Per i tibetani è la “madre dell’universo” («Chomolangma»). Per i nepalesi è il “dio del cielo” («Sagaramāthā»). Per l’Occidente è semplicemente il tetto del mondo. Dove per prima sventolò la bandiera britannica.
A portarcela fu uno scalatore neozelandese, infatti, Edmund Hillary fu il primo uomo a scalare l’Everest ed aprì la strada all’alpinismo estremo.
Il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay, scalarono il monte Everest dal Colle Sud e la cresta sud-est. La scelta del versante sud fu obbligata poiché il versante nord era chiuso per questioni politiche da anni.
29 maggio 1953: Edmund Hillary, il primo uomo a scalare l’Everest
Nell’intervallo tra le due guerre mondiali, le grandi potenze coloniali cercarono di aumentare il proprio prestigio promuovendo spedizioni scientifiche per conquistare le vette più imponenti, in primis la cima più alta della catena dell’Himalaya, che dal 1865 il governo indiano intitolò alla memoria di Sir George Everest, responsabile dei geografi britannici in India.
Trent’anni di tentativi
Per trent’anni gli Inglesi provarono inutilmente a scalarla, con esiti spesso drammatici. Dopo i primi tentativi nel 1921, nel 1924 la missione di George Mallory e Andrew Irvine finì tragicamente con la scomparsa di entrambi. La lunga pausa dovuta alla Seconda guerra mondiale s’interruppe all’inizio degli anni Cinquanta, quando l’obiettivo tornò prioritario per il Regno Unito, al cui trono nel febbraio del 1952 era salita la 26enne Elisabetta II.
Nel frattempo l’occupazione cinese del Tibet aveva portato alla chiusura di questo passaggio, lasciando come unica via quella attraverso il Nepal. Di qui si inoltrarono gli alpinisti svizzeri André Roch e Raymon Lambert, che ebbero il merito di aprire la via sud dell’Everest, raggiungendo una quota compresa tra i 7.000 e gli 8.000 metri, mai toccata in precedenza.
L’impresa del neozelandese Hillary
Il loro risultato spianò la strada all’esploratore neozelandese Edmund Hillary, che a sedici anni aveva già scalato i rilievi del Southern Alps, a sud della Nuova Zelanda. I 3.765 di Mount Cook, tra foreste e ghiacciai, costituirono un valido banco di prova per approcciare la vetta himalayana.
L’occasione arrivò poi nella primavera del 1953 con la spedizione inglese guidata dal generale John Hunt, cui prese parte insieme allo sherpa nepalese Norgay Tenzing.
Partita a marzo del 1953, tagliò il traguardo alle 11.30 del 29 maggio: Hillary e Tenzing raggiunsero gli 8.848 m della cima e qui, dopo aver piantato la bandiera britannica, si trattennero per 15 minuti.
Qualcosa di più del famoso “quarto d’ora di celebrità” di Andy Warhol, perché per l’esploratore neozalendese significò andare incontro a fama e onori ed entrare per sempre nella storia dell’alpinismo. Il miglior modo per celebrare la recente incoronazione della giovane Regina, che lo nominò baronetto.
Considerato tutt’oggi una leggenda in Nepal, anche per aver contribuito con una fondazione a finanziare la costruzione di scuole, strade e ospedali nel paese asiatico, Edmund Hillary inaugurò l’era dei grandi scalatori dell’Everest, tra cui Reinhold Messner e Peter Habeler che, nel maggio del 1978, lo scalarono per la prima volta senza l’ausilio di ossigeno.