.

Affetto di distrofia muscolare, chiede l’eutanasia

Immagino che probabilmente mi sentirò sollevato all’idea di non fare più così tanta fatica. E non avrò rimpianti. Mi dispiacerà soltanto di lasciare mia sorella, perché anche lei è malata e soffre quanto soffro io“. Così Stefano Gheller dice: “Ci penso tutti i giorni“, spiega.

Gheller vuole seguire la strada di Federico ‘Mario’ Carboni, che poche settimane fa è stato accompagnato alla ‘dolce morte’ dopo aver ottenuto il via libera del Comitato etico dell’Azienda sanitaria delle Marche. “Io non desidero morire in questo istante, ma voglio avere il diritto di farlo appena sentirò che è arrivato il momento – precisa – La richiesta serve a questo: a fare in modo che tutto sia pronto e nessuno abbia modo di impedirmi di andare fino in fondo“.

La lotta di Stefano per rendere legale l’eutanasia in Italia

Quanto alla scelta del suicidio medicalmente assistito, Stefano la motiva spiegano che “in queste condizioni è sempre più difficile andare avanti. Vivo su una sedia a rotelle da quando avevo 15 anni, sono attaccato a un respiratore 24 ore su 24. Quando la mattina mi sveglio, so che potrei morire soffocato dal cibo o da un sorso d’acqua. A me piace andare ai concerti, stare a contatto con la gente, uscire all’aria aperta: lo faccio d’estate, ma d’inverno devo restare chiuso in casa per mesi interi, perché un banale raffreddore potrebbe uccidermi. Qualche anno fa avevo deciso di andare in Svizzera, dove l’eutanasia è già regolamentata.

Poi ho pensato che avrei potuto dare un senso alla mia morte se fossi rimasto qui, a lottare con l’Associazione Coscioni affinché anche in Italia si possa esercitare il suicidio medicalmente assistito. Lo faccio anche per mia sorella: lei vuole vivere, ma se in futuro dovesse cambiare idea desidero che sia lasciata libera di scegliere di non soffrire più“.

Alla presenza di un medico mi verrà messa tra le mani una scatoletta con un pulsante: quando lo premerò mi verrà somministrato un farmaco che mi farà addormentare per sempre, senza soffrire. Può sembrare angosciante, ma devo dire – confessa – che l’idea non mi terrorizza più di tanto”.

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